Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23671 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 11/11/2011, (ud. 20/09/2011, dep. 11/11/2011), n.23671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 34615/2006 proposto da:

M.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA BALDUINA

187, presso lo studio dell’avvocato AGAMENNONE Stefano, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BERGAMINI MARIA

CRISTINA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI MODENA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CAVOUR 211, presso lo studio dell’avvocato RICCI Emanuele, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MANISCALCO PAOLO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 42/2006 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 22/05/2006, 1367/02;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

20/09/2011 dal Consigliere Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Modena, depositato in data 5.7.2001, M.I., premesso di essere affetta da grave patologia tumorale e di avere iniziato nel (OMISSIS) la cura con il c.d. Multitrattamento Di Bella, chiedeva il riconoscimento del suo diritto all’erogazione gratuita dei farmaci alla stessa occorrenti per la cura suddetta, con conseguente ordine all’Azienda Unità Sanitaria Locale di Modena di somministrazione gratuita di tali farmaci e condanna di quest’ultima al pagamento, in suo favore, della somma di L. 23.065.000 a titolo di rimborso cure mediche sostenute nel periodo (OMISSIS), oltre a quelle sostenute successivamente e nelle more del giudizio.

Con sentenza in data 8.5.2002 il Tribunale adito rigettava la domanda.

In particolare il giudice di primo grado rilevava che occorreva distinguere il periodo anteriore all’emanazione del D.L. n. 23 del 1998, convertito nella L. n. 94 del 1998, nel quale l’assistito poteva ottenere dal servizio sanitario nazionale il rimborso della spesa per un farmaco non compreso nel prontuario farmaceutico nazionale qualora avesse dimostrato, a fronte della inesistenza di valida alternativa terapeutica, la necessità o utilità del farmaco stesso, da quello successivo alla emanazione del suddetto D.L. n. 23 del 1998, nel quale il legislatore aveva previsto l’avvio di una procedura di sperimentazione, rilevando peraltro che l’effettuazione di tale sperimentazione non rappresentava prova dell’utilità terapeutica e che la Commissione Unica del Farmaco (CUF) non poteva comunque dispensare farmaci che non avessero già attinto, con risultati positivi, la fase seconda della sperimentazione.

Rilevava altresì che nel caso di specie la sperimentazione era cessata, con esito negativo, in seguito al comunicato del competente Ministero pubblicato sulla G.U. del 25.11.1998, salva una limitata ultrattività per i pazienti in trattamento a tale data, fra i quali non poteva essere ricompresa la ricorrente.

Di conseguenza aveva rigettato la domanda, evidenziando come fosse superflua la chiesta consulenza medico legale, posto che la sperimentazione scientifica aveva accertato l’inefficacia terapeutica del Multitrattamento Di Bella.

Avverso tale sentenza proponeva appello la M. lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo l’accoglimento delle domande proposte con il ricorso introduttivo.

In particolare rilevava che il giudice di primo grado aveva superficialmente liquidato la questione basandosi per lo più sulle norme riguardati la chiusura della sperimentazione, ignorando tutta la giurisprudenza della Corte di Cassazione in tema di tutela del diritto alla salute; e ciò, nonostante l’impostazione in diritto data dalla difesa della ricorrente prescindesse completamente dalla questione relativa alla validità e rilevanza della sperimentazione, ma si fosse basata sulla esigenza di valutare il caso concreto soltanto alla stregua di quella giurisprudenza formatasi in tema di cure alternative, non ricomprese nel prontuario tra quelle erogabili a carico del servizio sanitario nazionale, ma delle quali venisse provata l’efficacia.

La Corte di Appello di Bologna, con sentenza in data 26.1 – 22.5.2006, rigettava il gravame.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione M.I. con due motivi di impugnazione.

Resiste con controricorso l’Azienda Sanitaria intimata.

La stessa ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 (D.L. n. 536 del 1996, art. 1, comma 4, convenuto in L. n. 648 del 1996, anche in relazione al D.L. n. 186 del 1998, art. 1, comma 4, convertito in L. n. 257 del 1998, ed eventualmente D.L. n. 463 del 1983, art. 10, comma 2, convertito in L. n. 638 del 1983).

In particolare rileva che il giudice d’appello, al pari del giudice di primo grado, si era limitato a respingere le richieste della ricorrente ritenendo sufficiente, per il diniego, la normativa emessa durante ed a chiusura della sperimentazione sul Multitrattamento Di Bella, sebbene l’impostazione data dalla difesa dell’interessata prescindesse da tale aspetto della vicenda ritenendo indispensabile e prioritaria l’indagine medico – legale sulla efficacia del trattamento medico – farmacologico nel caso concreto.

