Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23664 del 21/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 21/11/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 21/11/2016), n.23664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8973-2012 proposto da:

C.L. nato a (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

V.N.S.DI LOURDES 25, presso lo studio dell’avvocato PETER FARRELL,

rappresentato e difeso dagli avvocati GIANFRANCO CARBONI, GIAN LUIGI

FALCHI;

– ricorrente –

contro

CA.LI. SENIOR nato a (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA POSTUMIA 1, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

GIANCASPRO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 493/2011 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 29/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.L., con atto di citazione del 10 ottobre 1998, conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Cagliari, lo zio C.L. e premesso: di aver stipulato il (OMISSIS) un preliminare di compravendita con scrittura privata non autentica con il quale lo zio Li. gli prometteva di vendergli la piena proprietà della quota ideale pari ad 1/2 pro indiviso del fabbricato posto nel Comune di Quartuccio sviluppandosi su un piano terreno ed un primo piano per il prezzo di L. 150.000.000 corrisposto al momento della stipula. Nonostante alcuni solleciti lo zio Li. non si era presentato davanti al notaio il giorno 16 luglio 1998 per la stipula del contratto definitivo. L’invito era stato reiterato, ma, neppure, il 3 settembre lo zio si era presentato davanti al notaio. Chiedeva, pertanto il riconoscimento delle sottoscrizioni apposti nel preliminare, nonchè il trasferimento ex art. 2932 c.c., della proprietà promessa in vendita.

Si costituiva C.L., contestando la domanda dell’attore ed eccependo che, in realtà, aveva inteso vendere la quota di 1/2 pro indiviso del solo appartamento posto al piano terreno e, non, anche, la metà di quello sito al primo piano abitato dal fratello, padre dell’attore. Proponeva domanda riconvenzionale per l’annullamento del contratto nella parte in cui si riferiva alla porzione dell’edificio posto al primo piano in quanto viziato da dolo.

Il Tribunale di Cagliari, con sentenza n. 2152 del 2007, dichiarava la nullità del contratto preliminare di vendita e rigettava le domande tutte proposte dalle parti, compensava tra le parti le spese del giudizio.

La Corte di Appello di Cagliari, pronunciandosi su appello proposto da C.L. (originario attore), a contraddittorio integro, con sentenza n. 493 del 2011, rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese del giudizio. Secondo la Corte di appello di Cagliari, dal preliminare di vendita oggetto del giudizio non emergeva, in modo chiaro ed in equivoco, la comune volontà circa l’oggetto dell’atto perchè era sufficientemente chiaro se fosse la quota spettante all’appellato sul complessivo stabile o, invece, quella sul solo piano terra.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da C.L. (originario attore nonchè nipote di C.L.) con ricorso affidato a quattro motivi. C.L. (zio del ricorrente) ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo di ricorso (contrassegnato con la lettera A) C.L. denuncia la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio tutelati rispettivamente dall’art. 24 e 111 Cost. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). Secondo il ricorrente erroneamente la Corte distrettuale avrebbe ritenuto che l’immobile promesso in vendita descritto nell’ultima parte della clausola contrattuale n. 1 non fosse lo stesso indicato nella prima parte di essa, perchè dai documenti catastali il mappale (OMISSIS) sub 3 del foglio 9 del NCUE non esiste come, invece, ha ritenuto la Corte distrettuale, secondo la quale il primo piano del fabbricato di cui si dice sarebbe censito al foglio n. (OMISSIS) mappale (OMISSIS) sub 3. Piuttosto, dai documenti catastali risulterebbe che il piano terra del fabbricato di cui si dice sarebbe distinto al NCUE al foglio n. (OMISSIS) mappale (OMISSIS) sub 1 e quello al primo piano foglio n. (OMISSIS) mappale (OMISSIS) sub (OMISSIS).

