Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23659 del 31/08/2021

Cassazione civile sez. II, 31/08/2021, (ud. 11/12/2020, dep. 31/08/2021), n.23659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7183-2016 proposto da:

C.G., A.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE SOMALIA 35, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

CARANCI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

L.C., Z.L., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO

PANARITI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato LELIO

LIMONI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1334/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 19/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.G. ed A.S. convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Verona Z.L. e L.C..

Gli attori, premesso di avere acquistato dai convenuti – con atto stipulato il 27 settembre 2001 – la proprietà di un appartamento sito in (OMISSIS), esponevano che la medesima unità immobiliare presentava gravi vizi (umidità, infiltrazioni e muffa su due pareti, nonché inconvenienti dell’impianto di riscaldamento), denunciati ai venditori con telegramma in data 5 ottobre 2001 e riscontrati a mezzo di apposito accertamento tecnico preventivo.

Chiedevano, quindi gli attori, la restituzione della parte del prezzo corrispondente alla diminuzione del valore dell’immobile e la condanna al risarcimento del danno quantificato in Euro 25.822,84.

I convenuti, costituitisi in giudizio, contestavano l’avversa domanda e ne chiedevano il rigetto.

L’adito Tribunale, con sentenza n. 2181/2007, accertata la presenza di vizi sulle pareti dell’immobile, ne riducevano il prezzo in misura corrispondente al costo per l’eliminazione dei vizi stessi (valutato in Euro 9.585,18).

Lo Z. e la L. interponevano appello avverso la sentenza del Tribunale, di cui chiedevano la totale riforma.

Il gravame era resistito dagli appellati originari attori, che instavano per la conferma della decisione del Tribunale di prima istanza.

La Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 1334/2015, in totale riforma della decisione del Tribunale di prima istanza, respingeva la domanda proposta dai C.- A. nei confronti dei Z.- L..

Nell’occasione e per quanto rileva ai fini dell’odierno decidere la Corte distrettuale, a differenza di quanto ritenuto dal Giudice di prime cure, non valutava come nascoste dagli arredi le chiazze di umidità lamentate ed accertate, con conseguente affermazione dell’esonero da responsabilità per facile riconoscibilità dei vizi oggetto dell’eccezione, accolta, sollevata dagli appellanti già convenuti.

Per la cassazione della sentenza della Corte territoriale ricorrono i C.- A. con atto affidato a due ordini di motivi e resistito con controricorso dalle parti intimate.

Le parti ricorrenti e quelle controricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il vizio di omesso esame di un fatto storico decisivo quale la presentazione dell’immobile agli acquirenti come privo di vizi in quanto “completamente restaurato”.

Il motivo non può essere accolto.

Deve evidenziarsi che la doglianza dei ricorrenti attiene, in buona parte, a profilo fattuale non rientrante nella fattispecie di cui all’invocato parametro normativo processuale (art. 360 c.p.c., n. 5).

Più in particolare va rilevato che l’oggetto sostanziale della censura non è diretto a focalizzare un preciso fatto che sia stato oggetto di omessa valutazione.

La medesima censura appare, viceversa, tesa a far erroneamente intendere come omessa valutazione ciò che, in effetti, ha costituito oggetto di considerazione e valutazione (pur se in termini diversi da quanto auspicato dai ricorrenti) ovvero il giudizio stesso sulla riconoscibilità dei lamentati vizi.

Per di più il giudizio dato su tale facile riconoscibilità è stato congruamente motivato dalla decisione gravata a mezzo di logiche deduzioni ed argomentazioni quali, più specificamente ancora, quella relative al risultante fatto che vi era stata visibilità delle macchie, viste anche da altri visitatori dell’appartamento ed inesistenza di operazioni fraudolente di occultamento a mezzo di utilizzazione dell’arredamento al fine di nascondere.

Peraltro, ancora, va rilevato come – secondo consolidato orientamento giurisprudenziale – l’utilizzazione per la presentazione di quanto proposto in vendita come idoneo al “buon funzionamento” o “completamente restaurato” non equivale automaticamente a dichiarazione di esenzione da vizi (ex plurimis: Cass. n. ri 2862/1997 e 695/2000).

Il motivo deve, dunque, essere respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, il vizio di omesso esame di un fatto storico decisivo quale la “la accertata carenza del requisito della facile riconoscibilità dei vizi che gravavano sul bene compravenduto”.

Il motivo non è fondato per lo steso ordine di motivi innanzi già esposti.

In ogni caso lo stesso coinvolge valutazioni di genere fattuale già adeguatamente svolte dalla Corte del merito e non più ripetibili in sede di legittimità.

Il motivo e’, quindi, del tutto inammissibile.

3.- Il ricorso va, pertanto, rigettato.

4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come da dispositivo.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore delle parti controricorrenti delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.900,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2021

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