Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23652 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. I, 11/11/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 11/11/2011), n.23652

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26715-2008 proposto da:

COMUNE DI (OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2,

presso il dott. ALFREDO PLACIDI, rappresentato e difeso dall’avvocato

GRAZIOSI BENEDETTO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA Q. SELLA

41, presso l’avvocato CAMILLA BOVELACCI, rappresentato e difeso dagli

avvocati GOTTI SILVA, M. ANGELA MAZZOTTI, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 601/2008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 10/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato GRAZIOSI BENEDETTO che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato GOTTI SILVIA che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di Bologna,con sentenza del 10 aprile 2008 ha determinato nella misura di Euro 492.020 l’indennità dovuta dal comune di (OMISSIS) ad T.A. per l’espropriazione di un terreno di sua proprietà ubicato nella locale (OMISSIS) (in catasto riportato al fg. 12, part. 2467) per la realizzazione di un asilo nido, in quanto: a) il fondo era incluso in zona G1 destinata a parcheggio pubblico per una superficie di mq.

860, e per quella di mq. 3023 in zona P destinata a zone di istruzione, ma era circondato da zone residenziali già edificate, munite di tutte le opere di urbanizzazione ed era quindi interessato anche dell’edificabilità di diritto ai sensi della L. n. 10 del 1977,, art. 4; b) il c.t.u. ne aveva correttamente stimato il valore muovendo dal contesto urbanistico circostante che lo indicava in Euro 200 mq. ed apportandovi un coefficiente di riduzione del 30% per la zona G1 e del 60% per la zona P: senza operare infine la decurtazione prevista dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, commi 1 e 2 perchè dichiarati incostituzionali dalla nota decisione 348/2007 della Corte Costituzionale. Per la cassazione della sentenza, il comune di (OMISSIS) ha proposto ricorso per 4 motivi; cui resiste il T. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo, l’amministrazione comunale,deducendo violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3 censura la sentenza impugnata per aver valutato le aree espropriate come edificabili sul solo presupposto delle loro caratteristiche morfologiche e della urbanizzazione di quelle circostanti: e quindi senza tener conto della loro classificazione da parte degli strumenti urbanistici richiesta dalla norma, nè dei vincoli conformativi che rendevano entrambe le destinazioni – a parcheggio pubblico ed edifici scolastici – non edificabili.

Con il secondo, deducendo violazione anche della Legge Urbanistica n. 1150 del 1942, artt. 7 e 10 e succ. si duole che la decisione non abbia tenuto in alcun conto la natura conformativa del vincolo ad edilizia scolastica (asilo nido):non considerando la giurisprudenza di legittimità assolutamente costante nell’escludere la destinazione edificatoria di dette aree.

Con il terzo, deducendo violazione anche della L.R. Emilia-Romagna n. 47 del 1978, art. 13, 41 e 46 addebita alla Corte territoriale di non aver considerato che anche in base alla menzionata normativa regionale le zone G non potevano che ricevere una destinazione pubblica e che ne era espressamente preclusa la edificazione privata,prevedendone espressamente la legge la necessaria programmazione per istruzione in base a formule che calcolavano il rapporto tra la popolazione e l’indice di affollamento del territorio.

Con il quarto motivo,ribadisce le medesime considerazioni con riguardo all’area di mq. 860, inclusa in zona G1, anch’essa vincolata ad utilizzazioni pubblicistiche e priva di indice di edificabilità:

perciò escludendosi qualsiasi possibilità di costruzioni private.

3. Il collegio deve anzitutto disattendere l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal T. sul presupposto che le censure della controparte ai criteri di determinazione dell’indennità non sarebbero state avanzate nella fase di merito: in quanto l’opposizione alla stima da chiunque provenga, non si configura quale impugnazione del provvedimento ablatorio limitato al controllo della determinazione amministrativa dell’indennità, – sia essa l’offerta dell’indennità provvisoria, che l’eventuale stima della Commissione provinciale (Cass. 12966/2004; 3320/1998; 12857/1997) – contro la quale le parti sono obbligate a muovere, ciascuna le proprie contestazioni a pena di decadenza, ma introduce un giudizio di accertamento giudiziale della giusta indennità, pienamente autonomo, nel quale il giudice deve procedere alla concreta determinazione della stessa con tutti i suoi poteri di indagine, alla stregua di criteri legali effettivamente vigenti e riconosciuti applicabili alla fattispecie:

indipendentemente dalle richieste formulate al riguardo dalle parti, le cui deduzioni sul punto si esauriscono, pertanto, nell’espressione di semplici “punti di vista” circa l’ammontare del giusto indennizzo e non ineriscono, dunque, al “petitum” immediato (elemento di identificazione dell’azione) già compiutamente definito dalla domanda di rideterminazione dell’indennità (ancorchè non specificata nel “quantum”).

