Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23662 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 11/11/2011, (ud. 11/05/2011, dep. 11/11/2011), n.23662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23540-2007 proposto da:

CONSORZIO PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

P.M., Z.M., M.V., PO.

A., A.M., tutti elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA TEULADA 52, presso lo studio dell’avvocato VALENSISE ANTONIO, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAGANETTI BIANCHI

VANDA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 350/2007 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/04/0 7 R.G.N. 739/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2011 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito l’Avvocato VALENSISE ANTONINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.M. ed altri quattro dipendenti del Consorzio Parco dello Stelvio, secondo quanto riferito nella sentenza impugnata, adivano il Tribunale di Sondrio chiedendo il riconoscimento del loro diritto al mantenimento integrale dell’assegno ad personam loro corrisposto, con effetto dal i gennaio 2000, in seguito al loro passaggio dal c.c.n.l. per gli addetti idraulico-forestali al c.c.n.l. degli enti pubblici economici 1998/2001, e la condanna di detto Consorzio a ripristinare integralmente detto assegno e a restituire le quote mensili dell’assegno trattenute dal i maggio 2001.

Il Consorzio, costituendosi tardivamente in giudizio, chiedeva che fosse riconosciuta la riassorbibilità dell’indennità in questione, rigettata la domanda e condannati i ricorrenti a restituire la parte dell’assegno formata dall’indennità per lavori disagiati e di alta montagna e dall’indennità chilometrica.

Il Tribunale dichiarava il diritto al mantenimento dell’assegno ma nei soli limiti dell’eventuale riassorbimento medio tempore verificatosi.

A seguito di appello di lavoratori, la Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 24.4.2007, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava il Consorzio al pagamento delle differenze relative all’assegno ad personam maturate dal maggio 2001 fino alla sentenza.

Osservava che l’appellata aveva dedotto una riassorbibilità dell’assegno ad personam senza però proporre domanda riconvenzionale, con la conseguenza che non si era potuto instaurare un contraddittorio su pretese voci riassorbibili, peraltro indicate per il periodo nel quale l’assegno era stato spontaneamente corrisposto e per il quale il Consorzio pretendeva la parziale restituzione. Inoltre la riassorbibilità non riguardava l’aspetto della spettanza dell’indennità, ma il suo graduale venire meno, anche per il periodo successivo a quello della pretesa restituzione dell’importo, per l’effetto del funzionamento di altri istituti contrattuali. Pertanto non poteva darsi luogo ad una pronuncia di generica riassorbibilità.

In conclusione dovevano rimanere non limitati l’accertamento e la statuizione di condanna per il periodo fino alla sentenza, rimanendo però non condizionato per il futuro l’accertamento di nuovi elementi in qualche misura influenti sulla determinazione dell’assegno ad personam.

Il Consorzio Parco dello Stelvio ricorre per cassazione con due motivi. I lavoratori intimati resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione, formulata nel controricorso, di improcedibilità del ricorso per mancato deposito in cancelleria di copia autentica della sentenza con la relazione di notifica e della copia della richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio del giudizio di appello. Questa eccezione non ha fondamento, essendo documentato che tali atti sono stati regolarmente depositati unitamente al ricorso in data 27.9.2007, come da timbro a data della cancelleria apposto sugli stessi documenti e da indicazioni contenute nel certificato di deposito (certificato che presenta l’unica irrilevante incongruità della mancata cancellazione delle voci relative al deposito del controricorso o della memoria difensiva rispetto a regolamento di competenza).

Il primo motivo del ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 416 e 418 c.p.c..

Si sostiene che invocare principio della riassorbibilità dell’assegno ad personam nel giudizio promosso dai lavoratori per conseguire l’effettiva erogazione dell’assegno non integra propriamente una “controdomanda”, da proporsi secondo le forme delle domande riconvenzionali, ma una semplice deduzione di una ragione di infondatezza della domanda attorea.

Si osserva anche che, come accertato dal giudice di primo grado e non contestato in appello, l’assegno in questione era stato riconosciuto al fine di consentire l’adeguamento della retribuzione di alcuni lavoratori alle mansioni impiegatizie da loro effettivamente svolte, a fronte dell’originario inquadramento nel ruolo operai, e che tale funzione era venuta meno per effetto del nuovo inquadramento. Ne risultava quindi confermata la natura riassorbibile dell’assegno.

Il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c., in via subordinata censura la tesi, che sarebbe implicita nel modo di argomentare del giudice di appello, che spetti al datore di lavoro provare la esistenza di meccanismi contrattuali comportanti l’assorbimento dell’indennità adpersonam, mentre al contrario deve ritenersi che gravi sul lavoratore provare che l’eccedenza retributiva non possa essere assorbita negli aumenti contrattuali in ragione della sua peculiare natura di compenso speciale.

Il ricorso non merita accoglimento.

Con riferimento al primo motivo, deve rilevarsi che non risultano puntualmente censurate le considerazioni – costituenti il punto decisivo della motivazione – secondo cui le difese dell’ente convenuto implicavano la richiesta di statuizioni eccedenti la mera opposizione di un’eccezione: cfr, in particolare le, sia pur sintetiche,considerazioni circa il fatto che la pretesa di assorbimento era in realtà correlata a specifiche componenti e funzioni delle vecchie e delle nuove voci retributive, fatto che rendeva impraticabile un accertamento meramente generico di riassorbibilità.

Riguardo alle ulteriori considerazioni sviluppate nello stesso motivo in materia di assorbibilità dell’assegno, è preclusiva la circostanza della mancata formulazione al riguardo di un conclusivo quesito di diritto, richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis.

Riguardo al secondo motivo deve similmente rilevarsi che lo stesso (cfr. anche il conclusivo quesito di diritto, con cui si ipotizza la violazione dell’art. 2967 c.c. se si fa “gravare sul datore di lavoro l’onere della prova del riassorbimento dell’eccedenza retributiva – corrisposta per adeguare la retribuzione contrattuale di operaio alle funzioni impiegatizie – negli aumenti contrattuali derivanti dall’incontestata successiva applicazione del c.c.n.l. degli impiegati”) presuppone accertamenti circa la natura degli emolumenti di cui si pretende l’assorbimento che non sono stati compiuti dal giudice di merito per le ragioni già evidenziate.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

La non semplicità e delle questioni e delle inerenti ricadute processuali consiglia la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

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