Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23671 del 21/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 21/11/2016, (ud. 08/09/2016, dep. 21/11/2016), n.23671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25506/2012 proposto da:

P.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

RENATO FUNICI 63, presso lo studio dell’avvocato CARLA MONTANARO,

rappresentato e difeso dall’avvocato BARTOLOMEO SPAZIANO;

– ricorrente –

contro

PE.PA.AL., PE.RO., M.F.,

PE.MA.AN., PE.MA.LU., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 237, presso lo studio dell’avvocato GEMMA

SURACI, rappresentati e difesi dall’avvocato SERGIO FERRITTO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1949/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 05/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato PETRONIO Ugo con delega depositata in udienza

dell’Avvocato SPAZIANO Bartolomeo, difensore del ricorrente che si

riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato FERRITTO Sergio difensore dei resistenti che ha

chiesto l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 19/5/2003 il signor P.P. chiedeva al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Piedimonte Matese, di essere reintegrato nel possesso di un fabbricato rurale ubicato in località (OMISSIS), da lui utilizzato da oltre trent’anni per il ricovero di balle di paglia e fieno; possesso di cui lamentava di essere stato violentemente e clandestinamente spogliato, mediante l’apposizione di un lucchetto d’acciaio al portone d’ingresso del fabbricato medesimo, dal signor Pe.Ro..

Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, tanto nella fase interdentale quanto nella successiva fase di merito, riteneva che il suddetto fabbricato formasse oggetto di un compossesso tra il P. ed il Pe. e, conseguentemente, ordinava al secondo di reintegrare il primo in tale compossesso.

La corte di appello di Napoli, adita dagli eredi di Pe.Ro. – sig.ri Pe.Ma., Pa., Ro., Ma.Lu. e M.F. – riformava la sentenza di primo grado e rigettava la domanda proposta dal P.. Secondo il giudice di secondo grado il tribunale avrebbe errato nel ritenere esistente una situazione di compossesso, ancorchè nè il ricorrente nè il resistente avessero mai fatto riferimento a tale situazione, ed avrebbe erroneamente valutato le risultanze della prova orale, dalle quali, secondo la corte distrettuale, non poteva ritenersi desumibile la prova dell’esercizio del dedotto possesso esclusivo del ricorrente.

Avverso tale sentenza il P. propone ricorso per cassazione con un solo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5, ed alla violazione degli artt. 115, 116, 113 e 246 c.p.c., lamentando l’erronea valutazione delle risultanze testimoniali e, quanto alla deposizione del teste Pi.Pa., la violazione delle regole sulla capacità di deporre.

Gli eredi Pe. hanno resistito con controricorso.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza dell’8/9/16, per la quale non sono state depositate memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c. e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disattesa l’eccezione di tardività del controricorso, sollevata dal procuratore di parte ricorrente in sede di discussione orale. Osserva riguardo il Collegio che il ricorso è stato notificato il 7 novembre 2012 e la notifica del controricorso risulta richiesta in data 6 dicembre 2012 ed eseguita in data 11 dicembre 2012, prima del decorso del termine di cui dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente in sostanza lamenta che la corte d’appello abbia:

a) attribuito ai testi di parte Pe. affermazioni che gli stessi non avevano mai pronunciato; in particolare il ricorrente sottolinea che tali testi non avevano mai affermato di essere entrati nel fabbricato in questione;

b) trascurato essenziali e rilevanti affermazioni dei testi di parte resistente; in particolare il ricorrente evidenzia che tali testi hanno riferito che nulla sapevano del possesso del fabbricato, bensì solo del possesso del terreno circostante, estraneo al tema del giudizio;

c) attribuito ai testi di parte P. affermazioni da costoro mai pronunciate; sottolinea il ricorrente che il teste V. non ha mai dichiarato di aver visto il P. utilizzare l’immobile solo nel mese di settembre/ottobre 2002, ma ha dichiarato di aver visto il medesimo utilizzare l’immobile per l’ultima volta nel mese di settembre/ottobre 2002;

d) trascurato essenziali e rilevanti affermazioni dei testi di parte P., non considerando che il teste N. aveva dichiarato “dall’87-88 so che il P. ricoverava delle balle all’interno del magazzino”; il teste Me. aveva dichiarato “ho visto ricorrente vicino all’immobile fabbricato quasi tutti i giorni dal 1991”; il teste Cappelli aveva dichiarato “ho visto solo il P. nel fabbricato e mai altri”;

e) ritenuto maggiormente informati i testi non residenti sul posto;

f) considerato incapace di testimoniare il teste Pi.Pa., nipote dell’originario ricorrente, ancorchè nessuna eccezione fosse stata al riguardo sollevata dalla controparte e nessun interesse personale concreto ed attuale fosse nel medesimo ravvisabile per il solo fatto che il fabbricato in questione veniva utilizzato dei suoi genitori.

Il motivo è infondato.

Per quanto riguarda la doglianza sopra sintetizzata nel punto f), essa risulta non pertinente alle argomentazioni della sentenza gravata, perchè la corte d’appello non ha dichiarato il teste Pi.Pa. incapace di deporre, ma ha valutato negativamente la relativa attendibilità, con un giudizio non censurabile in questa sede; è infatti fermo orientamento di questa Corte, ancora di recente ribadito con la sentenza n. 11511/14, che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, così come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili.

Per quanto poi riguarda le doglianze sopra sintetizzata nei punti da a) ad e), le stesse vanno giudicate inammissibili, perchè consistono nella prospettazione di questioni di puro merito, in sostanza risolvendosi in una inammissibile richiesta alla Corte di cassazione di sostituirsi alla corte territoriale nell’apprezzamento e nella valutazione delle risultanze testimoniali. Al riguardo va ricordato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, per integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (anche nel testo anteriore alla modifica recata dal D.L. n. 83 del 2012) è necessario l’omessa o insufficiente motivazione su circostanze specifiche “di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito” (così Cass. nn. 25756/14, 24092/13, 14973/06); nella specie, le circostanze in relazione alle quali il ricorrente denuncia l’insufficiente motivazione della sentenza gravata difettano del requisito della decisività.

Il ricorso va quindi in definitiva rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere ai contro ricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.500, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2016

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