Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23660 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. I, 11/11/2011, (ud. 14/10/2011, dep. 11/11/2011), n.23660

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12942-2007 proposto da:

FALLIMENTO CASILLO GRANI S.N.C., (c.f. (OMISSIS)), in persona del

Curatore dott. D.B.M., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ASIAGO 8, presso l’avvocato AURELI STANISLAO, rappresentato e

difeso dall’avvocato INZITARI BRUNO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A. (P.I. (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 173, presso l’avvocato MACCARONE

SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ALLEGRUCCI ROBERTO, giusta procura speciale per Notaio dott. MARIO

NEGRO di ROMA – Rep. n. 153.067 del 22.5.07;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1290/2006 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 28/12/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/10/2011 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato PARENTI PATRIZIA, con delega,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato SPINELLI STEFANO, con

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso e deposita nota, spese;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Respingendo l’appello proposto dalla curatela del fallimento della s.n.c. Casillo Grani, la Corte d’appello di Bari, con la sentenza 28 dicembre 2006, ha confermato le statuizioni contenute nella sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Foggia, che aveva dichiarato inammissibili le domande proposte dalla curatela nei confronti della Banca Nazionale del Lavoro s.p.a.. In particolare, è stata ritenuta inammissibile la domanda revocatoria, perchè riferita ad operazioni anteriori al biennio di riferimento indicato dall’art. 67, comma 1, L. Fall., calcolato a ritroso dalla dichiarazione di fallimento pronunciata dal Tribunale di Foggia nel marzo 1996, non potendosi tener conto della precedente dichiarazione di fallimento pronunciata dal Tribunale di Nola in data 8 settembre 1994, cassata per incompetenza. Tale rilievo rendeva superflua l’ulteriore considerazione – “posta in evidenza dalla difesa della banca e che per completezza viene formulata” – circa la mancata individuazione delle singole operazioni revocabili ex art. 67, comma 1, nn. 1, 2 e 3. E’ stata altresì ritenuta inammissibile la domanda di rideterminazione degli interessi sul credito della banca ammesso al passivo, perchè non proposta nella forma e nei termini dell’opposizione allo stato passivo, ma in una causa instaurata per il risarcimento dei danni da erogazione abusiva di credito.

2. Per la cassazione della sentenza, notificata il 2 marzo 2001, ricorre il fallimento con atto affidato a due motivi, illustrato anche con memoria.

La banca resiste con controricorso.

3. Con il primo motivo di ricorso, il fallimento censura per violazione o falsa applicazione dell’art. 67, nonchè artt. 45 e 50, L. Fall., la decisione della corte territoriale, secondo la quale, qualora la sentenza dichiarativa di fallimento sia annullata per incompetenza, il dies a quo per la decorrenza a ritroso del termine che delimita il periodo sospetto decorre dalla data, successiva, in cui il fallimento è stato dichiarato dal giudice competente.

3.1. Nel controricorso si deduce l’inammissibilità del motivo, perchè diretto a censurare solo una delle rationes decidendi enunciate nell’impugnata sentenza, e non anche quelle concernenti l’anteriorità delle operazioni da revocare rispetto al periodo sospetto, e l’omessa specificazione delle operazioni da revocare. Il rilievo è infondato. L’accertamento dell’anteriorità delle operazioni da revocare rispetto al periodo sospetto non è alternativo, bensì dipendente dall’individuazione del dies a quo da considerare nel caso in cui si siano succedute due sentenze dichiarative del medesimo fallimento, come nella fattispecie di causa; e l’omessa specificazione delle operazioni da revocare avrebbe condizionato la stessa ammissibilità della domanda, alla quale sarebbe stata pregiudiziale, laddove la corte ha mostrato di essere in grado di identificare l’oggetto della revocatoria proposta, accertandone la datazione anteriore al periodo sospetto calcolato a ritroso dalla seconda dichiarazione di fallimento, e identificando l’ultima operazione oggetto della domanda di revocazione – proposta a norma dell’art. 67, comma 1, nn. 1, 2 e 3, e comma 2 – in quella compiuta il 6 luglio 1993 (con l’osservazione conclusiva – evidentemente riferita alla data della seconda dichiarazione di fallimento – che il 6 luglio 1993 sarebbe fuori dell’arco temporale di riferimento anche biennale rispetto al 26 marzo 1996). Non è dunque esatto che nell’impugnata sentenza siano presenti sul punto in esame ulteriori ragioni alternative, ciascuna delle quali idonea anche da sola a sorreggere la decisione, e che la curatela avesse l’onere d’impugnare in questa sede.

