Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23660 del 10/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 10/10/2017, (ud. 28/06/2017, dep.10/10/2017),  n. 23660

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1511-2015 proposto da:

B.E., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

PIERLUIGI LAPOLLA giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE, 49,

presso lo studio dell’avvocato MONICA BASTA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato TOMMASO CALCULLI giusta procura

speciale in calce dell’atto di costituzione;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 304/2013 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 31/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel 1992 L.G., premesso di aver stipulato in data 24 agosto 1978, un contratto preliminare di compravendita relativo ad un lotto di terreno di proprietà di P.F., per conto del quale aveva trattato il geom. B.E., convenne in giudizio sia il L. che il P. chiedendo, in via principale, l’esecuzione specifica del contratto ex art. 2932 cod. civ. e, in subordine, la risoluzione del detto contratto preliminare e il risarcimento integrale dei danni, in essi compresi la restituzione del doppio della caparra e i danni morali.

Il P. si costituì sostenendo di non conoscere l’attore e allegando l’inesistenza di una valida procura rilasciata al B. nonchè l’assenza di ogni convalida o ratifica del preliminare da questi sottoscritto in suo nome.

Il B. nel costituirsi, eccepita preliminarmente la prescrizione, dedusse poi di nulla dovere e, sostenendo che la mancata stipula del contratto definitivo fosse da addebitare all’inerzia del promissario acquirente, propose, altresì, domanda riconvenzionale volta alla risoluzione del contratto da imputarsi al L., alla declaratoria di legittimità della sua pretesa di trattenere la caparra, al risarcimento dei danni per la mancata conclusione del contratto, e chiese, infine, la condanna dell’attore ex art. 96 cod. proc. civ..

Il Tribunale di Matera, con sentenza del 29 aprile 2005, accolse solo parzialmente la domanda ed infatti rigettò la domanda ex art. 2932 cod. civ., risultando provato che il B. aveva contrattato quale falsus procurator, essendo venuto meno da tempo il sottostante rapporto di procura con il P.; accolse la domanda subordinata di risoluzione contrattuale avanzata nei confronti del B., con conseguente condanna di quest’ultimo alla restituzione della caparra versata, oltre interessi legali, rigettò tutte le restanti pretese avanzate dal L. nei confronti dei convenuti singolarmente o congiuntamente, accertò l’estraneità del P. al rapporto e la mancanza dei presupposti per l’accoglimento della domanda di condanna ex art. 96 cod. proc. civ. avanzata da quest’ultimo nei confronti del L. e compensò interamente tra le parti le spese di lite.

Avverso la sentenza del Tribunale di Matera L.G. ed B.E. proposero due distinti appelli, poi riuniti.

La Corte di appello di Potenza, con sentenza depositata in data 31 ottobre 2013, accolse l’impugnazione proposta dal L. limitatamente a quanto indicato nella motivazione della sentenza di secondo grado, condannò B.E. al pagamento in favore del predetto appellante della somma di Euro 2.582,28, oltre rivalutazione monetaria e interessi come precisato in quella sentenza, rigettò integralmente l’appello proposto da B. nei confronti del L., rigettò ogni altra domanda e condannò il B. al pagamento dei due terzi delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio di merito. Avverso la sentenza della corte di merito B.E. ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi e illustrato da memoria.

L.G. ha resistito con atto di costituzione datato 29 aprile 2015, chiedendo di poter discutere oralmente la causa, e ha poi depositato memoria difensiva a seguito della novella di cui al D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni, nella L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La memoria depositata da L.G. deve ritenersi ammissibile. Ed invero, relativamente ai ricorsi per cassazione depositati prima del 30 ottobre 2016, per i quali venga successivamente fissata adunanza camerale, in forza del nuovo rito introdotto con il D.L. n. 168 del 2016 (conv., con modif., dalla L. n. 197 del 2016), deve riconoscersi al resistente, pur costituitosi tardivamente al fine di partecipare alla discussione orale, la facoltà di depositare memoria, per evitare disparità di trattamento rispetto ai processi trattati in pubblica udienza ed in attuazione del principio costituzionale del giusto processo, di cui all’art. 111 Cost. oltre che dell’art. 6 CEDU, e deve ritenersi che tale attività rileva ai fini del computo delle spese processuali (Cass., ord., 22/02/2017, n. 4533, v. anche Cass., ord., 27/02/2017, n. 4906; Cass., ord., 24/03/2017, n. 7701, Cass., ord., 19/05/2017, n. 12657).