L’identificazione catastale del bene promesso in vendita operata dal CTU ing. F., rivelatasi palesamene erronea, sarebbe passata inosservata nel corso del giudizio di primo e di secondo grado e, quindi, non sarebbe stata oggetto di discussione tra le parti in causa, ma è stata rilevata d’ufficio per la prima volta dalla Corte di Appello di Cagliari solo nella motivazione della sentenza, ponendola a suo fondamento. Epperò, la Corte avrebbe dovuto segnalare tale decisiva circostanza alle parti al fine di consentire l’apertura della discussione e l’instaurazione del contraddittorio sul punto che, invece, non c’è stato. Sicchè il diritto di difesa dell’attuale ricorrente sarebbe stato vulnerato in quanto non gli sarebbe stato consentito.

1.1.= Il motivo è infondato.

Va qui osservato che la Corte di Cagliari ha chiarito che diversi elementi determinavano un’incertezza in ordine all’oggetto del preliminare (se oggetto del preliminare fosse la metà del fabbricato, comprensivo di piano terra e del primo piano, oppure la meta o del solo piano terra o del solo primo piano). E tale incertezza, secondo la Corte emergeva essenzialmente dal fatto che: a) “(…) la seconda parte della clausola conteneva elementi che contrariamente a quanto sostenuto dal promissario acquirente che li considera individuanti lo stabile nel suo complesso non si attagliano ad esso, ma attengono al solo piano terra. Innanzitutto, in essa non si parla più di fabbricato, ma di unità immobiliare, che, secondo l’esame entomologico del termine fabbricato, illustrato nella memoria di replica del medesimo appellante, non può riferirsi all’intera costrizione ma unicamente ad uno dei suoi componenti (…); b) il prezzo risultava notevolmente sproporzionato “(…) per difetto rispetto al valore della quota del promittente venditore relativa all’intero stabile, in quanto tale valore come riportato in sentenza superava di oltre il doppio il prezzo contrattuale. Questo è però sproporzionato per eccesso rispetto al valore della metà dell’appartamento del pieno terra superandolo di L. 40.500.000. Il prezzo non fornisce indicazioni univoche sull’oggetto, appare maggiormente coerente con il valore del solo piano terra, ma non è neppure da escludersi che possa riferirsi all’intero stabile (pro quota) per l’influenza di vari fattori emersi dall’attività istruttoria (…)” c) la prova per testi “(…) non ha fornito elementi utili per fugare l’incertezza ma l’ha confermata.

C.L. ha omesso di censurare, con il ricorso tale statuizione e ciò rende infondato il motivo di ricorso relativo all’altra ragione dedotta ai dati catastali su cui pure si basa l’impugnata sentenza. Invero, nell’ipotesi in cui la decisione del Giudice del merito sia fondata su più ragioni autonome, tra loro distinte ed indipendenti, ciascuna logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, l’omessa impugnazione di una di tali ragioni rende inammissibile per difetto di interesse, la doglianza relativa all’altra o alle altre ragioni, in quanto l’eventuale accoglimento del ricorso stesso non toccherebbe le ragioni non censurate e la decisione impugnata resterebbe, quindi, ferma, essendo divenuta definitiva la motivazione autonoma non impugnata. Sicchè, appare del tutto evidente che, qualora fosse fondata la censura in ordine ai dati catastali, tuttavia, ciò non l’altra parte non avrebbe mai contestato tali indicazione, la Corte distrettuale avrebbe dovuto considerare le indicazioni di cui si dice incontroverse e non richiedente alcuna dimostrazione. Pertanto, la Corte distrettuale non avrebbe potuto mettere a fondamento della sua decisione (l’indeterminatezza del bene promesso in vendita) l’erronea identificazione catastale del bene promesso operata dal CTU ing. F. tanto più che tale verifica non costituiva oggetto dell’accertamento demandato al CTU. Piuttosto, era evidente, secondo il ricorrente, che i dati catastali indicati nel contratto preliminare di compravendita erano esatti ed era, altrettanto, vero che sulla scorta del principio di non contestazione tali dati costituivano un fatto non controverso della lite.

2.1.= Il motivo se non assorbito dal primo motivo è infondato.

Va premesso che in tema di prova civile, una circostanza dedotta da una parte può ritenersi pacifica – in difetto di una norma o di un principio che vincoli alla contestazione specifica – se essa sia esplicitamente ammessa dalla controparte o se questa, pur non contestandola in modo specifico, abbia improntato la difesa su circostanze o argomentazioni incompatibili col suo disconoscimento.