Osserva che la Corte territoriale aveva incentrato la propria pronuncia sulla ordinanza della Corte Costituzionale 8.7.2003 n. 279 concernente la inammissibilità, per l’autorità giudiziaria, di sostituirsi alle valutazioni che devono essere assunte nelle competenti sedi, costituite dagli organi tecnico scientifici della sanità, in tema di farmaci i cui costi sono addebitati al servizio sanitario nazionale.

Rileva per contro la ricorrente che tale pronuncia del giudice delle leggi, concernente la sollevata questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 186 del 1998, art. 1, comma 4, secondo il quale nessun paziente potrebbe essere sottoposto al trattamento in parola al di fuori delle ipotesi disciplinate dal D.L. n. 23 del 1998, alla stregua del quale il SSN non poteva comunque dispensare farmaci che non avessero già attinto, con risultati positivi, la fase seconda della sperimentazione, se pur di rigetto, in realtà, avuto riguardo al contenuto dell’ordinanza del giudice remittente, introduceva una interpretazione della norma sottoposta a scrutinio sostanzialmente identica a quella proposta dalla ricorrente, giacchè limitava la vigenza della disposizione in esame alla sola fase della sperimentazione, di fatto equiparando la posizione dei pazienti in cura con il MDB a quella degli altri cittadini.

Di conseguenza il divieto previsto dal D.L. n. 186 del 1998, art. 1, comma 4, di porre a carico dei SSN i medicinali doveva intendersi riferito alla sola fase di sperimentazione di cui ai relativi decreti legge, di talchè non esisteva alcuna norma dell’ordinamento che ostasse affinchè il D.L. n. 536 del 1996, art. 1, comma 4, il quale prevedeva che qualora non esistesse valida alternativa terapeutica i medicinali in questione erano erogabili a carico del SSN, potesse essere invocato dinanzi al giudice ordinario, con conseguente possibilità per quest’ultimo di disapplicare il provvedimento di diniego del CUF di inserimento di tali farmaci fra quelli dispensabili.

Il motivo non è fondato.

Deve in generale premettersi che con sentenza n. 185 del 1998 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme contenute nel D.L. 17 febbraio 1998, n. 23, recante “Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria”, convertito nella L. 8 aprile 1998, n. 94. Tale decreto-legge, emanato a seguito di vari provvedimenti dell’autorità giudiziaria che, in via cautelare, avevano disposto l’erogazione gratuita dei farmaci necessari al Multitrattamento Di Bella, benchè non ancora sottoposto ad adeguata sperimentazione, aveva previsto da un lato l’avvio di una procedura di sperimentazione, con conseguente somministrazione gratuita dei farmaci solo ai soggetti inclusi nella sperimentazione (art. 2, comma 1); dall’altro, la libertà di cura, per cui tutti erano autorizzati a utilizzare detti farmaci, ma a loro spese (art. 3, comma 4). Ciò comportava che non tutti avrebbero potuto avere accesso alla sperimentazione con la fruizione della terapia a titolo gratuito.

Questa limitazione è stata ritenuta illegittima perchè contrastante con il diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.) e con il principio di eguaglianza. Le menzionate disposizioni quindi (art. 2, comma 1, e art. 3, comma 4, cit.) sono state dichiarate incostituzionali nella parte in cui non prevedevano l’erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale dei medicinali impiegati nella cura delle patologie tumorali per le quali era disposta la sperimentazione, a favore di coloro che versassero in condizioni di insufficienti disponibilità economiche, secondo i criteri stabiliti dal legislatore, nei limiti oggettivi, soggettivi e temporali individuati dalla Corte.

Alla sentenza della Corte Costituzionale ha fatto seguito il D.L. 16 giugno 1998, n. 186, convertito in L. 30 luglio 1998, n. 257, che, come risulta dalle stesse premesse del decreto, ha dato attuazione ai principi contenuti in tale pronuncia. Ed infatti l’art. 1 prevedeva che “tutti” i pazienti oncologici, ricorrendo determinati presupposti relativi alla patologia da trattare – nel senso che la stessa fosse compresa fra quelle specificate nell’allegato 1 – e all’attestazione del medico curante quanto all’inefficacia dei trattamenti convenzionali, avessero accesso agli “studi osservazionali”, ossia alla sperimentazione della terapia.

