Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23675 del 31/08/2021

Cassazione civile sez. II, 31/08/2021, (ud. 13/04/2021, dep. 31/08/2021), n.23675

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21763-2016 proposto da:

D.L., elettivamente domiciliato in Roma, PIAZZALE DELLE BALLE

ARTI 2, presso o studio dell’avvocato GABRIELE PIROCCHI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCESCO ORLANDI,

DENISE PAOLA GIBELLATO;

– ricorrente –

contro

DI.LU., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA M. PRESTINARI

13, presso lo studio dell’avvocato PAOLA RAMADORI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANFRANCO BEGHIN;

– controricorrente –

nonché contro

S.A., D.W., D.C., D.G.,

D.E., D.D. T.A., M.S., D.L.,

D.R., G.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1195/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 26/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/04/2021 dal Consigliere Dott. PICARONI ELISA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 1195 del 2016, pubblicata il 26 maggio 2016 e notificata il 20 giugno 2016, ha accolto l’appello incidentale proposto da D.L., ha parzialmente accolto l’appello incidentale condizionato proposto da D.L., ed ha rigettato l’appello principale proposto da S.A., D.G., D.E., D.W., D.C., avverso la sentenza del Tribunale di Padova – sezione distaccata di Este n. 121 del 2002, e nei confronti di M.S., + ALTRI OMESSI.

1.1. Il Tribunale, pronunciando nei giudizi riuniti proposti da D.L. (RG 40408/2004) e da M.S., D.L., D.L., D.R., G.E. (RG 40416/2005), aveva accolto la domanda proposta da D.L. e, per l’effetto, aveva dichiarato che il predetto era diventato proprietario esclusivo dei beni immobili già oggetto di comunione ereditaria (beni censiti nel catasto terreni del Comune di Cinto Euganeo al foglio (OMISSIS), al foglio (OMISSIS), e nel catasto terreni del Comune di Galzignano Terme al foglio (OMISSIS)).

2. La Corte d’appello, per quanto ancora di interesse in questa sede, ha riformato la decisione sul rilievo che non era provato il possesso ad usucapionem di D.L..

La stessa Corte ha riconosciuto in favore del predetto D.L. l’importo di Euro 90.400,00 oltre interessi dalla domanda, a titolo di rimborso delle spese sostenute per la ristrutturazione del fabbricato rurale facente parte del compendio immobiliare oggetto della comunione.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso D.L., affidato a tre motivi ai quali resiste, con controricorso, D.L.. Non hanno svolto attività difensiva gli altri intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, anche in relazione agli artt. 111,115 e 116 c.p.c., e si lamenta la carenza ovvero apparenza della motivazione del rigetto della domanda di usucapione.

Secondo il ricorrente, la Corte d’appello avrebbe escluso che fosse stata raggiunta la prova del possesso ad usucapionem senza considerare i numerosi elementi di segno contrario emersi dall’istruttoria. In particolare, sono richiamate le dichiarazioni testimoniali rese da G. ed D.E., e la circostanza che l’odierno ricorrente aveva il possesso esclusivo delle chiavi del fabbricato rurale, essendo peraltro ivi residente, oltre ad avere sempre provveduto al pagamento dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria sui beni comuni.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 1102,1140,1141,1146,1158 e 1164 c.c., anche in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c.

Sulla premessa che si sarebbe formato il giudicato interno sulla “ultraventennalità del possesso”, accertata dal Tribunale e non censurata dall’appellante incidentale D.L., il ricorrente ribadisce che la fattispecie acquisitiva sarebbe provata dalle dichiarazioni testimoniali di E. e D.G. (riportate nell’illustrazione del primo motivo), nonché dall’adesione alla domanda di usucapione proveniente da S.A., D.G., D.E., D.W. e D.C., i quali, con l’appello principale avevano riproposto la domanda di accertamento dell’usucapione maturata anche in loro favore, assumendo di avere posseduto i beni unitamente a D.L..

Per contro, la Corte d’appello aveva valorizzato senza motivazione soltanto alcune testimonianze (testi F., S., O.), facendo malgoverno del potere che gli artt. 115 e 116 c.p.c. attribuiscono al giudice.

3. Con il terzo motivo, subordinatamente al rigetto dei motivi che precedono, è denunciata violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. e si contesta il parziale accoglimento dell’appello incidentale condizionato.

La Corte di Appello, nel ritenere provata solo in parte la domanda di rimborso delle spese sostenute a vario titolo da D.L., si sarebbe pronunciata d’ufficio su questioni rilevabili con eccezioni riservate alle parti e riguardanti i pagamenti delle fatture prodotte sub doc. 84-121, mai contestati, violando così il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.

