Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23666 del 21/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 21/11/2016, (ud. 21/06/2016, dep. 21/11/2016), n.23666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5132/2012 proposto da:

CGEDIL DI G. ARCH C. DITTA INDIVIDUALE, (OMISSIS), IN

PERSONA DEL TITOLARE E LEGALE RAPP.TE, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA R.R. PEREIRA 202, presso lo studio dell’avvocato FRANCO

BOFFA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SERGIO

CAPPA;

– ricorrente –

contro

BURDESE SPA, P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

DI AMM.NE E LEGALE RAPP.TE P.T., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DELLE QUATTRO FONTANE 20, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPE CERULLI IRELLI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MARIANO DI MAIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 144/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 04/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2016 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Boffa Franco difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La ditta C.G. Edil, di C.G., proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Tribunale di Torino, su ricorso della Burdese s.p.a., per il pagamento della somma di Euro 21.073,80, quale corrispettivo della vendita e posa in opera di 42 porte in tinta di ciliegio. A sostegno dell’opposizione deduceva una forte diversità cromatica rispetto agli altri manufatti montati sul cantiere, le maniglie non a norma, la mancata consegna dei copriprofili e la non ultimata posa in opera. Pertanto, chiedeva la riduzione del prezzo e il risarcimento del danno subito per porre rimedio a tali difformità e mancanze.

Resistendo la società opposta, il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo e condannava l’opponente al pagamento del minor importo di Euro 8.490,20; compensate le spese.

Adita dalla Burdese s.p.a., la Corte d’appello di Torino con sentenza pubblicata il 4.2.2011 ribaltava detta sentenza, rigettando l’appello e confermando il decreto ingiuntivo. Riteneva la Corte di merito, per quanto

ancora rileva in questa sede di legittimità, che la C.G. Edil aveva scelto le porte “tanganika tinto ciliegio” dopo che gli era stato mostrato un campione di tale materiale, e che le lettere di contestazione del colore provenienti dall’Azienda ospedaliera presso cui erano state montate le porte non avevano rilievo probatorio, perchè provenienti da un terzo. Osservava che agli atti non vi era traccia dei campioni che la C.G. Edil avrebbe fornito all’Azienda ospedaliera; e che il direttore dei lavori nominato da quest’ultima, sentito come teste non era stato in grado di confermare se il campione fornitogli da tale ditta corrispondesse a quello che la Burdese s.p.a. aveva fornito a quest’ultima. Rilevava, infine, che il contratto così come concluso prevedeva la fornitura di maniglie, non di maniglie anti aggancio, e che solo nella fase della prima offerta della soc. Burdese si era parlato di tale eventualità.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la C.G. Edil, di C.G., in base a tre motivi.

Resiste con controricorso la Burdese s.p.a.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo è dedotta l’omessa motivazione su di un “punto” (rectius, fatto) della controversia, in quanto la Corte territoriale avrebbe “omesso di considerare altri fatti, addotti e provati da C.G. Edil e, comunque, pacifici in causa, che avrebbero consentito di non ritenere per intero evasa la commessa P/34 in data 23.2.04 così come integrata ed accettata in pari data” (v. pagg. 5-6 del ricorso). In particolare, sia la fattura che il documento D.D.T. in data 11.5.2004 facevano esplicito riferimento a porte “posate in opera”, espressione questa che includeva anche il montaggio delle maniglie e delle serrature, non effettuato; inoltre non erano stati forniti i coprifili e i pannelli lisci. Pertanto la soc. Burdese non poteva ancora fatturare la propria prestazione, perchè incompleta la fornitura e parziale il montaggio; con la conseguenza che il credito azionato non era ancora esigibile.

2. – Il secondo motivo lamenta l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte territoriale ha omesso di considerare che la prima offerta, quella del 5.12.2003, era stata formulata e indirizzata dalla soc. Burdese all’Azienda ospedaliera C.T.O., servizio tecnico, e che il teste G. aveva riconosciuto di aver avuto alcuni contatti con il Gh..

Deduce, inoltre, parte ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata è contraddittoria lì dove da un lato afferma che non vi è traccia alcuna dei campioni che C.G. Edil avrebbe fornito all’Azienda ospedaliera, e dall’altro sostiene che gli stessi campioni sono stati consegnati al teste Gh., dipendente della ridetta azienda.

3. – Il terzo mezzo denuncia, ad un tempo, l’omessa o insufficiente motivazione e l’errata applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg., per non aver considerato varie circostanze che avrebbero dovuto condurre a ritenere che le maniglie dovevano essere antiaggancio. Fra tutte. il fatto che per la formulazione delle offerte verme messo a disposizione della soc. Burdese copia del progeao esecutivo di ampliamento e riordino del reparto dell’Azienda ospedaliera, che prevede espressamente la fornitura di maniglie antiaggancio. E sebbene nella seconda offerta non sia più specificato, a differenza della prima, che le maniglie dovevano essere antiaggancio. applicando correttamente l’art. 1362 c.c., l’insieme di tali circostanze avrebbe dovuto condurre la Corte territoriale a far proprie le diverse conclusioni cui era pervenuto il giudice di primo grado. Tenuto, altresì, conto della “copiosa normativa” in materia di sicurezza per la specifica destinazione degli ambienti, normativa che la soc. Burdese, specializzata nel settore, non poteva ignorare.

4. – Tutti e tre i motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili perchè involgono la ricostruzione e l’apprezzamento dei fatti.

E’ fin troppo noto e fermo l’indirizzo di questa Corte (formatosi vigente il testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, anteriore alla modifica apportatavi dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, testo applicabile ratione temporis alla fattispecie), in base al quale il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via, sclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione sotto il profilo della omissione. insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (così e per tutte. Cass. n. 2357/04).

Conseguentemente, alla cassazione della sentenza per vizi di motivazione si può giungere solo quando tale vizio emerga dall’esame del ragionamento svolto dal giudice, quale risulta dalla sentenza, che si riveli incompleto, incoerente e illogico, non già quando il giudice abbia semplicemente attribuito agli elementi vpintati un valore e un significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. nn. 15805/05, 23079/05 e 9243/07).

Pertanto, non compete alla Corte di legittimità nè di stabilire se l’accertamento sui fatti compiuto dal giudice di merito sia il migliore possibile a stregua del materiale probatorio raccolto; nè di sindacarne la maggiore o minore tenuta rispetto all’apprezzamento alternativo proposto dalla parte ricorrente (cfr. Cass. n. 9233/06, secondo cui con la deduzione del vizio motivazionale non si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, chè diversamente il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito). Non per caso, in base all’art. 116 c.p.c., comma 1, il giudice deve valutare le prove secondo il “suo” prudente apprezzamento, e non secondo un apprezzamento che sia il più prudente e ragionevole tra tutti quelli oggettivamente possibili.

In altri termini, la motivazione della sentenza è illegittima, in base al parametro dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non quando la ricostruzione fattuale operata dal giudice di merito sia meno persuasiva di quella proposta dalla parte ricorrente, ma solo ove all’interno della motivazione siano isolabili momenti di criticità per omissione, incongruità o contraddittorietà. Criticità che per il suo carattere intrinseco deve essere enucleabile dalla semplice lettura della motivazione e non può essere riferita a parametri valutativi esterni (cfr. Cass. nn. 1605/00, 3615/99 e 2498/94). Ricavarla dal confronto con atti di causa di segno (realmente o ipoteticamente) opposto, equivale a rinnovare, sotto mentite spoglie, un accertamento di puro merito incompatibile con la struttura processuale del giudizio di legittimità e con la funzione ordinamentale che quest’ultimo svolge.

4.1. – Oltre a ciò, va ulteriormente osservato che nello specifico: a) il primo motivo pone anche una questione nuova (l’esigibilità del credito), comunque incompatibile con la stessa impostazione difensiva della CG Edil, giacchè la domanda quanti minoris è inconciliabile con una caratteristica eccezione dilatoria quale la non esigibilità del credito; b) il secondo mezzo equivoca tra campioni oggetto del negoziato svoltosi tra la Burdese e la CG Edil e campioni mostrati all’ASL, riferendosi promiscuamente agli uni e agli altri; e c) il terzo motivo per un verso si limita a proporre una diversa interpretazione del contratto, e per l’altro introduce una questione – la conoscenza da parte della Burdese della necessità “normativa” di maniglie antiaggancio – che non è rilevante nell’ambito di un contratto di vendita, qual è stato considerato dalle parti e dalla Corte di merito senza che ciò formi oggetto di censura. Infatti, a differenza di quanto avviene nel contratto d’appalto, in cui l’appaltatore risponde dell’opera anche sotto il profilo del rispetto della disciplina di settore, nella vendita l’adeguatezza della res alle esigenze d’impiego dell’acquirente non forma oggetto di un’autonoma obbligazione del venditore, salvo eventuali profili di correttezza rilevanti ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c., che pure, a loro volta, presuppongono accertamenti di mero fatto. E al riguardo la Corte territoriale ha sufficientemente motivato il proprio avviso osservando che il contratto così come concluso prevedeva la fornitura di maniglie, non di maniglie anti aggancio, e che solo nella fase della prima offerta della soc. Burdese si era parlato di tale eventualità.

5. – In conclusione il ricorso va respinto.

6. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese torfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2016

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