Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23664 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 11/11/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 11/11/2011), n.23664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11813-2009 proposto da:

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE

56/A, presso lo studio dell’avvocato PENNA CARLO, rappresentato e

difeso dagli avvocati MASSIMO FARINA, FERRARA GIOVANNI, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

MICRON TECNOLOGY ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE

78, presso lo studio dell’avvocato IRACE ERNESTO, che la rappresenta

e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1909/2008 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 21/01/2009 R.G.N. 1009/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2011 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega SGROI ANTONINO;

udito l’Avvocato IRACE ERNESTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per l’improcedibilità o in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

C.C. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, pubblicata il 21 gennaio 2009, che ha rigettato l’appello contro la sentenza con la quale il tribunale di Avezzano aveva solo in parte accolto il suo ricorso nei confronti della Micron Tecnology srl. e dell’INPS. Il ricorrente, ingegnere alle dipendenze della Micron, fu licenziato una prima volta mentre era in malattia, con missiva del 22 settembre 1999, a causa della soppressione della posizione da lui occupata, nell’ambito di un processo di riorganizzazione aziendale. Subì un secondo licenziamento con missiva del 26 maggio 2000. Intraprese un giudizio dinanzi al Tribunale di Avezzano che si risolse con l’accoglimento parziale della sua domanda. Il Tribunale dichiarò inefficace il primo licenziamento sino al termine della malattia e cioè sino al 6 maggio 2000. Dichiarò nullo il secondo licenziamento del 26 maggio 2000 perchè il rapporto si era risolto sin dal 6 maggio 2000. Rigettò tutte le ulteriori richieste.

Il C. propose appello. La Corte d’appello lo rigettò respingendo sia la domanda di reintegra nel posto di lavoro, che la domanda subordinata di condanna della società a corrispondere al ricorrente l’indennità supplementare di cui agli artt. 22 e 19 del ccnl per i dirigenti delle aziende industriali.

Il C. ricorre per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza della Corte limitatamente alla parte con la quale si è pronunciata sulla domanda subordinata.

Il ricorso consta di un unico motivo. La società si difende con controricorso e memoria. L’INPS ha discusso in udienza.

Con l’unico motivo di ricorso il C. sostiene che la Corte avrebbe violato gli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c., artt. 19 e 22 ccnl dirigenti d’aziende industriali del 26 aprile 1995;

che sussisterebbe il vizio di omessa, insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonchè violazione dell’art. 91 c.p.c..

Il quesito è se al dirigente di impresa industriale il cui licenziamento sia stato motivato per la soppressione della sua posizione lavorativa conseguente ad una riorganizzazione aziendale sia dovuta la indennità supplementare prevista dagli articoli di contratto collettivo su indicati”.

La parte della sentenza impugnata è la seguente: “Con il secondo motivo di gravame l’appellante censura la sentenza laddove ha disatteso la domanda subordinata tesa al pagamento dell’indennità supplementare prevista contrattualemente per i dirigenti delle imprese industriali, ma tale emolumento non si rinviene nel testo dell’art. 22 del ccnl prodotto dall’originario ricorrente dove non si fa alcun riferimento a fattispecie di “ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o crisi industriale” (le quali se nel caso invocate sulla base dell’accordo 27 aprile 1995 – richiamate dal resistente – riguardano diverse ipotesi accertate da idonei provvedimenti amministrativi non sussistenti nel caso di specie)”.

Il ricorso è improcedibile perchè è integralmente e specificamente basato sulle disposizioni di un contratto collettivo nazionale di lavoro di diritto comune che, in violazione di quanto disposto dall’art. 369, comma 2, n. 4, non è stato prodotto con il ricorso (Cass. S.U. 23 settembre 2010 n. 20075); nè il ricorrente ha specificato se ed in quale punto dei fascicoli di primo o di secondo grado avesse provveduto a tale produzione.

La parte che perde il giudizio, per legge, deve rimborsare le spese sostenute dalle altre parti, spese liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 2.040,00 Euro di cui 2.000,00 Euro per onorari, oltre CPA, IVA e spese generali, nonchè alla rifusione in favore dell’INPS delle spese del giudizio di legittimità da questi sostenute che liquida in 1.040,00 Euro, di cui 1.000,00 per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

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