Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23667 del 28/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/10/2020, (ud. 02/10/2019, dep. 28/10/2020), n.23667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 5246/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

VILLA I CIPRESSI SOCIETA’ SEMPLICE AGRICOLA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale

delle Milizie n. 124, presso lo studio dell’Avv. Carla Cordeschi,

rappresentata e difesa dall’Avv. Gianni Giorgi giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2115/16/16 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA TOSCANA, depositata il 1 dicembre 2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2

ottobre 2019 dal Cons. ROBERTO MUCCI.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR della Toscana ha rigettato il gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Siena di accoglimento del ricorso della società semplice agricola Villa I Cipressi contro il diniego di rimborso dell’IVA dell’anno 2013 conseguente alla realizzazione di una cantina quale bene strumentale insistente sul fondo rustico condotto in locazione dalla società, con espressa previsione di migliorie fondiarie assentite dal Comune di Montalcino;

2. la CTR ha ritenuto, in sintesi, che: i) l’espressione “beni ammortizzabili”, contenuto nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 30, comma 3, (ora comma 2), lett. c), (“Il contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile, (…), all’atto della presentazione della dichiarazione: (…) c) limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili, (…)”) deve essere interpretata come beni “strumentali”, nel senso di bene utilizzabile nel ciclo produttivo dell’attività economica, non già nel senso restrittivo di bene strumentale già inserito nel ciclo produttivo e dunque soggetto ad ammortamento, come sostenuto dall’amministrazione; ii) infatti “ammortizzabile” significa potenzialmente suscettibile di ammortamento; iii) l’eventuale divergenza tra la previsione di utilizzo e l’effettivo impiego del bene acquistato comporterà per il contribuente l’obbligo di riversare l’imposta in sede di rettifica D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19-bis; iv) il meccanismo descritto è indirizzato a salvaguardare la neutralità dell’imposta, sicchè una diversa interpretazione, aggravando l’esposizione finanziaria del contribuente, violerebbe con il principio di proporzionalità;

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato a un unico motivo, cui replica la società Villa I Cipressi con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

4. la questione controversa attiene all’ammissibilità del rimborso dell’IVA assolta per spese incrementative e miglioramenti su beni di terzi non suscettibili di essere rimossi al termine dell’utilizzo; nella specie, è pacifico che la proprietà del terreno è di C.H., socio di maggioranza della contribuente, il quale ha affittato il terreno alla società che vi ha costruito una nuova cantina, rimasta in proprietà del C.;

5. con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, lett. c): l’affermazione della CTR secondo cui l’espressione “beni ammortizzabili” deve essere interpretata come beni “strumentali” confligge con l’insegnamento di Sez. 5, 4 dicembre 2015, n. 24779, nel senso che strumentalità e ammortizzabilità non sono concetti coincidenti e la strumentalità non esaurisce l’insieme dei presupposti richiesti dalla legge, sicchè “In tema d’IVA, il rimborso dell’eccedenza detraibile d’imposta che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, alinea e lett. c), consente al soggetto passivo di richiedere all’atto della dichiarazione, se di importo superiore ad Euro 2.582,20, limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili, deve avere ad oggetto beni che, oltre ad essere provvisti del requisito della strumentalità in quanto destinati ad essere utilizzati nell’attività dell’impresa e perciò inidonei alla produzione di un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale in cui siano inseriti, debbono rientrare, in quanto ammortizzabili, tra i beni costituenti immobilizzazioni materiali o immateriali, da identificarsi con quelli di uso durevole la cui vita non si esaurisca nell’arco di un esercizio contabile e dei quali l’imprenditore possa disporre in quanto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento” (così Sez. 5, n. 24779/2015 cit.), principio cui si è conformata la risoluzione n. 179/2005 dell’amministrazione;

5.1. Il mezzo è fondato;

5.2. il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, nel testo applicabile ratione temporis, prevede la facoltà del contribuente di chiedere, in tutto o in parte, il rimborso dell’eccedenza detraibile, se di importo superiore a lire cinque milioni, all’atto della presentazione della dichiarazione in presenza di una alcune condizioni, alternativamente previste, tra cui quella del riferimento di tale eccedenza all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili (lett. c); il riconoscimento del diritto al rimborso dell’eccedenza di IVA detraibile richiede, pertanto, il previo accertamento della sussistenza di un atto di acquisto (o di importazione) e della natura di bene ammortizzabile dell’oggetto dell’operazione.