4. I motivi primo e secondo, da esaminare congiuntamente per l’evidente connessione, sono infondati.

4.1. La decisione di rigetto della domanda di usucapione di D.L. è stata argomentata dalla Corte d’appello, sicché è destituita di fondamento la denuncia di carenza assoluta di motivazione, anche sotto il profilo della motivazione apparente, essendo chiaramente individuabile la ratio decidendi della sentenza impugnata e gli elementi probatori sui quali si è formato il convincimento del giudice (sulla nozione del vizio denunciabile ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per tutte, Cass. Sez. U 07/04/2014, n. 8053).

4.2. La Corte d’appello ha chiarito le ragioni che l’hanno indotta a ritenere assente l’elemento decisivo dell’usucapione tra comproprietari, e cioè il possesso ad excludendum, del quale chi invoca l’usucapione deve dare prova, e l’appellante incidentale D.L. aveva lamentato che vi era prova che D.L. avesse esercitato il possesso uti dominus e non uti condominus.

Per possesso ad excludendum si intende la situazione in cui il compossessore abbia esercitato per almeno venti anni il dominio esclusivo sull’intera res comune, attraverso un’attività incompatibile con il possesso altrui (ex plurimis, Cass. 19/10/2017, n. 24781; Cass. 02/09/2016, n. 17512; Cass. 10/11/2011, n. 23539; Cass. 20/05/2008, n. 12775). A tal fine occorre dimostrare che, per tutto il tempo necessario al maturare dell’usucapione, nessuno degli altri comproprietari abbia esercitato attività in qualunque modo riconducibili al possesso, e quindi non basta che alcune attività siano state esercitate da uno soltanto dei compossessori, come nella specie l’utilizzo del fabbricato, nel quale il ricorrente ha fissato la residenza e di cui possiede le chiavi. La sentenza impugnata ha chiarito questo profilo, evidenziando la non univocità della circostanza (pagg. 13-14).

4.3. L’accertamento del modo nel quale il possesso sia stato esercitato attiene alla quaestio facti ed e’, pertanto, compito specifico del giudice del merito, chiamato ad esaminare ed apprezzare il materiale probatorio sulla base di sscelte non sindacabili in sede di giudizio di legittimità ove sorrette da motivazione plausibile.

Va osservato infatti, che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, non sindacabili in sede di giudizio di legittimità (ex plurimis, Cass. 04/07/16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511).

Nel caso in esame, oltretutto, la Corte d’appello non ha trascurato di considerare gli elementi probatori nella loro globalità. E infatti, dopo avere rilevato che dichiarazioni testimoniali attendibili convergevano sul fatto che gli eredi di D.G., fratello del ricorrente, coltivavano anch’essi i terreni, la Corte d’appello ha precisato che la circostanza dell’utilizzo comune dei terreni non poteva ritenersi smentita dalle dichiarazioni di altri testi, i quali avevano visto soltanto D.L. lavorare i campi.

L’affermazione è congruente dal punto di vista logico, e ciò è sufficiente per superare la critica del ricorrente, che rimprovera alla Corte d’appello di non avere tenuto conto di tutte le dichiarazioni testimoniali.

5. Il terzo motivo di ricorso è anch’esso infondato.

5.1. In primo luogo si deve rilevare che la violazione dell’art. 345 c.p.c. non è illustrata, e quindi neppure può essere esaminata, mentre non sussiste la denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.

Nel quantificare l’importo dovuto a D.L. dagli altri comunisti, la Corte d’appello ha proceduto ad effettuare la doverosa verifica degli elementi di prova dedotti a sostegno della domanda.

Non vi è stato alcun rilievo officioso di eccezioni o questioni riservate alle parti, né erronea qualificazione della domanda, ma soltanto la necessaria verifica del corredo probatorio in coerenza con la domanda di condanna formulata da D.L., il quale aveva chiesto il “rimborso di tutte le spese sostenute da D.L. per riparazioni e manutenzione ordinaria e straordinaria (…) quantomeno dal 1980 ad oggi”.

Nell’esercizio della doverosa attività valutativa, la Corte d’appello ha escluso dal novero delle spese rimborsabili dai comproprietari quelle che non erano state indicate al momento della formulazione della domanda, quelle che non erano provate e le spese che, pur documentate, non erano ascrivibili alla comunione.

6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese, nella misura indicata in dispositivo.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2021

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