E del resto,come hanno rilevato le Sezioni Unite, una contestazione che avesse negato validità al criterio di liquidazione posto a base della domanda dell’attore non avrebbe integrato gli estremi della eccezione in senso tecnico ma avrebbe avuto la portata di una mera difesa non comportando l’allegazione di alcun fatto impeditivo, limitativo o estintivo della pretesa dedotta in giudizio, ma, unicamente, la contestazione della fondatezza in diritto della richiesta di controparte. Con la conseguenza che soltanto dopo che il giudice adito abbia esercitato il potere-dovere di stabilirne il “quantum”, sopravviene l’interesse delle parti a far valere la violazione del relativo criterio; e che le censure formulate dall’amministrazione ricorrente non introducono una questione nuova, come tale inammissibile in cassazione, ma si limitano a denunziare un errore di diritto senza determinare perciò alcun ampliamento dell’ambito delle questioni sottoposte al riesame di questa Corte.

4.Nel merito, il ricorso è fondato.

La Corte di appello ha accertato, e le parti confermato, che il fondo espropriato era compreso per una superficie di mq. 3023 in zona P destinata alla realizzazione di edifici scolastici e per quella restante di mq. 860 in zona G1 desinata a parcheggio pubblico; per cui a nulla rilevavano la conformazione del terreno nonchè la sua vicinanza con le zone B1 e C1 destinate all’edificazione privata ed ancor meno il carattere presumibilmente non abusivo degli edifici in esse costruiti,dovendosi applicare il criterio dell’edificabilità legale stabilito dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3 (e poi recepito dagli artt. 32 e 37 del T.U. appr. con D.P.R.), secondo l’interpretazione costante offerta dalla giurisprudenza di legittimità,il quale: 1) enuncia la regola assoluta che – un’area va ritenuta edificabile soltanto se , e per il solo fatto che, come tale, essa risulti classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici, secondo un criterio di prevalenza o autosufficienza della edificabilità legale (Cass. 3146/2006;

3838/2004; 10570/2003). Mentre la cd. la cosiddetta edificabilità “di fatto” rileva esclusivamente in via suppletiva – in carenza di strumenti urbanistici – ovvero, in via complementare (ed integrativa), agli effetti della determinazione del concreto valore di mercato dell’area espropriata qualificata legalmente edificabile, incidente sul calcolo dell’indennizzo v. (Cass. sez. un. 172/2001 e successive). 2) esclude conseguentemente le possibilità legali di edificazione tutte le volte in cui per lo strumento urbanistico vigente all’epoca in cui deve compiersi la ricognizione legale,la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico,parcheggi ed altre attrezzature pubbliche, viabilità ecc.) in quanto dette classificazioni apportano un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibilì alla nozione tecnica di edificazione e che sono, come tali, soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia. (Da ultimo: Cass. 665/2010; 400/2010; 21396/2009; 21095/2009;

17995/2009); 3) comporta che in questa categoria di utilizzazioni rientra anche la destinazione di aree a edilizia scolastica, nell’ambito della pianificazione urbanistica comunale, che ne determina il carattere non edificabile, avendo l’effetto di configurare un tipico vincolo conformativo, come destinazione ad un servizio che trascende le necessità di zone circoscritte; ed è concepibile solo nella complessiva sistemazione del territorio, nel quadro della ripartizione zonale in base a criteri generali ed astratti. Nè può esserne ritenuta per altro verso l’edificabilità, sotto il profilo di una realizzabilità della destinazione ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, giacchè l’edilizia scolastica è riconducibile ad un servizio strettamente pubblicistico, connesso al perseguimento di un fine proprio ed istituzionale dello Stato, su cui non interferisce la parità assicurata all’insegnamento privato (Cass. 3022/2008; 15616/2007;

15389/2007; 23028/2004). Si deve ricordare per completezza che nelle ipotesi appena considerate per rendere edificatorio il terreno non è sufficiente neppure che l’intervento pubblico sia realizzabile in linea astratta anche ad iniziativa privata:dovendo ciò essere il risultato di una scelta di politica programmatola ricorrente solo quando gli obiettivi di interesse generale, di dotare il territorio di attrezzature e servizi, siano ritenuti realizzabili (e come tali specificatamente compresi nelle previsioni pianificatorie) anche attraverso l’iniziativa economica privata – pur se accompagnati da strumenti di convenzionamento”; e perciò devolvendosi esclusivamente a ciascuno strumento urbanistico il potere di stabilire se,per quali categorie di opere ed in quali zone le stesse possano venire realizzate “anche attraverso l’iniziativa economica privata” (Cass. 2605/2010 cit.; 21095/2009; 15616/2007; 15389/2007).

5.Nessuno di questi principi è stato applicato dalla sentenza impugnata che va pertanto cassata con rinvio alla stessa Corte di appello di Bologna che provvederà alla ricognizione legale della destinazione del fondo espropriato attenendosi alla regola enunciata dalla menzionata L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3 come interpretata dalla costante giurisprudenza di questa Corte riferita nel precedente – nonchè alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte,accoglie il ricorso,cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità alla corte di appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

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