5.3. con riferimento al primo aspetto (trasferimento del bene) deve evidenziarsi che il concetto di “cessione di beni” imponibile utilizzato dalla disciplina fiscale non coincide con quello civilistico, atteso che vi sono caso in cui ricorre la cessione anche se si è verificato il trasferimento di proprietà (si pensi alle vendite con riserva di proprietà, nonchè alle locazioni con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti: D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 2, nn. 1 e 2) e casi in cui, pur sussistendo un trasferimento civilistico di proprietà, non vi è “cessione di beni” imponibile (si pensi all’elenco contenuto nel medesimo art. 2, comma 3);

5.3.1. una siffatta interpretazione del concetto è coerente con la disciplina unionale la quale, all’art. 14, par. 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, riconduce la cessione di beni fiscalmente rilevante non alla disponibilità giuridica del bene, bensì “al trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario” e, in ogni caso, alla “consegna materiale di un bene in base ad un contratto che prevede la locazione di un bene per un dato periodo o la vendita a rate di un bene, accompagnate dalla clausola secondo la quale la proprietà è normalmente acquisita al più tardi all’atto del pagamento dell’ultima rata” (par. 2, lett. b);

5.3.2. in applicazione di tali disposizioni è stato affermato che l’operazione realizzata con la conclusione di un contratto di leasing relativo ad un bene ammortizzabile che preveda o il trasferimento di proprietà al conduttore alla scadenza di tale contratto o che il conduttore disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà, segnatamente che gli venga trasferita la maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale del bene e che la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale dello stesso, va equiparata a un’operazione di acquisto di un bene di investimento (cfr. Corte di Giustizia, 2 luglio 2015, NLB Leasing; Corte di Giustizia, 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt; per la giurisprudenza domestica, cfr., da ultimo, Sez. 5, 10 maggio 2019, n. 12457);

5.3.3. diversamente, ma in applicazione del medesimo principio, è stata esclusa la ricorrenza di una cessione di beni in presenza di un trasferimento della nuda proprietà di un bene ammortizzabile, in quanto all’acquisto della titolarità del bene e del potere di disposizione giuridica sullo stesso non si accompagna il trasferimento in via definitiva anche delle facoltà di godimento e di utilizzo del bene medesimo e, dunque, del potere di fatto sul bene, necessario per l’utilizzo dello stesso in funzione degli scopi dell’impresa (cfr. Sez. 5, 22 dicembre 2017, n. 30807);

5.3.4. assume dunque rilevanza, ai fini che qui interessano, l’acquisizione, in via definitiva, dei poteri di disposizione materiale sul bene tipici del proprietario, ossia il potere, tendenzialmente illimitato, di godimento e utilizzo, e dei relativi rischi (cd. disponibilità economica del bene);

5.4. in ordine al secondo aspetto (natura del bene) si è affermato, sempre ai fini che qui interessano, che, in assenza di utili indicazioni dalla disciplina in tema di IVA, sia nazionale, sia unionale, il concetto di bene ammortizzabile va individuato dalle disposizioni che in tema di imposte dirette ne recano una sommaria enunciazione con riferimento ai beni materiali o immateriali di cui è menzione nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 102 e 103 (cfr. Sez. 5, 4 dicembre 2015, n. 24779);

5.4.1. ancora secondo Sez. 5, n. 24779/2015 cit., sono beni ammortizzabili quelli che, da un lato, sono provvisti del requisito della strumentalità, in quanto destinati ad essere utilizzati nell’attività dell’impresa e, perciò, inidonei alla produzione di un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale in cui siano inseriti, e, dall’altro, costituiscono immobilizzazioni materiali o immateriali, in relazione alla loro idoneità ad un uso durevole, che non si esaurisce nell’arco di un esercizio contabile, e al potere dell’imprenditore di disporne in quanto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento;

5.4.2. la sola strumentalità del bene, dunque, non è sufficiente, attesa la non sovrapponibilità del concetto con quello di ammortizzabilità e la necessità che tale bene sia riconducibile alla categoria delle immobilizzazioni;

5.5. ciò posto, si osserva che nel caso in esame l’IVA si riferisce pacificamente non già all’acquisto di beni, bensì alla realizzazione di opere – per l’esattezza, opere di miglioramento eseguite su beni immobili di terzi -, in quanto tale esulante dalla previsione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, poichè non riconducibile alla fattispecie di acquisto di beni;

5.6. può, al riguardo, aggiungersi che la sussistenza delle condizioni per la detrazione dell’IVA non implica, di per sè, l’automatico riconoscimento del diritto al rimborso della stessa, in quanto l’innegabile centralità sistematica del principio di neutralità non impone necessariamente un vincolo di biunivocità delle situazioni, tale per cui non si possa dare l’una in difetto dell’altro e viceversa (in tal senso, invece, Sez. 5, 27 marzo 2015, n. 6200);

5.7. infatti, il diritto al rimborso costituisce una facoltà di natura eccezionale, riservata al contribuente in alternativa all’esercizio, in via ordinaria, del diritto della detrazione, prevista al fine di consentire agli operatori economici che effettuano operazioni di investimento un più veloce recupero dell’imposta assolta con riferimento ai beni acquistati ed evitare così un aggravio della propria posizione finanziaria.

6. In conclusione, la sentenza impugnata, nel sovrapporre i concetti di ammortizzabilità e strumentalità, non si conforma ai suesposti principi e deve pertanto essere cassata in accoglimento del ricorso; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria domanda; la complessità della questione giustifica l’integrale compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda compensando tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2020

 

 

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