Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2365 del 31/01/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 2365 Anno 2018
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: SPAZIANI PAOLO

libelli –

ORDINANZA

Esclusione

sul ricorso 11382-2015 proposto da:

Data pubblicazione: 31/01/2018

R.G.N. 11382/2015

ROSSI MARIA GIOVANNA, elettivamente domiciliata in
Cron.

ROMA, VIA L MANTEGAZZA 24, presso lo studio
Rep.

•(

dell’avvocato MARCO GARDIN, rappresentata e difesa
Ud. 04/12/2017

dall’avvocato FRANCESCO METTA giusta procura in calce
CC

al ricorso;
– ricorrente contro
2017
2396

DE ROSA MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
VENETO 169, presso lo studio dell’avvocato MARIA
LUISA

MISSIAGGIA,

rappresentata

e

difesa

dall’avvocato GIULIO SCAPATO giusta comparsa di
costituzione per sostituzione dei difensori nel

1

controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 2079/2014 della CORTE
D’APPELLO di BARI, depositata il 18/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 04/12/2017 dal Consigliere Dott. PAOLO

SPAZIANI;

2

A.C. 04.12.2017
N. R.G. 11382/2015
Pres. Spirito
Est. Spaziani

FATTI DI CAUSA
Maria De Rosa convenne in giudizio Maria Giovanna Rossi
(proprietaria dell’appartamento che sovrastava il proprio)
chiedendone, tra l’altro, la condanna alla rimozione del manufatto
edificato sul lastrico solare di proprietà comune.
Questa domanda, rigettata dal tribunale (sul rilievo che il
comune di copertura del fabbricato e non ledeva pertanto il paritetico
diritto di sopraelevazione spettante all’attrice), è stata invece accolta
dalla Corte di Appello, la quale, rivalutate le risultanze documentali
presenti agli atti (in particolare la relazione di consulenza tecnica di
parte depositata dalla stessa convenuta e le planimetrie ad essa
allegate, nonché i titoli negoziali di acquisto delle unità immobiliari), è
pervenuta al diverso accertamento che il manufatto occupava l’intera
superficie del terrazzo, ritenendo così leso il diritto di comunione
indivisa spettante alla De Rosa sulla colonna d’aria sovrastante il
lastrico solare, sostanziantesi in un diritto di sopraelevazione
paritetico a quello esercitato dalla Rossi.
Ricorre per cassazione Maria Giovanna Rossi sulla base di due
motivi. Risponde con controricorso Maria De Rosa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Con il primo motivo

[“violazione e/o falsa applicazione

dell’art.345 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.)1 la ricorrente deduce che
nella citazione originaria la De Rosa aveva fondato la domanda di
condanna alla demolizione del manufatto sull’asserita proprietà
comune del lastrico solare, mentre in appello – avuto riguardo
all’accertamento operato dal primo giudice (che aveva escluso la
sussistenza di una comunione sul terrazzo, da ritenersi di proprietà
esclusiva della convenuta) – aveva dedotto la lesione del suo diritto di
sopraelevazione, derivante dalla contitolarità, pro indiviso, dell’area di
copertura del fabbricato. Afferma che il mutamento della

causa

petendi (da lesione del diritto di proprietà a lesione del diritto di
3

Paolo Spaziani est.

manufatto edificato dalla convenuta occupava meno del 50% dell’area

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N. R.G. 11382/2015
Pres. Spirito
Est. