Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23650 del 10/10/2017


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Cassazione civile, sez. III, 10/10/2017, (ud. 07/04/2017, dep.10/10/2017),  n. 23650

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6552-2015 proposto da:

B.I., R.S., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA FORNOVO, 3, presso lo studio dell’avvocato STEFANO PROIETTI,

rappresentati e difesi dall’avvocato MICHELE IDOLO CASALE giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ITALIA SPA incorporante ALLEANZA TORO SPA, in persona del

dott. C.P. E B.L., elettivamente

domiciliata in ROMA, V.CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato

SVEVA BERNARDINI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MARCO GAVEZZOLI giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 908/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 04/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/04/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 29 gennaio 2005, B.I. e R.S. convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Brescia, la Toro Assicurazioni S.p.A. per sentirla condannare al pagamento dell’indennizzo previsto dalle condizioni della polizza sottoscritta, deducendo di avere subito, nella primavera dell’anno 2003, tre furti consecutivi. La compagnia di assicurazione chiedeva il rigetto della domanda rilevando che l’assicurato non aveva ottemperato agli obblighi assunti con la polizza, tra l’altro, non effettuando la denunzia nel termine di cinque giorni previsto dall’art. 13 delle condizioni, con conseguente decadenza dal diritto all’indennizzo, ai sensi dell’art. 1915 c.c., comma 1, richiamato dal citato art. 13. Il Tribunale, con sentenza depositata il 15 ottobre 2009, condannava la compagnia di assicurazione al pagamento della somma di Euro 5400 oltre interessi, rivalutazioni e spese;

con citazione del 30 novembre 2010 la Toro Assicurazioni S.p.A. appellava la decisione richiedendo, in via principale, il rigetto della domanda degli attori e, via subordinata, la riduzione dell’indennizzo dei limiti di quanto dovuto ai sensi delle condizioni di polizza. Gli appellati chiedevano il rigetto e proponevano appello incidentale;

la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza pubblicata il 4 luglio 2014, in parziale accoglimento dell’appello respingeva le domande proposte da B.I. e R.S. condannandoli alla restituzione delle somme percepite, oltre interessi e spese di lite;

avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione B.I. e R.S. sulla base di due motivi. Resiste in giudizio Generali Italia S.p.A., società incorporante Alleanza Toro S.p.A., con controricorso e deposita memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

la motivazione viene redatta in forma semplificata in adempimento di quanto previsto dal decreto n. 136-2016 del Primo Presidente della Corte Suprema di cassazione, non avendo il presente provvedimento alcun valore nomofilattico;

con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione o falsa applicazione degli artt. 132 e 161 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 rilevando che, nella composizione del collegio giudicante in appello, non vi era coincidenza tra la figura del magistrato estensore della sentenza e quella di chi aveva effettivamente sottoscritto, unitamente al Presidente, la decisione;

il motivo è infondato poichè la qualifica di consigliere relatore del dr. Vitali è indicata in calce alla sentenza e vi è l’apposizione della firma elettronica. Inoltre, non è contestato che il predetto consigliere facesse parte del collegio, che fosse l’effettivo sottoscrittore della decisione (unitamente al Presidente) e che allo stesso fosse riferibile il contenuto dell’atto. Con la conseguenza che la divergenza costituisce una mera irregolarità dell’intestazione (a cui non è riconoscibile un’autonoma efficacia probatoria), la quale non comporta effetti sulla validità della pronuncia, posto che essa non viola il principio dell’identità dell’organo presente all’udienza di discussione con quello deliberante (Sez. L, Sentenza n. 14113 del 20/06/2006, Rv. 590329 – 01);

con il secondo motivo lamentano violazione o falsa applicazione dell’art. 1915 c.c. degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 rilevando che la norma richiede il presupposto del dolo, che deve consistere, quanto meno, in un’omissione intenzionale, non dovuta a dimenticanza o negligenza e il relativo onere probatorio grava sull’assicuratore. Tale elemento soggettivo non può desumersi dalla semplice conoscenza che gli assicurati avevano avuto del furto e dal colpevole ritardo nella denuncia. Erroneamente la Corte territoriale desume la prova del dolo dalla scusante non attendibile dedotta, relativa alla necessità di terminare il controllo di tutti i locali al piano terra, mentre il furto aveva interessato un unico locale. Al contrario dalle dichiarazioni rese dal teste Villani è possibile evincere che i locali adibiti a magazzino nei quali si era verificato il furto erano più di uno e contenevano non poche masserizie, tutte accatastate, rendendo così verosimile la necessità di completare il controllo dei locali posti a piano terra prima di informare l’assicuratore;

la censura è inammissibile poichè nel dedurre la violazione di legge i ricorrenti non specificano in cosa si sostanzierebbe il mancato rispetto dell’art. 1915 c.c., poichè non individuano le argomentazioni contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità che, invece, viene proprio richiamata dalla Corte territoriale. Quest’ultima ha correttamente evidenziato che, affinchè l’assicurato possa ritenersi dolosamente inadempiente ai sensi dell’art. 1915 c.c., non occorre lo specifico intento fraudolento di provocare danno all’assicuratore, ma è sufficiente la consapevolezza dell’obbligo di comunicare tempestivamente e la cosciente volontà di non osservarlo, con ciò richiamando un costante orientamento di questa Corte (da ultimo Sez. 3, Sentenza n. 13355 del 30/06/2015 – Rv. 635980 – 01). Rispetto all’applicazione di un principio costante della giurisprudenza (si veda nei medesimi termini: Cass. 28 luglio 2014 n. 17088, Cass. 28 novembre 2008 n. 24733 e Cass. 11 marzo 2005 n. 5435, riguardo alla sufficienza del profilo della consapevolezza e volontà cosciente) i ricorrenti non hanno contrapposto alcuna differente contestazione giuridica, limitandosi a ribadire la necessità di una condotta dolosa e l’insufficienza di un comportamento caratterizzato da “dimenticanza o negligenza”. Per il resto, la censura è inammissibile perchè si chiede alla Corte di legittimità una valutazione nel merito (che le è inibita) riguardo alla valutazione dei fatti dai quali la Corte territoriale ha tratto il profilo della consapevolezza dell’obbligo e della volontà cosciente di non osservarlo. Pertanto, i rilievi sollevati in questa sede rispetto alla ricostruzione operata in sentenza sono inammissibili, risolvendosi nella pretesa di ottenere in sede di legittimità un riesame ed una differente valutazione del merito della causa, limitandosi i ricorrenti a sindacare giudizi di mero fatto espressi dalla Corte territoriale e che appartengono al libero convincimento del giudice. E’ noto che il coordinamento degli elementi probatori costituisce giudizio interno all’ambito della discrezionalità esclusiva del giudice di merito.

Le considerazioni che precedono rendono superfluo l’esame delle altre deduzioni, in fatto, contenute nel controricorso di Generali Italia S.p.A. relativamente all’ulteriore condizione di indennizzabilità del sinistro, rappresentata dall’introduzione dell’autore nell’abitazione con violazione delle difese esterne, mediante rottura o scasso;

ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2017

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