Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23659 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. III, 27/10/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 27/10/2020), n.23659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLIVIERI Stefano – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26153-2018 proposto da:

D.G.M.G., in proprio e quale legale rappresentante

della D.G.M. SOLUTION & C SNC, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA E. MOROSINI 16, presso lo studio dell’avvocato GUIDO

GUERRA, rappresentato e difeso dall’avvocato UGO DELLA MONICA;

– ricorrente –

contro

COMPRITAL SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S NICOLA DE

CESARINI 3, presso lo studio dell’avvocato LUCA VIANELLO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARINA FRANCESCA

VALLINO, GIUSEPPE VALLINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1153/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 5/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 1/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Comprital S.p.a. propose appello avverso la sentenza n. 13964/2016, pubblicata il 21 dicembre 2016, con cui il Tribunale di Milano, accogliendo in parte le domande proposte nei suoi confronti da D.G.M. Solution S.n.c. e dal suo legale rappresentante D.G.M.G., l’aveva condannata al pagamento di Euro 53.472,35, precisando l’appellante che tale somma, comprensiva dell’indennità di mancato preavviso, delle provvigioni dirette ed indirette, del premio target e delle indennità terminali, conseguiva al recesso della preponente Comprital S.p.a. dal contratto di agenzia stipulato in data 31 marzo 2009 e avente a oggetto la promozione di contratti di vendita di ingredienti in polvere e in pasta per gelateria, pasticceria e torrefazione in diverse regioni.

Si costituirono in secondo grado D.G.M. Solution S.n.c. di Brasile Giovanna & C (ragione sociale così indicata nell’intestazione della sentenza di secondo grado) e il suo legale rappresentante D.G.M.G., in proprio, che contestarono l’impugnazione avanzata dalla controparte e proposero, a loro volta, appello incidentale.

La Corte di appello di Milano accolse in parte l’appello principale e, per l’effetto, condannò la Comprital S.p.a. al pagamento, in favore della società appellata, della minor somma di Euro 38.776,96, oltre interessi moratori commerciali ex D.Lgs. n. 231 del 2002 dal 31 agosto 2009 sino al saldo effettivo, a titolo di indennità per mancato preavviso, rigettò la domanda di liquidazione del premio target formulata dalla D.G.M. Solution s.n.c. di Brasile Giovanna & C., rigettò l’appello incidentale proposto dalla società da ultimo indicata e da D.G.M.G. in proprio, confermò nel resto la sentenza impugnata e compensò integralmente le spese processuali di quel grado tra le parti.

Avverso la sentenza della Corte di merito D.G.M.G., in proprio e quale legale rappresentante della D.G.M. Solution s.n.c. & C. (v. intestazione ricorso e procura), ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Comprital S.p.a. ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo è così rubricato: “Illegittimità della sentenza impugnata per violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Violazione e falsa applicazione art. 1372 e 1373 c.c. e art. 2697 c.c. Violazione e falsa applicazione art. 50 c.p.c.”.

1.1. Con tale mezzo la parte ricorrente sostiene che, essendo il contratto di agenzia di cui si discute in causa intercorso per tabulas tra D.G.M. Solution s.n.c. e Comprital S.p.a., quest’ultima era tenuta ad indirizzare la lettera di recesso alla società per prima indicata e non a D.G.M.G. in proprio e che, pertanto, l’affermazione della Corte di merito secondo cui il recesso sarebbe stato comunicato al D.G. evidentemente nella sua qualità di legale rappresentante della D.G.M. Solution S.n.c. si baserebbe su una mera presunzione, priva di ogni “validità probatoria, avuto anche riguardo alla circostanza che anche B.G. era legale rappresentante della D.G.M. Solution alla quale nessuna comunicazione veniva inoltrata”. Ad avviso della parte ricorrente, confermerebbe il suo assunto la circostanza che la stessa Comprital S.p.a. aveva inviato la successiva comunicazione del 6 ottobre 2009, relativa alla volontà di concedere il preavviso trimestrale, alla D.G.M. Solution.

