Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23669 del 01/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 01/10/2018, (ud. 22/03/2018, dep. 01/10/2018), n.23669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Ma – A. –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 26841 del ruolo generale dell’anno

2011, proposto da:

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del direttore pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei

Portoghesi, n. 12, si domicilia;

– ricorrente –

contro

s.r.l. Battaglino SBC, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine

del controricorso, dagli avvocati Giuseppe Francesco Lovetere,

Francesca Nocita e Francesco Bruzzese, elettivamente domiciliatosi

presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, alla via Paraguay, n. 5;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, depositata in data 23 settembre 2010, n.

144/7/2010;

udita la relazione sulla causa svolta in camera di consiglio in data

22 marzo 2018 dal consigliere Angelina-Maria Perrino.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli richiese alla s.r.l. Battaglino SBC il pagamento, nella qualità di obbligata solidale, dell’iva all’importazione concernente merce importata e dichiarata in regime di sospensione dall’iva, in base a una dichiarazione d’intento della s.r.l. Eurinvest; beneficio, che, invece, a questa società non spettava perchè nell’anno 2003 non aveva effettuato operazioni di esportazione, nè cessioni comunitarie. La s.r.l. Battaglino impugnò il relativo avviso, senza successo in primo grado. Di contro, la Commissione tributaria regionale ne ha accolto l’appello, facendo leva sull’applicabilità della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e sulla sua violazione ad opera dell’Ufficio.

Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida a un unico motivo, che illustra con memoria, cui la società replica con controricorso.

Il giudizio proviene da rinvio a nuovo ruolo, determinato dall’attesa della decisione della Corte di giustizia alla quale con ordinanza n. 9278/16 questa Corte aveva proposto una questione pregiudiziale concernente l’osservanza del principio del contraddittorio nel procedimento doganale. Intervenuta la sentenza, la causa è stata fissata per l’odierna adunanza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia si duole della violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12 e del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11 nonchè dei principi generali sul contraddittorio.

Il motivo è fondato.

Pacifico tra le parti è che la pretesa impositiva dell’Agenzia sia derivata da una revisione dell’accertamento di dichiarazione doganale.

2.- Al riguardo, questa Corte è ferma nel ritenere che, in tema di avvisi di rettifica emanati in esito a revisioni di accertamenti doganali, è inapplicabile la L. 20 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, perchè in tale ambito opera il ius speciale regolato dal D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11 preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto alla impugnazione in giudizio del suddetto avviso.

E ciò in quanto:

a) il D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, commi 5, 7 e 8 nel testo vigente ratione temporis, che è anteriore rispetto alla novella che l’ha integrato nel 2012, prevedevano che, quando dalla revisione, eseguita sia d’ufficio, sia su istanza di parte, fossero emerse inesattezze, omissioni, o errori relativi agli elementi presi a base dell’accertamento, “l’ufficio procede alla relativa rettifica e ne dà comunicazione all’operatore interessato, notificando apposito avviso” di rettifica motivato;

b) entro trenta giorni dalla data della notifica dell’avviso, l’operatore può contestare la rettifica e in tal caso è redatto apposito verbale dall’Ufficio doganale “ai fini della eventuale instaurazione dei procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie previsti al TU delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 66 e ss.”;

c) il procedimento amministrativo in questione era preordinato a garantire un contraddittorio pieno, in un momento anticipato rispetto all’impugnazione in sede giurisdizionale dell’atto, nel corso del quale il contribuente era posto in grado di esporre tutte le ragioni difensive ed allegare nuovi fatti, indicando le opportune prove, al fine di sollecitare l’attivazione dei poteri di autotutela dell’Amministrazione doganale e quindi l’annullamento o la revoca dell’avviso di rettifica.

2.1.- La specialità della disciplina in materia doganale trova conferma nella normativa sopravvenuta (D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con L. 24 marzo 2012, n. 27), la quale, nel disporre che gli accertamenti in materia doganale sono disciplinati in via esclusiva dal D.Lgs. n. 374 cit., art. 11 ha introdotto un meccanismo di contraddittorio vicino a quello previsto dallo statuto dei diritti del contribuente (tra varie, Cass. 2 luglio 2014, n. 15032 e 5 aprile 2013, n. 8399).

3.- La Corte di giustizia, con sentenza 20 dicembre 2017, causa C-276/16, Preqù Italia, ha promosso la normativa italiana, nella versione, antecedente alla novella del 2012, che è quella applicabile anche nel caso in questione nell’odierno giudizio e che, si è visto, non scandiva direttamente la fase procedimentale, lasciando all’iniziativa del contribuente la contestazione della rettifica idonea a instaurare l’interlocuzione con l’Amministrazione.

La Corte ha difatti stabilito che “Il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi deve essere interpretato nel senso che i diritti della difesa del destinatario di un avviso di rettifica dell’accertamento, adottato dall’autorità doganale in mancanza di una previa audizione dell’interessato, non sono violati se la normativa nazionale che consente all’interessato di contestare tale atto nell’ambito di un ricorso amministrativo si limita a prevedere la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecuzione di tale atto fino alla sua eventuale riforma rinviando all’articolo 244 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000, senza che la proposizione di un ricorso amministrativo sospenda automaticamente l’esecuzione dell’atto impugnato, dal momento che l’applicazione dell’articolo 244, secondo comma, di detto regolamento da parte dell’autorità doganale non limita la concessione della sospensione dell’esecuzione qualora vi siano motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata con la normativa doganale o vi sia da temere un danno irreparabile per l’interessato”.

4.- Giustappunto con riguardo a un avviso di rettifica adottato dall’autorità doganale, la Corte Europea ha sottolineato che il principio generale del diritto dell’Unione del rispetto dei diritti della difesa non si configura come una prerogativa assoluta, ma può soggiacere a restrizioni, purchè esse rispondano a obiettivi di interesse generale e siano rispetto a questi proporzionate.

E, nel caso in esame, la Corte ha ravvisato l’interesse generale prevalente in quello dell’Unione a recuperare tempestivamente le proprie entrate, che richiede rapidità ed efficacia dell’attività di controllo.

Ed è sempre tale interesse generale, ha soggiunto, a giustificare la mancanza di automatismo della sospensione dell’esecuzione dell’avviso qualora esso sia impugnato.

5.- D’altronde, l’art. 245 codice doganale comunitario (reg. n. 2913/92, applicabile ratione temporis) rinvia per questi aspetti al diritto nazionale, là dove stabilisce “le norme di attuazione della procedura di ricorso sono adottate dagli Stati membri”, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (in termini, da ultimo, Cass., ord. 23 maggio 2018, n. 12832, in adesione alla giurisprudenza unionale sul punto).

6.- A ogni modo, con riguardo alla versione del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11 anteriore alla novella, che “…non impone all’amministrazione che procede ai controlli doganali l’obbligo di ascoltare i destinatari degli avvisi di rettifica dell’accertamento prima di procedere alla revisione degli accertamenti ed alla loro eventuale rettifica” (punto 48), a chiusura la Corte ha ribadito che, in virtù del principio di strumentalità delle forme, la violazione del diritto di essere ascoltati determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.

5.- Di contro, nel caso in esame, non emerge violazione alcuna nel corso della fase endoprocedimentale.

6.- La sentenza va quindi cassata, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione per l’esame delle questioni rimaste assorbite, delle quali danno conto sia la sentenza, sia ambo le parti.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018

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