Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23668 del 10/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 10/10/2017, (ud. 18/07/2017, dep.10/10/2017),  n. 23668

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6238-2016 proposto da:

COMATAB SRL in persona del legale rappresentante pro tempore

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE G. CESARE 21,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MALATESTA, rappresentata e

difesa dall’avvocato FRANCO PEPE giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT BUSINESS INTEGRATE SOLUTIONS SCPA in persona del suo

procuratore speciale Dott. S.M., nella qualità di

mandataria e procuratrice della SALONE N. 2 S.P.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZALE DELLE MEDAGLIE D’ORO 20, presso lo

studio dell’avvocato GIANLUCA MORIANI, che la rappresenta e difende

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4931/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/07/2017 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato FRANCO PEPE;

udito l’Avvocato GIANLUCA MORIANI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Comatab S.r.l. proponeva opposizione all’esecuzione per rilascio promossa nei suoi confronti da Salone n. 2 S.p.A. in forza di titolo esecutivo costituito da decreto di trasferimento; sosteneva l’opponente di vantare un diritto di godimento dell’immobile opponibile all’aggiudicatario e, segnatamente, un contratto di locazione commerciale anteriore al pignoramento.

Con ordinanza del 15 dicembre 2008 il giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza di sospensione e disponeva l’introduzione del giudizio, nel quale la Comatab domandava, nei confronti di Salone n. 2 S.p.A. e di Pirelli & C. Real Estate Property Management S.p.A. (mandataria di Salone n. 2), l’accertamento dell’insussistenza del diritto di agire in executivis e, inoltre, l’attribuzione della proprietà dell’edificio ex art. 938 cod. civ., il riconoscimento di un indennizzo ex art. 936 cod. civ. e l’attribuzione di un indennizzo per migliorie ex art. 2041 cod. civ..

Con sentenza n. 69 del 24 marzo 2011 il Tribunale di Avellino dichiarava inammissibile l’opposizione.

Investita della impugnazione della Comatab, la Corte d’appello di Napoli accoglieva parzialmente l’appello, riformando la decisione di primo grado soltanto con riguardo alla declaratoria di inammissibilità dell’opposizione, e rigettava nel merito le domande proposte in primo grado dall’appellante.

La Comatab S.r.l. impugna la sentenza della Corte territoriale n. 4931 del 23 dicembre 2015 proponendo ricorso per cassazione, notificato il 26 febbraio 2016 e affidato due motivi; col primo deduce la nullità della sentenza della Corte d’appello di Napoli denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. “per erronea valutazione, da parte del Collegio Giudicante, delle prove documentali depositate agli atti del giudizio, con conseguente errata conclusione circa la inopponibilità del rapporto di locazione al creditore esecutante”; col secondo, formulato in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, censura la decisione per l’errata interpretazione degli artt. 936 e 1592 cod. civ. e per la “incompleta valutazione della documentazione prodotta agli atti del fascicolo d’ufficio del grado di appello”.

Unicredit Business Integrated Solutions S.c.p.a., mandataria e procuratrice di Salone n. 2 S.p.A., resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Deve essere preliminarmente esaminata la procedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, in ragione del mancato deposito della “copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta”.

La ricorrente Comatab S.r.l. ha espressamente dedotto che la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 4931, adottata il 16 dicembre 2015 e pubblicata il 23 dicembre 2015, è stata “notificata al sottoscritto procuratore, a mezzo posta certificata, il 30.12.2015” (pagina 1 del ricorso) e nello stesso atto introduttivo non è stata fatta alcuna specificazione circa un’ipotetica inidoneità di detta notifica a far decorrere il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2. Di conseguenza, si deve ritenere che la notificazione è idonea a tal fine (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 13518 del 30/5/2017).

Dall’esame del fascicolo d’ufficio e di quello della ricorrente risulta la presenza della copia analogica della sentenza impugnata, estratta dal fascicolo informatico dal difensore del ricorrente e da questi attestata conforme all’originale digitale in data 16 marzo 2016.