Anche la disposizione di cui all’art. 1 di tale decreto è stata sottoposta a scrutinio di legittimità costituzionale nella parte in cui escludeva che i pazienti oncologici in stato di indigenza potessero usufruire del “multitrattamento Di Bella” per la cura di patologie non elencate nell’allegato 1 di detto decreto-legge, quando non vi fosse alternativa terapeutica e fosse accertata la stabilizzazione della malattia. E la Corte Costituzionale, con sentenza 13.6.2000 n. 188, ha ritenuto non fondata la questione sollevata evidenziando come non fosse possibile legittimare interventi giudiziari successivi, tali da produrre effetti invasivi delle competenze riservate agli organi tecnico-scientifici della sanità: “organi di cui va ribadito il ruolo essenziale, come già si è fatto nella sentenza n. 185 del 1998, in cui si ricorda come questa Corte non possa sostituire il proprio giudizio alle valutazioni che, secondo legge, devono essere assunte nelle competenti sedi, consapevole com’essa è delle attribuzioni e delle responsabilità che a detti organi competono” (Corte Costituzionale, 13.6.2000 n. 188).

In questo contesto si inserisce l’ordinanza della Corte Costituzionale in data 24.7.2003 n. 279 a seguito di questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Bergamo il quale reputava che fosse di ostacolo insuperabile all’eventuale esercizio dei propri poteri, a diretta tutela dell’art. 32 Cost., il dettato del D.L. n. 186 del 1998, art. 1, comma 4, convertito in L. n. 257 del 1998, che vieterebbe in assoluto (e non solo relativamente a quanto previsto per la speciale sperimentazione di cui al D.L. n. 23 del 1998) che i medicinali di cui al MDB potessero essere posti a carico del SSN. La Corte Costituzionale, premesso “che il giudicato di infondatezza di cui alla sentenza n. 188 del 2000 va riferito alla inammissibilità che questa Corte si sostituisca “alle valutazioni che, secondo legge, devono essere assunte nelle competenti sedi”, costituite dagli organi tecnico-scientifici della sanità, in tema di farmaci i cui costi sono addebitati al SSN”, riteneva non fondata la questione sollevata rilevando come l’interpretazione fornita dal giudice rimettente non appariva convincente, in quanto non teneva adeguatamente conto dell’intero contesto normativo in cui la disposizione era inserita, posto che il divieto previsto dalla norma impugnata doveva intendersi riferito alla sola fase della speciale sperimentazione di cui ai suddetti decreti-legge.

Così ricostruito l’iter normativo della vicenda in esame nel contesto dei diversi provvedimenti della Corte Costituzionale susseguitisi nel tempo, osserva il Collegio che la lettura dell’ordinanza della predetta Corte n. 279/2003 proposta dalla ricorrente non appare condivisibile, in quanto in buona sostanza non coerente con il contenuto della stessa.

Ed invero con l’ordinanza predetta il giudice delle leggi era chiamato ad occuparsi specificamente della questione relativa alla legittimità della norma dettata dal D.L. n. 186 del 1998, art. 1, comma 4, sotto il profilo che la stessa non consentirebbe in alcun caso la somministrazione dei farmaci del “Multitrattamento Di Bella” (MDB) a spese del Servizio sanitario nazionale, ed aveva ritenuto non fondata la questione rilevando che l’interpretazione fornita dal giudice rimettente non appariva convincente in quanto il divieto previsto dalla norma impugnata doveva intendersi riferito alla sola fase della speciale sperimentazione di cui ai suddetti decreti-legge.

Ma da tale ordinanza non può in alcun modo trarsi la conseguenza della possibilità per il giudice ordinario di disapplicare il provvedimento di diniego del CUF di inserimento dei farmaci in questione fra quelli dispensabili gratuitamente; ciò in quanto la Corte Costituzionale è stata esplicita nel rilevare, richiamando la precedente sentenza n. 188 del 2000, l’esistenza del precedente giudicato in relazione alla inammissibilità che la Corte si sostituisca “alle valutazioni che, secondo legge, devono essere assunte nelle competenti sedi”, costituite dagli organi tecnico- scientifici della sanità, in tema di farmaci i cui costi sono addebitati al SSN. E pertanto correttamente la Corte d’appello, nel richiamare la su menzionata ordinanza n. 279/03, ha ritenuto che la stessa meritava di essere segnalata soprattutto per l’affermazione suddetta, mentre per il resto l’ordinanza in questione – laddove aveva ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata sotto il profilo che l’interpretazione del giudice rimettente non appariva convincente in quanto il divieto previsto dalla norma impugnata doveva intendersi riferito alla sola fase della speciale sperimentazione di cui ai suddetti decreti-legge – non aveva una immediata refluenza sulla controversia oggetto del presente giudizio, nè dalla stessa poteva argomentarsi che, essendo il divieto posto dal D.L. n. 186 del 1998, art. 1, comma 4, riferito alla sola fase di sperimentazione di cui ai relativi decreti legge, non sussisteva alcuna norma dell’ordinamento che ostasse all’applicabilità del D.L. n. 536 del 1996, art. 1, comma 4, che prevedeva l’erogabilità dei medicinali in questione a carico del SSN qualora non esistesse valida alternativa terapeutica.

