Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23667 del 24/09/2019
Cassazione civile sez. trib., 24/09/2019, (ud. 19/09/2018, dep. 24/09/2019), n.23667
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PERRINO Angelina M. – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –
Dott. SUCCIO Robert – rel. Consigliere –
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22661/2013 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con
domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente –
contro
ELSA TRADING s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa giusta delega in atti dall’avv. Nicola Bottan
e dall’avv. Sergio Perotta e dall’avv. Katia De Nicola, presso lo
studio di quest’ultima elettivamente domiciliata in Roma, alla via
del Tintoretto n. 88;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Campania n. 282/04/13 depositata il 11/04/2013, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del
19/9/2018 dal consigliere Roberto Succio.
Fatto
RILEVATO
che:
– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha rigettato l’appello dell’Amministrazione Finanziaria, confermando la illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato, per IRES, IVA ed IRAP 2007;
– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione l’Amministrazione Finanziaria, con atto affidato a un unico motivo;
– Resiste con controricorso la società contribuente.
Diritto
CONSIDERATO
che:
– va preliminarmente affrontata l’eccezione di inammissibilità del ricorso posta dal controricorrente; essa è infondata;
– dalla lettura del ricorso, infatti, si evince chiaramente come la questione posta non riguardi alcun riesame del fatto ma denunci violazioni di legge;
– con il motivo di ricorso formulato parte ricorrente denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver la CTR approfondito gli elementi posti a fondamento della ripresa a tassazione;
– in sostanza quindi, la CTR non avrebbe correttamente valutato le motivazioni addotte nell’avviso di accertamento e nell’appello dell’Ufficio;
– il motivo è infondato;
– come si evince dalla sentenza impugnata, la CTR ha in primo luogo ritenuto legittimo, quanto ai presupposti procedimentali che lo consentono, il ricorso da parte dell’Ufficio all’accertamento analitico induttivo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. D); sotto questo profilo dunque le censure svolte in motivo dirette a ottenere in questa sede ulteriore conferma del rispetto di quella disposizione difettano di interesse;
– secondariamente, dalla lettura della sentenza si evince come (nel terzo periodo di pag. 2) la CTR abbia comunque in concreto ritenuto corretto da parte dell’Ufficio l’utilizzo del metodo accertativo di cui al ricitato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, che a maggior ragione consente all’Ufficio più agevole ricorso a mezzi di prova diversi dalla prova diretta;
– la successiva parte del motivo, poi, diretta a ottenere l’affermazione della sussistenza dell’onere probatorio in capo al contribuente risulta parimenti inammissibile per difetto di interesse, poichè la CTR ha correttamente addossato detto onere in capo proprio al contribuente, valutando poi come debitamente fornita la prova di quanto da questi sostenuto, in applicazione sia della prima sia della seconda disposizione sopra riportate del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39;
– in secondo luogo osserva la Corte come la CTR abbia ritenuto debitamente motivata la sentenza appellata, soffermandosi poi ad illustrare il fatto che la società ha fornito prova delle operazioni effettuate per acquisto di mobili e arredi, oltre che aver dato analoga sufficiente prova in ordine alle operazioni di finanziamento dei soci alla società e di rimborso in favore degli stessi soci;
– a fronte di tal motivazione, era onere di parte ricorrente, intenzionata a colpire con il ricorso l’affermazione in ordine alla prova fornita da controparte in ordine alla insussistenza di maggior reddito derivante dalle operazioni di finanziamento, censurare la sentenza sotto il diverso profilo della violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel rispetto della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5884 del 08/03/2013) in tema di ricorso per cassazione (nella specie, avverso sentenza resa dalla Commissione tributaria regionale in grado di appello), è inammissibile il motivo con cui si denunci sotto il profilo dell'”error in procedendo” (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)
e della violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), e non sotto quello del difetto di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), la declaratoria di illegittimità di un avviso di accertamento per la rettifica del valore di avviamento di un’azienda ceduta, in rapporto ad un successivo avviso di accertamento sintetico emesso nei confronti del medesimo contribuente, trattandosi di censura che si risolve non nella mancata applicazione della normativa di riferimento o nella omessa applicazione di una norma processuale o nell’omesso esame di una domanda, quanto unicamente nell’asserita, illogicità e contraddittorietà della motivazione; ne pure tenendo conto il nuovo XXXXX dell’art. 350, comma 1, n. 5, ratione temporis applicabile in ricorso il XXXXX respinto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 10.000 oltre a spese generali nella misura del 15%, CPA e IVA che pone a carico di parte soccombente.
Così deciso in Roma, il 19 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019