Quanto alla relata di notificazione, l’unico documento prodotto dalla ricorrente è costituito dalla copia stampata, priva di qualsivoglia attestazione di conformità, di una “ricevuta di accettazione” del messaggio di posta elettronica certificata datata “30 dicembre 2015 15:37”, apparentemente proveniente dall’indirizzo p.e.c. dell’Avv. Gianluca Moriani (difensore dell’appellata e controricorrente Unicredit Business Integrated Solutions), diretto alla casella p.e.c. dell’Avv. Franco Pepe (procuratore dell’appellante e ricorrente Comatab) e avente ad oggetto “Notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994”; non si rinvengono agli atti nè la relazione di notificazione redatta dal mittente, nè il messaggio di posta elettronica certificata pervenuto al destinatario al quale siano state allegate la predetta relata e la sentenza notificata.

Nemmeno la parte resistente ha prodotto copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notifica, come si evince dagli analoghi controlli effettuati nel suo fascicolo.

2. L’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, prescrive che col ricorso debbano essere depositate, a pena di improcedibilità, la copia autentica della sentenza impugnata e la relazione di notificazione, qualora questa abbia avuto luogo.

La ratio della norma va identificata nell’esigenza di consentire alla Corte di verificare la tempestività dell’impugnazione; ne dà conferma la giurisprudenza di legittimità (risalente e anche recente e, comunque, uniforme): “La previsione – di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 2, – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità… della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di Cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve” (tra le altre: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19654 del 01/10/2004, Rv. 577461-01; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 15232 del 09/06/2008, Rv. 603861-01; Cass., Sez. U., Ordinanza n. 9005 del 16/04/2009, Rv. 607363-01).

Qualora lo stesso ricorrente deduca che la sentenza impugnata è stata notificata ai fini del decorso del termine di impugnazione, il giudice di legittimità – indipendentemente dal riscontro della tempestività o della tardività del rispetto del termine breve (questione afferente all’ammissibilità del ricorso, che assume rilievo solo in esito alla positiva verifica della sua procedibilità; ex multis, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 20883 del 15/10/2015, Rv. 637451-01) – deve controllare che la parte abbia ottemperato all’onere del deposito della copia notificata del provvedimento, dovendosi invece presumere, in mancanza di specifiche asserzioni, che il ricorrente abbia esercitato il diritto di impugnazione entro il cosiddetto termine lungo e, quindi, procedere all’accertamento della sua osservanza (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19654 del 01/10/2004, Rv. 577462-01).

La necessità di comminare in ogni caso la rigorosa sanzione della improcedibilità nell’ipotesi di omesso tempestivo deposito, da parte del ricorrente, della relazione di notifica della statuizione impugnata era stata confermata anche dalle Sezioni Unite di questa Corte: “Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 cod. proc. civ., comma 2 applicabile estensivamente, purchè entro il termine di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 1 e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione.” (Cass., Sez. U., Ordinanza n. 9005 del 16/04/2009, Rv. 607363-01).

Più recentemente le Sezioni Unite della Corte hanno parzialmente rivisto il proprio orientamento affermando che “deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perchè prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio” (Cass., Sez. U., Sentenza n. 10648 del 02/05/2017, Rv. 643945-01).

Quest’ultima decisione conferma parzialmente il pregresso orientamento: difatti, premettendo esplicitamente che “un’interpretazione sostanzialmente abrogante è possibile (…) solo con un intervento normativo”, si è stabilito che l’onere di deposito a pena di improcedibilità è “in funzione dell’ordinato svolgimento del giudizio di cassazione”, che il legislatore vuole che la prova delle condizioni di ammissibilità del ricorso “sia sin dall’inizio fornita dal ricorrente, in maniera da porre subito la Corte nella possibilità di delibare, anche mediante l’apposito procedimento camerale predisposto, l’ammissibilità del ricorso” e che l’adempimento richiesto dall’art. 369 cod. proc. civ. costituisce una “attività elementare, che risale ad esigenza obbiettiva della gestione del processo di cassazione, che non pone soverchi oneri alle parti”.

