Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23659 del 24/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 24/09/2019, (ud. 27/02/2019, dep. 24/09/2019), n.23659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINO Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26362-2017 R.G. proposto da:

CONAUTO s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

S.M., rappresentata e difesa, per procura speciale a margine

del ricorso, dall’avv. Aldo GRASSI, ed elettivamente domiciliata in

Roma, alla via Cicerone, n. 44, presso lo studio legale dell’avv.

Paolo SANTORO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 336/02/2017 della Commissione tributaria

regionale delle MARCHE, depositata il 13/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/02/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. In controversia relativa ad impugnazione di una cartella di pagamento emessa nei confronti della Conauto s.r.l. ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60-bis, per solidarietà con la Leadercar di F.C. nel versamento dell’IVA dovuta in relazione ai rapporti commerciali (acquisto di due autovetture) intercorsi con quest’ultima società nell’anno d’imposta 2007, con la sentenza impugnata la CTR accoglieva l’appello agenziale confermando la legittimità della cartella di pagamento, previo rigetto dell’eccezione di incompetenza territoriale dell’amministrazione finanziaria perchè “la preventiva fase di liquidazione dell’IVA era stata svolta dall’Agenzia delle entrate di Ascoli Piceno nei confronti dell’impresa LEADECAR” cedente, e “la stessa Agenzia ha provveduto ad iscrivere il debito a ruolo, reso esecutivo in data 18 maggio 2011, in forza del quale l’Agenzia della riscossione della Provincia di Ancona (Equitalia Marche S.p.A.) competente territorialmente in base al domicilio fiscale del debitore solidale, ha emesso cartella di pagamento impugnata”. Sosteneva, inoltre, che, trattandosi di iscrizione a ruolo di debito tributario già definitivamente accertato, l’amministrazione finanziaria non era tenuta a far precedere la cartella di pagamento da un avviso di accertamento.

2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre con tre motivi la contribuente, cui l’intimata replica con controricorso.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 40 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58, per avere la CTR erroneamente ritenuto sussistente la competenza territoriale a procedere alla formazione del ruolo, propedeutico all’emissione della cartella di pagamento impugnata, dell’agenzia fiscale nella cui circoscrizione si trovava il domicilio fiscale della società cedente (Leadercar di F.C.), diverso da quello della ricorrente cessionaria, ricadente, invece, nella circoscrizione di altro ufficio finanziario;

– il Collegio ritiene, in difformità dalla proposta del relatore (Cass., Sez. U., n. 8999 del 2009), che il motivo sia fondato alla stregua della recente pronuncia di questa Corte (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 31054 del 30 novembre 2018), in cui si afferma che “La giurisprudenza di questa Corte, a partire dalla pronuncia delle SS.UU., 2580/1973) è orientata nel ritenere applicabili, all’obbligazione tributaria le regole civilistiche in tema di solidarietà, con la conseguenza che il riferimento alla pluralità dei rapporti obbligatori consente pacificamente che ciascuno di essi abbia vicende diverse da quelle degli altri. I principi di fondo della disciplina civilistica trovano, dunque, applicazione anche nel diritto tributario: gli effetti degli atti compiuti da o nei confronti di un condebitore, se favorevoli, possono estendersi agli altri condebitori; se sfavorevoli, non si estendono. L’atto impositivo produce così effetti soltanto nei confronti dei soggetti cui è stato notificato. L’unica semplificazione la si ha relativamente agli atti della riscossione, per la procedura con cui l’iscrizione a ruolo è portata a conoscenza dei coobbligati in solido: infatti, quando vi sono più soggetti obbligati in solido e “cointestatari” di una medesima partita di ruolo, il concessionario non è tenuto a notificare la cartella di pagamento a tutti, ma può notificarla solo al primo intestatario. La L. n. 151 del 1991, art. 11, comma 1, come modificato dal D.Lgs. n. 193 del 2001, dispone infatti che: Se i soggetti sono solidalmente tenuti al pagamento delle tasse, delle imposte indirette, dei tributi erariali… la cartella di pagamento è notificata soltanto al primo intestatario della partita iscritta a ruolo; a ciascuno degli altri soggetti tenuti in solido, il concessionario della riscossione che ha ricevuto in carico il ruolo invia una comunicazione informandolo del contenuto e della notifica della cartella. La legge prevede espressamente che il ruolo possa essere unico e, in questo caso, competente territorialmente sarà il concessionario che ha ricevuto in carico il ruolo”, nella specie quello di Ascoli Piceno;

– da tali affermazioni discende l’infondatezza anche del secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente, deducendo la violazione o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, e dell’art. 1297 c.c., lamenta l’omessa notifica nei suoi confronti dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società cedente, debitrice in via principale, essendole stata inviata “una telegrafica comunicazione” – peraltro nemmeno riprodotta nel motivo, in spregio al principio di autosufficienza del ricorso – seguita dalla cartella di pagamento impugnata;

– con il terzo motivo la ricorrente, deducendo la violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2728 c.c., sostiene di aver prodotto in giudizio “documenti pubblici (…) e precisamente l’Eurotax” idonei a far superare “la presunzione pro – fisco di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60 bis”;

– il motivo è inammissibile per difetto di sussunzione del vizio denunciato; invero, questa Corte in segna che “In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (e, quindi, non ai sensi del n. 3 di tale disposizione, dedotta invece dalla ricorrente), bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012” (Cass. n. 23940 del 2017), nella specie non dedotto; peraltro, è noto che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014); orbene, nel motivo in esame la ricorrente ha omesso tali indicazioni, nella specie viepiù necessarie in quanto la CTR ha espressamente negato che la contribuente avesse fornito una qualche prova al riguardo (sentenza, pag. 6);

– conclusivamente il ricorso va rigettato e le spese compensate tra le parti in ragione dell’intervenuto orientamento giurisprudenziale sulla questione trattata nel primo motivo di ricorso.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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