Ora nel caso di specie, la difesa del convenuto, negando di aver voluto vendere tutta la quota parte del fabbricato oggetto di controversia e sostenendo di aver venduto la sola metà del piano terreno e non anche quella del primo piano, coinvolgeva la piena validità del contratto preliminare sotto il profilo dell’oggetto, e, contrapponendosi al fatto controverso e, cioè, se le parti avessero voluto rispettivamente vendere o comprare la quota pari al 1/2 sia del piano terreno che del primo piano, e, in ultima analisi, disconoscendo che il bene oggetto del preliminare, identificabile anche con i dati catastali, fosse quello indicato dall’attore, indirettamente contestava anche i dati catastali riportati nel preliminare di vendita connessi con l’oggetto del contratto.

E, di più, e/o comunque, posto che la Corte distrettuale fa riferimento alla consulenza tecnica espletata nella causa di divisione acquisita agli atti processuali e posto che tale CTU indica il fabbricato siccome censito al NCEU al foglio (OMISSIS) mappale (OMISSIS) e non al mappale (OMISSIS) sub 1 e sub 2, la Corte distrettuale avrebbe, comunque, potuto disattendere le indicazioni catastali indicate da C. iunior anche se non disconosciute o non contestate esplicitamente da C. senior.

3.= Con il terzo motivo (contrassegnato con la lett. C) il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c., art. 1325 c.c., n. 1 e 3, artt. 1346 e 1418 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe tratto argomenti a sostegno dell’indeterminatezza dell’oggetto della promessa di vendita innanzitutto dal contenuto contrattuale. Epperò, in tale operazione interpretativa volta a determinare al volontà delle parti l’oggetto dell’accordo non avrebbe fatto corretta applicazione dell’art. 1362 c.c.. In particolare, la Corte distrettuale non avrebbe applicato: 1) il canone letterale perchè pur riconoscendo che nella prima parte della clausola n. 1 del contratto preliminare il riferimento era al fabbricato e quindi alla quota parte di 1/2 del fabbricato stesso, non avrebbe correttamente coordinato con questa espressione quella di cui alla seconda parte della stessa clausola laddove si fa riferimento all’unità immobiliare. La Corte non avrebbe tenuto conto che: a) con quella espressione le parti intendevano indicare la quota parte pari alla meta dell’intero fabbricato e non l’intero. b) che i confini indicati nel contratto riguardavano l’intero fabbricato e non invece il solo piano terreno 2) il canone interpretativo sistematico di cui all’art. 1363 in base al quale le clausole vanno interpretate le une per mezzo delle altre attribuendo a ciascuna il senso che risulta dall’insieme. E, il contratto considerato nel suo insieme redatto dal Notaio non lasciava dubbi che l’oggetto del preliminare fosse la quota parte pari a 1/2 dell’intero fabbricato. C) le parti indicavano il fabbricato sia indicando i lavori di costruzione sia i redditi fondiari dello stesso fabbricato.

3.1.= Il motivo è infondato.

Il ricorrente non tiene conto che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data del giudice del merito al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sì che quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità, che sia stata privilegiata l’altra (Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. 14 novembre 2003, n. 17248). D’altra parte come più volte è stato affermato da questa Corte di Cassazione (vedi Cass. n. 18375 del 23/08/2006), in materia di interpretazione del contratto, l’accertamento della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto del negozio, si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito, onde la possibilità di censurare tale accertamento in sede di legittimità, a parte l’ipotesi in cui la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione del percorso logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto, è limitata al caso di violazione delle norme ermeneutiche, violazione da dedursi, peraltro, con la specifica indicazione nel ricorso per cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia da esse discostato, poichè, in caso contrario, la critica alla ricostruzione del contenuto della comune volontà si sostanzia nella proposta di un’interpretazione diversa. In altri termini, il ricorso in sede di legittimità, riconducibile, in linea generale, al modello dell’argomentazione di carattere confutativo, laddove censuri l’interpretazione del contratto accolta dalla sentenza impugnata, non può assumere tutti i contenuti di cui quel modello è suscettibile, dovendo limitarsi ad evidenziare l’invalidità dell’interpretazione adottata attraverso l’allegazione (con relativa dimostrazione) dell’inesistenza o dell’assoluta inadeguatezza dei dati tenuti presenti dal giudice di merito o anche solo delle regole giustificative (anche implicite) che da quei dati hanno condotto alla conclusione accolta, e non potendo, invece, affidarsi alla mera contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati asseritamente più significativi o di regole di giustificazione prospettate come più congrue.