3.2. Sul punto in discussione questa corte ha già avuto ripetutamente modo di affermare il principio, condiviso dal collegio, che, in tema di revocatoria fallimentare, il periodo sospetto di cui all’art. 67, L. Fall., nell’ipotesi di dichiarazione di fallimento pronunciata da tribunale incompetente cui segua altra dichiarazione resa, nei confronti del medesimo imprenditore, da tribunale poi ritenuto competente dalla Corte di Cassazione, si computa a ritroso dalla data della prima sentenza; risultano invalidati, infatti, solo gli effetti regolativi della prima pronuncia, anche se emessa da giudice incompetente, restando assorbiti, perchè ribaditi, gli effetti di accertamento dei presupposti soggettivi ed oggettivi del fallimento, in applicazione dell’art. 50 cod. proc. civ. (che prevede la prosecuzione del procedimento avanti al giudice individuato come competente dalla Corte di Cassazione) e del principio di unitarietà della procedura concorsuale, con un effetto di stabilità già implicito nel sistema anche prima della sua espressa enunciazione ad opera dell’art. 9-bis, L. Fall., introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006 (Cass. 28 maggio 2008 n. 14065; 5 novembre 2010 n. 22544; nonchè, in motivazione, 9 giugno 2011 n. 12638).

L’enunciato principio deve essere ribadito con riferimento alla presente fattispecie, e il ricorso è pertanto per questa parte fondato.

4. Con il secondo motivo si censura l’affermazione della corte territoriale, che la domanda di rideterminazione degli interessi sarebbe preclusa dall’omessa impugnazione dello stato passivo. Si deduce che la domanda di rideterminazione degli interessi era stata svolta in citazione in connessione con la domanda revocatoria, nella quale si faceva riferimento specifico allo smodato tasso degli interessi praticato dalla banca, e costituiva una domanda restitutoria degli interessi pagati dalla fallita prima della dichiarazione di fallimento, obbligo discendente sia dalla violazione della regola della determinazione per iscritto degli interessi ultralegali (art. 1284 c.c.), e sia dalla domanda revocatoria facente riferimento alla misura sproporzionata degli interessi. Si formula il quesito se l’esecutività dello stato passivo di cui all’art. 97, L. Fall., precluda l’accoglimento di una domanda di determinazione degli interessi applicati dalla banca in violazione dell’art. 1284 c.c. posto che l’ammissione del saldo passivo del conto corrente non preclude la possibilità di far valere la nullità degli addebiti per interessi operati dalla banca nel corso del rapporto, non comportando alcun accertamento della validità delle singole partite iscritte nel corso del rapporto.

Anche su questo punto la corte ha avuto già modo di pronunciarsi, affermando il principio che, in tema di definitiva formazione dello stato passivo non è possibile, al di fuori del fallimento e nel corso della sua pendenza, contestare in sede di cognizione ordinaria la validità o l’efficacia degli stessi titoli posti a fondamento delle domande di ammissione al passivo e, quindi, necessariamente oggetto di esame e di valutazione ai fini della formazione dello stato passivo; e che è conseguentemente inammissibile la domanda di rideterminazione degli interessi convenzionali ultralegali, proposta in via subordinata e dunque per l’ipotesi di rigetto dell’azione revocatoria fallimentare (Cass. 9 giugno 2011 n. 12638). Del resto, si è anche osservato – e l’osservazione vale anche nel caso oggi all’esame della corte – in tesi, l’accoglimento di quest’ultima, conducendo alla dichiarazione d’inefficacia delle operazioni poste in essere sul conto corrente, comporterebbe di per sè il diritto alla restituzione degli interessi legali.

Il motivo è dunque infondato.

7. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza che, su premessa opposta a quella qui accolta in ordine alla determinazione del dies a quo per la determinazione del periodo rilevante ai fini della revocatoria fallimentare, ha dichiarato inammissibili le domande revocatorie proposte dalla curatela fallimentare. La causa deve essere quindi rinviata alla medesima corte del merito che, decidendo in altra composizione, anche ai fini del regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità, si uniformerà al seguente principio di diritto:

nell’ipotesi in cui, ad una prima dichiarazione di fallimento da parte del tribunale, poi riconosciuto incompetente dalla S.C. in sede di conflitto di competenza, segua una seconda dichiarazione di fallimento dello stesso imprenditore da parte del tribunale designato dalla suprema corte competente, il dies a quo per la determinazione del periodo rilevante ai fini dell’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare, nell’art. 67, L. Fall., è costituito dalla prima sentenza dichiarativa del fallimento.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, e rigetta il secondo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bari, in altra composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 14 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

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