In altri termini – pur confermando l’esigenza del giudice di legittimità di avere a disposizione la relata di notificazione quando il ricorrente alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata – la Corte ha reputato che non sia possibile applicare la sanzione dell’improcedibilità quando il documento mancante sia nella disponibilità del giudice per opera della controparte o la documentazione sia stata acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio, poichè l’adempimento omesso da una parte ed espletato dall’altra (o comunque consentito dalla trasmissione del documento da parte del giudice di appello), nell’ambito della medesima fase iniziale dell’impugnazione, non impedisce di attivare la sequenza procedimentale, nè di ritardarla in maniera apprezzabile.

Anche in base al più recente orientamento, dunque, la mancata produzione della relata di notificazione costituisce motivo di improcedibilità, a meno che risulti dal ricorso “che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poichè il collegamento tra la data di pubblicazione (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso (emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2” (Cass., Sez. 6-3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013, Rv. 628539-01; analogamente, Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 18645 del 22/09/2015, Rv. 63681001).

L’omissione, nel caso all’esame di questo Collegio, ha invece rilievo: la sentenza è stata pubblicata il 23 dicembre 2015 e il ricorso è stato inviato alla notificazione il 26 febbraio 2016.

3. Quando la notificazione della sentenza impugnata è avvenuta con modalità telematica l’onere di deposito della relata prescritto dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, deve essere soddisfatto considerando sia le peculiarità dello strumento impiegato dal mittente (e, quindi, la specifica disciplina dettata per le notificazioni telematiche), sia l’esigenza, propria del giudizio di cassazione, di “convertire” in formato analogico gli atti digitali da depositare (in proposito, Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 7443 del 23/3/2017: “Nel giudizio di cassazione non operano, tuttora, le disposizioni sul deposito telematico degli atti processuali di cui al D.L. n. 179 del 2012, art. 16-bis, commi da 1 a 4 e, dunque, rimangono intatte le previsioni di cui agli artt. 365 e 370 c.p.c., che impongono la sottoscrizione autografa (e non digitale) del ricorso e del controricorso (anche con annesso ricorso incidentale) e il suo deposito in originale cartaceo presso la cancelleria della Corte”).

Sul tema, nella recente sentenza n. 17450 del 14/07/2017, Rv. 644968-01, questa stessa Sezione ha espresso il seguente principio di diritto, al quale il Collegio intende dare continuità: “In tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematica ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 3-bis per soddisfare l’onere di deposito della copia autentica della relazione di notificazione ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, il difensore del ricorrente, destinatario della notificazione, deve estrarre copie cartacee del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e della relazione di notificazione redatta dal mittente L. n. 53 del 1994, ex art. 3-bis, comma 5, attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali delle copie analogiche formate e depositare queste ultime presso la cancelleria della Corte entro il termine stabilito dalla disposizione codicistica”.

Il difensore dell’odierna ricorrente ha omesso di produrre la necessaria copia conforme del messaggio di posta elettronica certificata e della relazione di notificazione pervenutigli dal mittente; ha invece depositato, unitamente al ricorso, una copia cartacea (peraltro priva di attestazione di conformità all’originale) della “ricevuta di accettazione” (prevista dal D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 1) – fornita dal gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal mittente e giunta nella casella p.e.c. di quest’ultimo (e, dunque, un atto che nemmeno dovrebbe trovarsi nella disponibilità del destinatario) – documento che non corrisponde nè equivale alla copia autentica del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e della relazione di notificazione redatta dal mittente L. n. 53 del 1994, ex art. 3-bis, comma 5.

Di qui l’improcedibilità del ricorso.

4. Alla statuizione di improcedibilità fa seguito la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di cassazione, le quali sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo secondo i parametri del D.M. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto, infine, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art 13, comma 1-bis.

PQM

 

La Corte dichiara improcedibile il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio, liquidate in Euro 12.000,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 18 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2017

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