Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23653 del 10/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 10/10/2017, (ud. 20/04/2017, dep.10/10/2017),  n. 23653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 969-2015 proposto da:

C.L., C.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA E Q VISCONTI 8, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI

ABBRUZZESE, rappresentati e difesi dagli avvocati POMPEO OLIVA,

FEDERICO FERINA giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

INTEK GROUP SPA successore a titolo universale della FIME LEASING

SPA, in persona del suo procuratore speciale ROBERTO DE VITIS,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22,

presso lo studio dell’avvocato GUIDO MARIA POTTINO, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 718/2013 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 31/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE/5 POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza pubblicata il 25 febbraio 2005, il Tribunale di Messina, in accoglimento della domanda avanzata da Fime Leasing S.p.A., dichiarava l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., nei confronti di tale società, di due atti di alienazione a titolo oneroso di due immobili posti in essere dalla società (OMISSIS) S.p.A. nei confronti, rispettivamente, di C.L. e S.. Fime Leasing risultava creditore in virtù di una fideiussione prestata da (OMISSIS) S.p.A. a garanzia delle obbligazioni assunte, da una terza società, Pan Panagrum, con due contratti di leasing stipulati con Fime Leasing. Nella contumacia di (OMISSIS) S.p.A. il Tribunale riteneva sussistenti gli elementi costitutivi dell’azione revocatoria;

avverso tale decisione proponevano appello C.L. e S. eccependo la nullità della notificazione della citazione introduttiva del giudizio di primo grado nei confronti della società (OMISSIS), la mancanza della prova dei poteri di rappresentanza in capo a C.F. che, quale rappresentante della (OMISSIS) S.p.A., aveva sottoscritto le garanzie fideiussorie poste a fondamento della domanda revocatoria, censurando la valutazione operata dal consulente di ufficio che aveva attribuito agli immobili trasferiti un valore notevolmente superiore a quello indicato negli atti pubblici di vendita. Si costituivano, sia Fime Leasing S.p.A., che la curatela del fallimento di (OMISSIS) S.p.A;

la Corte d’Appello di Messina, con sentenza pubblicata il 31 ottobre 2013, rigettava l’appello condannando C.L. e S. al rimborso delle spese in favore della S.p.A. Fime Leasing;

avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione, con unico atto, C.L. e S. sulla base di tre motivi. Resiste in giudizio Intek Goup S.p.A., successore a titolo universale di Fime Leasing S.p.A. in virtù di fusione per incorporazione. Le ricorrenti depositano memoria difensiva sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo le ricorrenti deducono violazione o falsa applicazione degli artt. 145 e 160 c.p.c. ribadendo l’integrale contenuto di quanto articolato dei precedenti gradi di giudizio, rilevando che la notifica era stata eseguita nelle mani di M.S. nella qualità di madre convivente di C.L. e S. “la quale accetta l’atto per la società (OMISSIS)”. Rispetto a tale notifica la qualità genitoriale della M. appariva irrilevante, poichè l’atto non era indirizzato a C.S. e L.. Inoltre, la notifica non era avvenuto presso la sede sociale, ma presso l’abitazione della M., la quale, solo per errore nella valutazione della Corte territoriale, è stata individuata come persona addetta alla sede sociale. Ciò esonera la (OMISSIS) dal fornire la prova del mancato conferimento di uno specifico incarico di ricezione degli atti in favore della M.;

il motivo presenta profili di inammissibilità poichè non è individuata l’ipotesi tassativa prevista all’art. 360 c.p.c. alla quale si fa riferimento nel dedurre il vizio della decisione impugnata. Il motivo è inammissibile, comunque, per difetto di specificità, poichè il nucleo centrale della motivazione risiede, secondo i giudici di merito, nella circostanza che la M. aveva accettato l’atto per la società (OMISSIS), mentre la censura riguarda l’irrilevanza della qualità di madre convivente delle odierne ricorrenti. In ogni caso la censura è infondata, trovando applicazione il principio secondo cui ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede (art. 145 c.p.c., comma 1) è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente, ma in virtù di un particolare rapporto che, non dovendo essere necessariamente di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, pur se provvisorio e precario, di ricevere le notificazioni per conto della persona giuridica. Ne consegue che, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere una sua dipendente, non era neppure addetta alla sede per non averne mai ricevuto incarico alcuno (Sez. 5, Ordinanza n. 14865 del 05/09/2012 (Rv. 623679 – 01);

il secondo profilo ritenuto decisivo è quello che la notifica è avvenuta presso la sede della società, circostanza che in questa sede viene, invece, contestata senza allegare che tale profilo sia stato sottoposto al giudice d’appello. Dalla formulazione del motivo di ricorso, emerge che la questione relativa alla ubicazione della sede sociale è stata formulata per la prima volta in sede di legittimità e, in quanto tale, è tardiva, oltre che costituire un elemento di fatto non valutabile in questa sede;

con il secondo motivo deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 102 c.p.c., in relazione all’art. 2901 c.c.. In particolare, l’inesistenza della notifica nei confronti della debitrice alienante, S.p.A. (OMISSIS), determina un difetto del contraddittorio riferito ad una ipotesi di litisconsorzio necessario:

il secondo motivo è superato dall’infondatezza della prima censura, pertanto è assorbito;

con il terzo motivo deducono violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.. Le ricorrenti avevano sottoposto all’esame della Corte d’Appello l’assenza di un valido potere di rappresentanza in capo a C.F. che aveva sottoscritto le due fideiussioni, facendo così sorgere il credito legato alla garanzia prestata. La Corte territoriale ha ritenuto tale profilo un nuovo tema di indagine. Al contrario, il rilievo della nullità non costituisce un profilo nuovo sottoposto a termini di decadenza;

la questione relativa alla sottoscrizione delle fideiussioni a mezzo di un procuratore del quale la S.p.A. Fime Leasing avrebbe omesso di esibire la procura è stata sollevata, per la prima volta, davanti al giudice di appello che ha evidenziato che, pur accedendo alla tesi delle odierne ricorrenti, il negozio concluso dal falsus procurator è inefficace, ma tale profilo deve essere tempestivamente eccepito. Davanti al giudice di prime cure, però, la parte non aveva allegato i poteri rappresentativi oggetto di contestazione, per cui la pronuncia adottata dalla Corte territoriale appare corretta sul punto;

ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2017

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