Ora, nel caso in esame, la Corte distrettuale ha avuto modo di evidenziare: che l’incertezza sull’oggetto del contratto preliminare era dovuta essenzialmente per le parole usate dai contraenti i quali nella prima parte della clausola n. 1 del contratto indicavano il fabbricato e nella seconda, l’unità immobiliare. E, come ha evidenziato la Corte di merito lo stesso odierno ricorrente contrapponeva, nel proprio atto di appello, i termini di fabbricato ed unità immobiliare, e b) che l’incertezza rilevata restava confermata anche dall’analisi di altre clausole e tra queste dalla clausola relativa al prezzo.

E’ di tutta evidenza, pertanto, che la Corte nel ricostruire la volontà delle parti così come è stata consegnata nei documenti esaminati, ha fatto buon uso dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. ed in particolare del canone letterale, del canone logico e del canone sistematico.

4.= Con il quarto motivo (contrassegnato con la lettera D) il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c., art. 1325 c.c,, nn. 1 e 3, artt. 1346 e 1418 c.c. e art. 2722 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Secondo il ricorrente anche le ulteriore motivazioni diverse da quelle esaminate sarebbero prive di riscontro con gli atti processuali e sarebbero del tutto inconferenti e contraddittorie. In particolare, ricorrente ritiene che sarebbero:

A) contraddittorie le argomentazioni in ordine alla vetustà e le precarie condizioni di manutenzione del fabbricato perchè da un verso afferma che i due piani si differenziavano solo per lo stato delle rifiniture e degli impianti e successivamente ha ritenuto che le precarie condizioni dell’immobile mal si attaglia al fabbricato nel suo complesso:

B) erroneo il convincimento della Corte distrettuale che l’immobile di che trattasi sarebbe censito al foglio (OMISSIS) mappale (OMISSIS), e non al mappale (OMISSIS) sub 1 e sub 2 come indicato nel preliminare perchè quanto sostenuto dalla Corte distrettuale non corrisponderebbe al vero. Comunque le argomentazioni della Corte sarebbero, sempre secondo il ricorrente, contraddittorie posto che la Corte fa riferimento ad una consulenza tecnica disposta nel primo grado e dalla quale risulterebbe che l’appartamento al piano terra era distinto al foglio (OMISSIS) mappale (OMISSIS) sub 1 e sub 2 (…);

C) illogica e contraddittoria la motivazione della Corte rispetto al prezzo dell’immobile perchè la Corte non avrebbe considerato che il prezzo dell’immobile potrebbe costituire un elemento per suffragare l’indeterminatezza dell’oggetto del contratto solo nell’ipotesi in cui fosse risultato in maniera certa ed inequivocabile che tale elemento fosse riferibile solo al piano terra. Per altro, la Corte non avrebbe considerato che il prezzo era stato così determinato in ragione della scarsissima appetibilità del bene, essendo un fabbricato di vecchissima costruzione edificato in parte con ladiri (mattoni di fango) e ubicato in una zona periferica di (OMISSIS).

D) Avrebbe errato la Corte distrettuale: a) nell’avere ritenuto ammissibile la prova testimoniale in violazione dell’art. 2722 c.c., perchè diretta a provare l’esistenza di un accordo tra le parti diverso da quello consacrato nel contratto preliminare. b) nell’aver ritenuto attendibile deposizione della figlia del resistente C.S. senza considerare lo strettissimo legame di parentela c) non attribuito la giusta considerazione alla deposizione del Notaio D. senza tener conto che il Notaio ha riferito con certezza ed in maniera categorica che le parti dopo aver letto l’articolato e minuzioso preliminare hanno discusso sulle clausole ivi riportate integrandole con delle postille debitamente sottoscritte.