1.2. La parte ricorrente inoltre lamenta che non le sia stato consentito di provare che il contratto di agenzia in parola, “formalmente a tempo indeterminato, era di fatto” a tempo determinato (due anni), sicchè Comprital S.p.a. non avrebbe potuto esercitare alcun recesso, evidenziando di aver richiesto al Tribunale di Milano la concessione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, all’udienza del 19 dicembre 2013 e di aver reiterato tale richiesta all’udienza del 15 ottobre 2014, in cui il Giudice aveva, invece, rinviato per la precisazione delle conclusioni, sul rilievo che “non era prevista la regressione del procedimento”. Assume la parte ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, con la concessione dei chiesti termini non si sarebbe determinata alcuna regressione del procedimento atteso che le richieste istruttorie (prova per testi e c.t.u.) erano state formulate sin dal ricorso introduttivo davanti al Tribunale, inizialmente adito, di Nocera Inferiore – Sezione lavoro, che aveva ammesso la c.t.u., riservandosi ogni altro provvedimento sulle ulteriori istanze istruttorie e che, una volta espletata la c.t.u., si era dichiarato incompetente; era stato poi proposto regolamento di competenza e la causa era stata quindi riassunta dinanzi al Tribunale di Milano, del quale era stata dichiarata la competenza. Alla prima udienza dinanzi a quest’ultimo Giudice erano stati chiesti i termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, ma il detto Tribunale aveva disposto l’acquisizione del fascicolo del Tribunale di Nocera Inferiore; alla successiva udienza del 21 maggio 2014, acquisito tale fascicolo, il giudice aveva autorizzato le parti alla ricostruzione dei fascicoli e poi aveva rinviato all’udienza del 15 ottobre 2014, in cui la causa, come già evidenziato, era stata rinviata per la precisazione delle conclusioni. La parte ricorrente precisa ancora una volta (v. ricorso per cassazione p. 12) che, se fossero stati concessi tali termini, avrebbe potuto articolare prove per dimostrare la natura determinata del contratto di agenzia (24 mesi) con conseguente suo diritto di ottenere il risarcimento del danno, essendo stato il recesso esercitato senza giusta causa, e che con la prova illegittimamente disattesa avrebbe “voluto e potuto dimostrare”, altresì, l’aumento di clientela e di fatturato procurato alla Comprital, con frutti percepiti anche nel periodo successivo al contestato recesso nonchè la lesione al diritto di immagine subita.

1.3. Il motivo è, in parte, inammissibile e, in parte, infondato e deve, pertanto, essere complessivamente rigettato.

1.4. Risultano inammissibili le doglianze riportate al p. 1.1..

Al riguardo si osserva che, attraverso l’asserita violazione e falsa applicazione degli artt. 1372 e 1373 c.c., la parte ricorrente ripropone le censure già sollevate con il primo motivo di appello, con il quale aveva chiesto, sostanzialmente, una diversa valutazione dei fatti secondo la sua prospettiva. Inoltre, le censure all’esame non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata in questa sede (v. p. 6-8) secondo cui: a) andava confermata la valutazione di validità del recesso operata dal Tribunale che, contrariamente a quanto censurato, non si fondava su una mera presunzione; b) ed invero dalle premesse degli atti introduttivi di primo grado risultava che l’interlocutore di Comprital S.p.a. fosse stato sempre il D.G., fin dal 2005, prima come mandatario, quindi come lavoratore subordinato e, dal 1 aprile 2009, a nome della società da lui creata; c) dai documenti prodotti emergeva che la lettera del 20 luglio 2009 avesse la finalità di comunicare il recesso dal contratto di agenzia stipulato dalla Comprital con D.G.M. Solution S.n.c.; d) la circostanza che l’intestazione di detta lettera recasse il nome del D.G., indicato – secondo la Corte di merito – non come persona fisica ma come legale rappresentante della società di persone, era confermata dal fatto che era indubbio che il D.G. rivestisse tale posizione, come avvalorato dalla visura catastale nonchè dalla successiva lettera del 6 ottobre 2009, con cui Comprital aveva comunicato il decorso del termine di preavviso facendo riferimento alla “… raccomandata in cui comunicavamo al Vostro rappresentante legale Sig. D.G.M. la nostra disdetta del mandato conferitoVi…”; e) nessun equivoco poteva esserci in relazione all’individuazione del destinatario della comunicazione di recesso all’esame, considerato anche che all’epoca non erano in corso tra Comprital e D.G. persona fisica ulteriori rapporti contrattuali e che la S.n.c. da questi rappresentata aveva effettivamente, a far tempo dal mese di settembre, interrotto l’invio di ordini; f) la clausola n. 8 del contratto in parola prevedeva espressamente un rapporto a tempo indeterminato; g) non era stata fornita la prova dell’asserito patto aggiunto secondo cui il contratto avrebbe avuto una durata non inferiore a 24 mesi: la parte appellata non aveva, infatti, nuovamente depositato il proprio fascicolo di parte di primo grado, nel quale sarebbero state contenute le e-mail attestanti la conclusione di un patto aggiuntivo in deroga alla clausola 8 del contratto e la richiesta di ammissione di prove orali dedotte nel corso del giudizio di primo grado non era stata reiterata all’udienza di precisazione delle conclusioni in quel grado (nè, tanto meno, nell’atto di costituzione in sede di appello, in cui sarebbero state comunque inammissibili, non essendo state riproposte nelle conclusioni precisate in precedenza), sicchè le censure mosse avverso la mancata ammissione di tali prove da parte del Tribunale dovevano “essere anche per tali ulteriori ragioni disattese, a prescindere da qualsivoglia valutazione in ordine alla loro rilevanza”.