2. Non è fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività dello stesso, sollevata dal resistente, evidenziandosi che comunque la tempestività del predetto atto va verificata d’ufficio.

Si osserva al riguardo che il cd. termine lungo per proporre l’impugnazione e di cui all’art. 327 cod. proc. civ., secondo la normativa ratione temporis applicabile nella specie, tenuto conto della data dell’instaurazione del giudizio (1992), è pari ad un anno e quarantasei giorni; sicchè, essendo stata la sentenza impugnata depositata il 31.10.2013, il ricorso risulta tempestivamente presentato all’Ufficiale giudiziario per la notifica e notificato il 16 dicembre 2014.

3. Con il primo motivo, rubricato “Art. 360 c.p.c., n. 4: nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 331 c.p.c.; art. 360 c.p.c., n. 3: violazione e falsa applicazione di norme di diritto – art(t). 331 c.p.c.”, si sostiene che, non essendo stati entrambi gli atti di appello notificati al P., cui era stato invece notificato l’atto di citazione in primo grado, la Corte di merito avrebbe dovuto rilevare d’ufficio la non integrità del contraddittorio e ordinare ad entrambi gli appellanti l’integrazione dello stesso nei confronti del predetto, trattandosi di causa inscindibile, avendo il L. avanzato in prime cure la sua domanda congiuntamente nei confronti del B. e del P. e chiesto la condanna solidale degli stessi.

3.1. Il motivo è infondato, trattandosi nella specie di cause scindibili, come correttamente ritenuto dalla Corte di merito, atteso che, di norma, l’obbligazione solidale passiva non fa sorgere un rapporto unico ed inscindibile e non dà luogo a litisconsorzio necessario nemmeno in sede di impugnazione, per cui non è necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei debitori che siano rimasti estranei al giudizio anche solo nella fase di appello per essere stata la sentenza impugnata pronunciata pure nei loro confronti (Cass. 26/03/2001, n. 4364; Cass. 16/11/2006, n. 24425; v. anche Cass. 14/07/2009, n. 16391).

4. Con il secondo motivo, rubricato “Art. 360 c.p.c., n. 4: nullità della sentenza e del procedimento. Art. 360 c.p.c., n. 3: violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 342 c.p.c.”, il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile (oltre che infondato) l’appello proposto dal B. perchè privo dei requisiti minimi di specificità.

4.1. Il motivo va disatteso, risultando corretta tale statuizione di inammissibilità dell’appello proposto dal B., in relazione a quanto ancora rileva in questa sede (restituzione della caparra e pagamento degli interessi), evidenziandosi a tale riguardo che, in base a quanto riportato in ricorso, non risulta che il B. abbia dedotto in secondo grado in base a quali elementi sosteneva che non fossero mai stati chiesti, ex adverso, la restituzione della caparra e gli interessi.

5. Con il terzo motivo, rubricato “Art. 360 c.p.c., n. 5: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti”, il ricorrente assume che la Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto che egli abbia agito senza i poteri per contrattare in nome e per conto del P. e che fosse ben consapevole della sua qualità di falso rappresentante di quest’ultimo, in quanto la medesima Corte avrebbe “omesso completamente di considerare e valutare i poteri conferiti dal P. al B. e tutto quanto al riguardo era emerso nel corso del giudizio”.

5.1. Il motivo è inammissibile, in quanto involge questioni di fatto e tende, in sostanza, ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, non consentita in questa sede.

6. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

7. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, tenuto conto di quanto evidenziato al p. 1.

8. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore del controricorrente, in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2017

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