Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23669 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/10/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 28/10/2020), n.23669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 27677/2014, proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Allen Dickinson Holding s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv.

Victor Uckman, dell’avv. Giuseppe Corasaniti e dell’avv. Francesco

D’Ayala Valva, elettivamente domiciliata presso lo studio di

quest’ultimo, in Roma, Viale Parioli n. 43, in virtù di procura in

atti.

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 121/42/13 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata il 24/09/2013 e non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 novembre

dal Consigliere Rosita D’Angiolella.

 

Fatto

RITENUTO

che:

La controversia promossa dalla società Allen Dickinson Holding s.r.l. (incorporante la società “Lotto ‘90”) contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, che ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 168/26/12; tale sentenza – come si evince dalla parte espositiva della sentenza impugnata – aveva accolto il ricorso della contribuente avverso la cartella di pagamento Ires 2006, emessa nei suoi confronti a seguito di controllo automatizzato, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis della dichiarazione dei redditi presentata per quell’anno e del disconoscimento del credito d’imposta di Euro 47.855,00, ivi esposto, avendone omesso l’indicazione nei quadri RN ed RX della dichiarazione dei redditi relativa all’anno precedente (2005). L’assunto dei secondi giudici muoveva dal presupposto che la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione, per errori di fatto o di diritto, non incontra limiti di tempo, potendo effettuarsi non solo nei limiti di tempo in cui alla legge prevede il rimborso (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38) ma anche, oltre tali termini, in sede conteziosa.

Il ricorso proposto dall’Amministrazione erariale si articola in unico motivo con il quale si deduce la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, e dell’art. 38, dello stesso decreto, che subordinano a precisi limiti temporali l’esercizio dell’emenda. Resiste con controricorso la società, la quale, in prossimità dell’udienza, ha presentato memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Le censure articolate con l’unico motivo di ricorso non sono fondate per i motivi qui di seguito esposti.

2. La ratio decidendi della sentenza oggetto d’impugnazione riguarda essenzialmente l’emendabilità ed i conseguenti effetti della dichiarazione del contribuente fatta per errore.

Sul punto, come sopra anticipato, la CTR ha confermato la prima decisione ritenendo che la dichiarazione dei redditi, in quanto avente natura di mera dichiarazione di scienza, è sempre emendabile dal contribuente se, per effetto di errori di fatto o di diritto commessi nella relativa redazione, possa derivarne l’assoggettamento ad oneri contributivi più gravosi. La Commissione regionale, a sostegno della sua tesi, ha richiamato il risalente orientamento di legittimità di cui alla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 15063 del 2002.

3. La questione del limite temporale per l’emendabilità della dichiarazione integrativa ha creato, nel passato, un lungo contrasto giurisprudenziale, risolto dalle Sezioni Unite di questa Corte con la nota pronuncia del 30/06/2016 n. 13378, Rv. 640206-01.

Le Sezioni Unite, sono state chiamate a decidere sul se il contribuente, in caso di imposta sui redditi, abbia la facoltà di rettificare la dichiarazione prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 1 e ss., per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito o minor credito d’imposta, solo entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo – come stabilito dal D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8 bis – oppure se, al contrarlo, quest’ultimo termine sia previsto solo ai fini della compensazione, richiamata dal secondo periodo del comma 8 bis cit., per cui la predetta rettifica sia possibile anche a mezzo di dichiarazione da presentare entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione – a norma del D.P.R. n. 322 cit., art. 2, comma 8 – e, in ogni caso, tanto in sede rimborso, nel rispetto dei relativi termini di decadenza e/o di prescrizione, quanto in sede di processuale, e cioè per opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato.

4. Tra gli opposti indirizzi in ordine alla possibilità di emendare le dichiarazioni fiscali, la decisione delle Sezioni Unite del 2016, richiama, in senso favorevole, la precedente sentenza delle stesse SS.UU., n. 15063 del 2002, nella parte in cui fa leva sulla natura giuridica della dichiarazione in questione ritenendo che essa “ha natura dl atto non negoziale e non dispositivo, recante una mera esternazione di scienza e di giudizio, integrante un momento dell’iter procedimentale inteso all’accertamento di tale obbligazione ed al soddisfacimento delle ragioni erariali che ne sono l’oggetto, come tale emendabile e ritrattabile quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che sulla base della legge devono restare a suo carico”.

5. In considerazione della natura giuridica della dichiarazione fiscale, della specificità e del campo di applicazione delle norme dettate in materia di accertamento, di riscossione delle imposte e di contenzioso tributario, la pronuncia del 30/06/2016 n. 13378 ha, dunque, affermato il principio di diritto secondo cui, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il limite del termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria.

5.1. Nell’enunciare il principio di diritto, le Suprema Corte ha avuto cura di precisare che “il contribuente indipendentemente dalle modalità e termini di cui all’art. 2 cit. (…) in sede contenziosa può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria allegando errori commessi nella dichiarazione incidenti sull’obbligazione tributaria” (in motivazione, pag. 8) e riconoscendo al contribuente la possibilità di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato allegando errori incidenti sulla obbligazione tributaria indipendentemente dal termine di cui all’art. 2 cit. (in motivazione, pag. 7).

6. Nel caso che ci occupa, dunque, correttamente la CTR ha riconosciuto l’emendabilità della dichiarazione dei redditi trasmessa telematicamente dalla società contribuente per l’anno 2005, nella quale erano stati inseriti dati erronei, e correttamente ha affermato che tale principio non trova ostacolo nel disposto del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, come modificato dal D.P.R. n. 435 del 2000, art. 2 in vigore a decorrere dal 1 gennaio 2002, giacchè tale normativa – che prevede che il contribuente possa presentare una dichiarazione integrativa non oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo – non riguarda l’ipotesi in cui viene in rilievo un errore meramente formale.

7. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

8. Considerato che il principio diritto affermato dalle Sezioni Unite è successivo alla proposizione del ricorso in cassazione, si dichiarano interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Dichiara interamente compensate le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 10 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

 

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