Il motivo non può pertanto trovare accoglimento.

Col secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5.

In particolare rileva che la Corte territoriale aveva totalmente omesso di valutare le prospettazioni rese dalla difesa di essa appellante, fondando le proprie statuizioni sul contenuto di una normativa in realtà non invocata; ed invero la richiesta dell’appellante era basata sul D.L. n. 536 del 1996, art. 1, comma 4, convenuto in L. n. 648 del 1996, che consentirebbe, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale datane in ossequio al principio costituzionale di tutela della salute quale bene primario, la disapplicazione, da parte del giudice, del prontuario farmaceutico laddove questo esclude l’esonero dalla spesa per farmaci che risultino indispensabili ed insostituibili per il trattamento di gravi condizioni o sindromi morbose per le quali risulti provata, in conseguenza della loro utilizzazione, la stabilizzazione della malattia, non suscettibile di essere curata con terapie convenzionali.

Osserva il Collegio che sul punto la Corte territoriale ha rilevato, per come detto, l’impossibilità per l’Autorità giudiziaria, di sostituire le proprie valutazioni a quelle riservate dalla legge alla specifica competenza di particolari organi tecnico – scientifici.

Orbene, sul punto occorre innanzi tutto evidenziare che la Corte Costituzionale, con la sentenza 2.4.1999 n. 121 ha negato la possibilità per l’Autorità giudiziaria di sostituire il proprio giudizio, anche mediante consulenza tecnica d’ufficio, alle valutazioni che, secondo legge devono essere assunte nelle competenti sedi sanitarie, rilevando come ciò costituirebbe “un’indebita interferenza nella sfera delle attribuzioni spettanti al potere esecutivo e, in particolare, nelle competenze degli organi tecnico- scientifici preposti alla sperimentazione dei farmaci”.

Deve pertanto escludersi che nel caso di specie sussistano i presupposti per l’applicabilità della disposizione di cui al D.L. n. 536 del 1996, art. 1, comma 4, ove si osservi che tale disposizione normativa prevede l’erogabilità a carico del servizio sanitario nazionale dei farmaci non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica, qualora non esista valida alternativa terapeutica; orbene, nel caso di specie, l’Istituto Superiore della Sanità, con comunicazioni in data 28.7.1998 e 13.11.1998, ha reso nota l’assenza di risposte favorevoli in ordine alla verifica dell’attività antitumorale del trattamento in parola, così escludendo che esistessero, con riguardo ai farmaci utilizzati in detta terapia, i presupposti per il loro inserimento nell’elenco previsto dal citato D.L. n. 536 del 1996; il che equivale a dire che la sperimentazione effettuata – ed ormai conclusa – aveva, in buona sostanza, escluso che il Multitrattamento Di Bella costituisse una valida alternativa terapeutica, secondo la formula usata dall’art. 1, comma, del D.L. predetto, rispetto a quella tradizionale.

E tale aspetto della vicenda processuale è stato ben preso in esame della Corte territoriale laddove ha rilevato come l’intervento del giudice trovi il suo limite nelle disposizioni di legge in materia, perchè altrimenti l’Autorità giudiziaria finirebbe col sostituire “le sue valutazioni e suggestioni a quelle riservate dalla legge alla specifica competenza di particolari organi tecnico – scientifici”.

Nè può ritenersi che la decisione impugnata si ponga in contrasto con l’art. 32 Cost., in tema di diritto alla salute, quale diritto fondamentale ed inviolabile dell’individuo, atteso che tale diritto non si traduce certamente nella pretesa alla erogazione da parte del SSN di qualsiasi farmaco richiesto, essendo necessario che si tratti di farmaci la cui validità ed efficacia terapeutica siano testati dagli organismi medico -scientifici a ciò preposti: e nel caso di specie tale organismo ha fornito risposta negativa in ordine alla efficacia terapeutica, nel trattamento antitumorale, dei farmaci in parola.

Neanche sotto questo profilo il ricorso può pertanto trovare accoglimento.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla peculiarità e controvertibilità della materia, per compensare tra le parti le spese relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese relative al presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

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