Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23663 del 24/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 24/09/2019, (ud. 28/02/2019, dep. 24/09/2019), n.23663

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28483-2018 proposto da:

C.P., in proprio e quale erede di C.D.,

rappresentato e difeso dall’avv. GIANDOMENICO DANIELE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il

02/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/02/2019 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Corte d’appello di Firenze, con decreto 2.5.2018 in accoglimento dell’opposizione incidentale proposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha respinto la domanda di equa riparazione proposta da C.P. in proprio e quale erede di C.D. per la irragionevole durata di un giudizio pensionistico davanti alla Corte dei Conti avviato dal proprio dante causa nel 1968 e deciso nel 2016.

2 Per la cassazione di questo decreto il C. ha proposto ricorso con due motivi. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è rimasto intimato.

Il Consigliere relatore ha proposto il rigetto del primo motivo di ricorso e l’accoglimento del secondo.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, e l’errata e falsa applicazione dell’art. 2, comma 2 quinquies, nonchè degli artt. 24 e 101 Cost., per avere la Corte d’Appello negato l’indennizzo sulla base della manifesta infondatezza della domanda pensionistica. A sostegno della censura riporta un’ordinanza di questa Corte (la n. 21421/2018).

Il motivo è manifestamente infondato.

La Corte d’Appello ha condiviso la tesi del Ministero sulla applicabilità della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quinquies, evidenziando, alla luce delle motivazioni della sentenza della Corte dei Conti, “l’assoluta e manifesta infondatezza della pretesa originariamente Alta valere da C.D. nel giudizio presupposto”, con la precisazione che ” C.D., ricoverato il 3.1941 per malessere febbrile, propose istanza di trattamento pensionistico solo il 26.9.1967, ben oltre il termine di legge, per esiti di ferite al braccio e alla mano sinistra i quali nulla risultavano avere a che fare col predetto ricovero”.

Ebbene, la suindicata disposizione di legge stabilisce che “non è riconosciuto alcun indennizzo: a) in favore della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese, anche fuori dai casi di cui all’art. 96 c.p.c.”.

Il ricorso non coglie quindi la ratio decidendi utilizzata dalla Corte d’Appello, fondata sul chiaro dettato normativo applicabile ratione temporis e muove critiche sulla ritenuta intempestività della richiesta pensionistica che, a ben vedere, andavano rivolte nella sede opportuna contro la sentenza della Corte dei Conti. Altro errore in cui mostra di incorrere il ricorso sta nell’utilizzare principi giurisprudenziali inappropriati nel caso in esame perchè riguardanti giudizi di equa riparazione avviati negli anni 2011 e 2012 (v. la richiamata Sez. 2, Ordinanza n. 21421 del 2018), e, come tali, sottratti alla applicazione dell’art. 2 comma 2 quinquies, introdotto dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 777, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (cd. 1egge di stabilità 2016).

2 Col secondo motivo si censura la sentenza per non avere dato il giusto peso alla compensazione delle spese disposta nel giudizio pensionistico, logicamente incompatibile con l’applicabilità dell’art. 2 quinquies.

Anche tale motivo è da respingersi per manifesta infondatezza.

E’ vero che secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 24409 del 17/10/2017 (Rv. 646812; Sez. 2 -, Ordinanza n. 12121 del 17/05/2018 Rv. 648498) in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, la compensazione delle spese di lite nel giudizio presupposto, nonostante la soccombenza del richiedente l’indennizzo, costituisce sicuro indice di non temerarietà della lite (la quale invece, ove esistente, sarebbe ostativa al riconoscimento dell’indennizzo L. 89 del 2001, ex art. 2).

Nel caso di specie, però, dall’esame della sentenza della Corte dei Conti risulta che la compensazione delle spese del giudizio pensionistico venne disposta senza alcuna motivazione, ma anzi in aperta contraddizione con l’apparato motivazionale, che aveva portato ad un giudizio di totale infondatezza della pretesa per tardività.

E’ evidente allora che tale peculiarità della fattispecie rende logicamente inapplicabile il principio di diritto invocato dal ricorrente.

In conclusione, il ricorso va respinto.

La mancanza di una parte controricorrente esime dal provvedere sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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