1.5. Anche le doglianze riportate al p. 1.2. non possono essere accolte.

Ed invero, dalla trascrizione di p. 12 del ricorso ex art. 414 c.p.c. e dei verbali di udienza dinanzi al Tribunale di Milano (v. ricorso p. cassazione p. 13 e sgg.) risulta che le istanze istruttorie erano state formulate nel ricorso introduttivo e che la richiesta di ammissione di prove non era stata riproposta all’udienza del 15 ottobre 2014 (cui la causa era stata rinviata dal 21 maggio 2014 proprio “per decidere sulle ricostruzioni (dei fascicoli di parte) e sulle prove sollecitate”), essendosi la parte attorea, nella ricordata udienza dell’ottobre 2014, limitata a chiedere soltanto l’assegnazione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6. Le censure in esame non investono, inoltre, l’altra ratio decidendi, secondo cui la doglianza proposta in appello circa la dedotta invalidità del recesso per essere il contratto stipulato a tempo determinato (24 mesi), nonostante l’espressa previsione di durata indeterminata dello stesso di cui alla clausola n. 8, fosse sfornita di supporto documentale, non avendo la parte appellata nuovamente depositato in grado di appello il fascicolo di primo grado, essendo del tutto inconferente il rilievo (v. p. 12 e 16 del ricorso per cassazione) che le parti avessero provveduto alla ricostruzione dei rispettivi fascicoli in primo grado.

A quanto precede va aggiunto che la parte ricorrente non fornisce alcuna specifica indicazione, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, dello “stato” del processo al momento della riassunzione ex art. 50 c.p.c., essendosi la parte ricorrente limitata solo a riferire (v. ricorso per cassazione p. 12) che il Tribunale di Nocera Inferiore – Sezione Lavoro, inizialmente adito, “ammetteva la CTU riservando all’esito ogni altro provvedimento, sulle altre richieste istruttorie. Espletata la CTU, con ordinanza si dichiarava incompetente”, senza precisare, quindi, se la fase istruttoria si fosse già conclusa dinanzi a quel Giudice (nel qual caso correttamente il Tribunale di Milano avrebbe opposto il suo rifiuto a disporre la regressione della causa alla fase di trattazione) oppure no. Nè la parte ricorrente ha riportato il tenore letterale dei verbali di udienza dinanzi al Giudice inizialmente adito.

Alla luce di quanto sopra evidenziato la censura in scrutinio è inammissibile.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Illegittimità della sentenza impugnata per violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Violazione e falsa applicazione art. 1751 c.c.”, la parte ricorrente censura la valutazione probatoria operata dalla Corte territoriale in relazione alle cd. indennità terminali spettanti all’agente e lamenta, in sostanza, che non le siano state riconosciute le indennità previste dall’art. 1751 c.c. ma soltanto quelle previste dall’Accordo collettivo (AEC).

2.1. Il motivo è inammissibile.

La parte ricorrente, pur sostenendo la spettanza delle indennità richieste, in quanto sarebbe stata provata la sussistenza dei presupposti delle stesse dalla svolta c.t.u., omette di trascrivere il tenore letterale di tale consulenza sul punto; inoltre, deduce di aver sottoposto all’attenzione del secondo ausiliare del giudice la documentazione già offerta al vaglio del primo consulente d’ufficio neppure specificamente indicata ed evidentemente contenuta nel fascicolo di parte di primo grado, che la Corte di merito ha affermato non essere stato depositato – da cui sarebbe risultato un differenziale in aumento del fatturato tra il 2008 e il 2009, ma non supera la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale non ha contestato il dedotto aumento di fatturato (unico elemento accertabile nella specie, v. sentenza impugnata p. 16) ma ha escluso, invece, che sia stata fornita la prova degli ulteriori presupposti cui è subordinato il riconoscimento dell’indennità ex art. 1751 c.c. analiticamente indicati a p. 16 della sentenza impugnata (numero dei clienti procurati dall’agente ovvero entità degli affari che questi avrebbe sviluppato, ovvero ancora quali clienti fossero rimasti in carico a Comprital S.p.a. dopo la cessazione del rapporto di agenzia, equità del pagamento dell’indennità, avuto riguardo alle provvigioni che sarebbero state percepite dall’agente).

3. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

4. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore della controricorrente, in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

 

 

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