E) la Corte non avrebbe valutato ai sensi dell’art. 1362 secondo comma il comportamento del resistente dopo la conclusione del contratto: il quale non solo non avrebbe risposto alle continue diffide ma non si sarebbe presentato davanti al notaio per la stipula del definitivo.

4.1.= Anche questo motivo è infondato e, non solo, perchè si tratta di censure parcellizzate, prive di una visione unitaria e complessiva del ragionamento del giudice, ma, soprattutto, perchè si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione dei dati processuali non proponibile nel giudizio di legittimità se, come nel caso in esame, la valutazione compiuta dal Giudice di Merito non presenta vizi logici e/o giuridici.

Come è stato già affermato da questa Corte, nel caso in cui nel ricorso per cassazione venga prospettato un vizio di motivazione della sentenza, il ricorrente – a fronte di una denunziata insufficiente spiegazione logica relativa all’apprezzamento, operato dal giudice di merito, dei fatti della controversia o delle prove – non può limitarsi a prospettare una spiegazione di tali fatti e delle risultanze istruttorie con una logica alternativa – pur se essa sia supportata dalla possibilità o dalla probabilità di corrispondenza alla realtà fattuale – essendo invece necessario che tale spiegazione logica alternativa appaia come l’unica possibile, atteso che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dovendo incidere su un fatto “decisivo del giudizio”, legittima il ricorso per cassazione unicamente per vizi di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione e non certo per consentire alla S.C., quale giudice di sola legittimità, di scegliere sulla base di criteri possibilistici o probabilistici tra due prospettazioni, ambedue logiche ma nello stesso tempo alternative.

Piuttosto, nel caso specifico la, Corte distrettuale, con motivazione adeguata e priva di vizi logici e/o giuridici, ha avuto modo di chiarire:

a) che il riferimento alla vetustà del fabbricato non assurgeva ad elemento distintivo e differenziatore fra il piano terra ed il primo piano (…) La vetustà era, infatti, comune ad entrambi (…). Il piano terra non era, quindi, distinguibile dal primo piano in base all’epoca della costruzione (nessuna distinzione era effettuata al riguardo dal consulente tecnico) e non si differenziava da questo perchè più vetusto: entrambi i pian i sono della medesima epoca ed entrambi perciò sono di vecchissima costruzione. E di più la corte precisa che il riferimento a precarie condizioni di manutenzione mal si attagliava al fabbricato nel suo complesso ed era, comunque, maggiormente coerente, pur con le precisazioni indicate, allo stato del piano terra. Trattasi come è palese di elemento non decisivo e non univoco che aumentava l’incertezza sull’oggetto dell’accordo.

b) (…) Dalla consulenza disposta nel primo grado, anch’essa richiamata ed esaminata da entrambe le parti risultava che l’appartamento al piano terra era distinto al NCUE al foglio (OMISSIS) mappale (OMISSIS) sub 3. Questo mappale non era contemplato nel preliminare.

c) (…) Il prezzo, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, avvalorava l’incertezza sull’oggetto del preliminare. Esso risultava sproporzionato per difetto rispetto al valore del promittente venditore relativo all’intero stabile, in quanto tale valore come riportato nella sentenza, superava di oltre il doppio il prezzo contrattuale.

d) che i motivi relativi all’inammissibilità della prova testimoniale erano infondati perchè quella prova non verteva su un patto aggiunto o modificativo ma sul comportamento tenuto dalle parti prima della sua sottoscrizione e dopo quale criterio dell’interpretazione dell’ accordo consacrato nell’atto scritto (in tal senso sopratutto Cass. 9243 del 2008). Si tratta come è evidente di un ragionamento logico fondato su più elementi di fatto acquisiti in giudizio e che la Corte distrettuale ha esaminato con particolare attenzione, ritenendo che nel loro insieme contribuivano a rendere incerto l’oggetto del preliminare di vendita di cui si dice.

In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannato a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, a favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2016

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