Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23655 del 21/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 21/11/2016, (ud. 27/09/2016, dep. 21/11/2016), n.23655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24271-2010 proposto da:

A.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato ANDREA DE

ROSA, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

Nonchè da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati TRIOLO

VINCENZO, VINCENZO STUMPO, EMANUELE DE ROSE, ANTONIETTA CORETTI,

giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

A.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1977/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/10/2009 R.G.N. 10139/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito l’Avvocato DE ROSA ANDREA;

udito l’Avvocato PREDEN SERGIO per delega verbale Avvocato STUMPO

VINCENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Fatto

Con sentenza depositata il 15.10.2009, la Corte d’appello di Roma, in riforma della statuizione di prime cure, revocava il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Viterbo aveva ingiunto all’INPS, quale gestore del Fondo di garanzia, di pagare a A.M. somme a titolo di TFR e ultime tre retribuzioni dovute in costanza di rapporto di lavoro.

La Corte, per quanto qui rileva, riteneva l’insussistenza dei presupposti per l’intervento del Fondo di garanzia per non avere la lavoratrice istante adeguatamente comprovato l’incapienza del patrimonio del datore di lavoro debitore, all’uopo non essendo sufficiente un tentativo di pignoramento mobiliare.

Contro questa statuizione ricorre A.M. con un unico motivo di ricorso. Resiste l’INPS con controricorso, nel quale propone altresì ricorso incidentale condizionato, parimenti fondato su un unico motivo, con cui si lamenta l’ingiustizia della decisione impugnata per non avere la Corte territoriale ravvisato in specie i presupposti per la decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 nel testo risultante dalla modifica apportata dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 (conv. con L. n. 438 del 1992).

Diritto

Con l’unico motivo del ricorso principale, la ricorrente lamenta che la Corte non abbia ravvisato i presupposti di legge per l’intervento del Fondo di garanzia, nonostante che, in specie, fossero stati documentati due tentativi di pignoramento mobiliare (uno da parte sua e un altro da parte del di lei fratello) presso la sede della s.n.c. N. di M. e G.N., già ritenuta dal locale tribunale piccolo imprenditore e dunque non soggetta a fallimento.

Il motivo è infondato. Va premesso che questa Corte ha da tempo posto il principio secondo cui, in caso di insolvenza di datore di lavoro non soggetto – come nella specie – alle disposizioni della legge fallimentare, grava sul lavoratore, che invochi l’intervento del Fondo di garanzia L. n. 297 del 1982, art. 2 l’onere di dimostrare che, a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata, le garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte insufficienti, e ha precisato che, a tal fine, non basta l’esistenza di una mera parvenza di esecuzione, quale deve considerarsi l’inutile esperimento di un tentativo di pignoramento mobiliare presso il debitore, quando non risultino effettuate idonee ricerche sul debitore medesimo in ordine alla eventuale titolarità, in capo allo stesso, di crediti verso terzi o di beni e diritti immobiliari, seguite, se positive, da esecuzione forzata ai sensi, rispettivamente, dell’art. 543 c.p.c. e ss. e art. 555 c.p.c. e ss. (Cass. n. 4666 del 2002 e 10953 del 2003).

Codeste ricerche, che devono essere condotte con l’uso della normale diligenza, vanno logicamente effettuate presso i luoghi ricollegabili de iure alla persona del debitore (come ad es. quelli della nascita, della residenza, del domicilio o della sede dell’impresa) e si giustificano, rispetto al minore onere imposto al lavoratore dipendente da un’impresa assoggettabile alle procedure concorsuali, in relazione al fatto che, in quest’ultimo caso, lo stato di insolvenza forma oggetto di specifico accertamento giudiziale (Cass. n. 4783 del 2003). Nè può ragionevolmente sostenersi che, estendendo l’onere della ricerca anche a luoghi diversi dal comune in cui è situata la sede dell’impresa, si graverebbe il lavoratore di un’attività che, oltre ad essere gravosa e dispendiosa per un soggetto che di norma è privo di adeguate risorse economiche, sarebbe contraria alla ratio legis, finalizzata a consentire al lavoratore di ottenere, nel tempo più breve possibile e tramite l’intervento di un soggetto diverso dall’obbligato principale, il pagamento del credito maturato e non adempiuto (come invece ritenuto da Cass. nn. 625 e 1848 del 2004), essendosi condivisibilmente obiettato che la tutela dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro non soggetto a procedure concorsuali, non essendo imposta dall’ordinamento comunitario (e segnatamente dalla direttiva 80/987/CE), resta affidata alla discrezionalità del legislatore nazionale, che può stabilirne diverse modalità di attuazione (così Cass. n. 12105 del 2008, sulla scorta di Corte cost. n. 409 del 1998).

Dovendo pertanto ritenersi che l’esito negativo della procedura individuale di esecuzione forzata non sia di per sè solo sufficiente al fine di ottenere il pagamento di quanto dovuto dal Fondo di garanzia, risultando piuttosto meramente funzionale all’accertamento dell’insufficienza totale o parziale delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro inadempiente, coerentemente con il disposto dell’art. 2740 c.c. e con l’assunzione in via sussidiaria delle obbligazioni già gravanti sul datore di lavoro da parte del Fondo di garanzia (così ancora Cass. n. 12105 del 2008), resta da ribadire che le ricerche imposte al lavoratore costituiscono in quest’ottica mera espressione dell’ordinaria diligenza che l’ordinamento richiede a qualunque titolare di una situazione giuridica di vantaggio, quale ne sia il contenuto, per poterla utilizzare conformemente alla sua funzione e trarne la corrispondente utilità (Cass. nn. 4783 del 2003 e 12105 del 2008, entrambe citt.), dovendo semplicemente escludersi che, una volta effettuate tali ricerche, il lavoratore debba necessariamente esperire procedure esecutive che appaiano prima facie infruttuose o aleatorie, essendo i loro costi certi, secondo un criterio di ragionevole probabilità, superiori ai benefici futuri (v. in tal senso Cass. n. 14447 del 2004).

Sulla scorta dei suesposti principi, così ricostruiti già da Cass. n. 17593 del 2016, balza evidente l’infondatezza della doglianza mossa da parte ricorrente alla sentenza impugnata, della quale va semplicemente corretta, negli anzidetti termini, la motivazione. Pertanto, assorbito il ricorso incidentale, il ricorso principale va rigettato, sussistendo comunque giusti motivi per compensare le spese di lite in relazione alle alterne pregresse vicende di merito.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2016

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