Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23658 del 31/08/2021

Cassazione civile sez. I, 31/08/2021, (ud. 10/06/2021, dep. 31/08/2021), n.23658

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13525/2015 proposto da:

Siemens s.p.a., quale avente causa della Siemens Dematic s.p.a., in

persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Viale Anicio Gallo n. 102, presso lo studio

dell’avvocato Polese Fabrizio, rappresentata e difesa dall’avvocato

Donvito Antonio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Finmek Access s.p.a. in amministrazione straordinaria, in persona del

commissario straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Largo Giuseppe Toniolo n. 6, presso lo studio dell’avvocato

Morera Umberto, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati Calogero Alessandra, De Poli Matteo, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2791/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 12/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/06/2021 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza in data 11 dicembre 2014, n. 2791, la Corte d’appello di Venezia ha, in riforma della decisione di primo grado, accolto la domanda revocatoria L.Fall., ex art. 67, comma 2, proposta dalla Finmek Access s.p.a. in a.s., con riguardo a distinti pagamenti in favore di Siemens s.p.a. per la somma complessiva di Euro 96.492,84, effettuati nel periodo sospetto.

La corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto rispetto all’unico motivo di appello ivi proposto, concernente l’elemento soggettivo della fattispecie – che non fosse condivisibile il convincimento del tribunale, al contrario sussistendo la prova, in capo alla destinataria dei pagamenti, della scientia decoctionis, come palesata da soprattutto dalle lunghe e reiterate trattative per il rientro del debito mediante pagamenti rateali (cinque lettere, in cui si lamentava il mancato pagamento delle società del gruppo, si annunciava oppure si operava la sospensione delle forniture, si concedevano dilazioni di pagamento, si richiedeva una garanzia assicurativa), che unitariamente considerate, palesavano l’esistenza di consapevolezza circa la situazione di insolvenza della debitrice.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la soccombente, sulla base di tre motivi, depositando anche la memoria di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c.

Resiste con controricorso l’intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi deducono:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. e art. 116 c.p.c., perché il giudice ha errato nell’utilizzare presunzioni semplici, prive dei requisiti di gravità precisione e concordanza, in quanto al contrario non sussisteva la propria scientia decoctionis circa l’insolvenza, difettando indizi con tali caratteri: i fatti noti, su cui la corte del merito si è fondata, sono costituiti da solo cinque comunicazioni della Siemens s.p.a., rivolte alla società capogruppo Finmek s.p.a., oltre a due comunicazioni della stessa Finmek s.p.a., che però non fornivano nessuna prova dell’assunto, mentre non sono stati valorizzati i bilanci ordinari e consolidati del 2001 e 2002, i quali mostravano utili in crescita ed aumento di produttività;

2) omesso esame di fatto decisivo, consistente nei detti bilanci;

3) omesso esame di fatto decisivo, consistente nell’aumento delle società del gruppo, che in circa un anno sono divenute da 7 a 20.

2. – Il ricorso è inammissibile, mirando nella sostanza a riproporre il giudizio sul fatto, pur sotto l’egida del vizio di violazione di legge o di motivazione, anche ex art. 360-bis c.p.c., n. 1.

Invero, tutti e tre i motivi intendono ottenere dalla S.C. una nuova valutazione degli elementi probatori, al fine di escludere, nell’assunto, la scientia decoctionis.

Tuttavia, la valutazione degli elementi di fatto, i quali hanno indotto la corte del merito ad concludere per la conoscenza effettiva dello stato di insolvenza è stata fondata sull’esame e la ponderazione delle prove offerte dalla procedura: e correttamente la sentenza impugnata ha preteso una prova piena, non meramente dubitativa, della scientia decoctionis, motivando la ritenuta sussistenza di sufficienti elementi indiziari della conoscenza effettiva dell’altrui stato d’insolvenza (e multis, Cass. 19 febbraio 2015, n. 3336).

Pertanto, la corte del merito si è pienamente attenuta al principio, secondo cui la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente, pur dovendo essere effettiva, può essere provata anche mediante elementi indiziari idonei a dimostrare per presunzioni detta effettività; all’uopo il giudice, prima è tenuto a selezionare analiticamente gli elementi presuntivi provvisti di potenziale efficacia probatoria, successivamente a sottoporre quelli prescelti ad una valutazione complessiva, tesa ad accertarne la concordanza, quindi ad appurare se la loro combinazione sia idonea a rappresentare una valida prova presuntiva (Cass. 12 novembre 2019, n. 29257).

Deve, inoltre, ribadirsi che la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione, ed il giudizio logico con cui dagli stessi si deduca l’esistenza del fatto ignoto, costituiscono un apprezzamento di fatto, che sfugge al controllo di legittimità (Cass. 8 febbraio 2019, n. 3854; Cass. 8 febbraio 2018, n. 3081). L’apprezzamento del giudice di merito circa il ricorso alla presunzione, quale mezzo di prova, come la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza, richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto, sono incensurabili in sede di legittimità: ciò si è affermato proprio in una situazione concreta in cui i fatti noti, dai quali il giudice di merito aveva desunto presuntivamente la conoscenza dello stato di insolvenza, erano rappresentati dalle lettere con cui il debitore proponeva un piano di rientro con versamenti rateali (cfr. Cass. 20 novembre 2003, n. 17596; Cass. 18 aprile 2011, n. 8827).

Le censure proposte dalla ricorrente, pur ampiamente articolate e con dovizia riproposte nella memoria” non superano però il vaglio della ammissibilità, secondo i principi ora esposti.

3. – Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al 15% ed agli accessori, come per legge.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2021

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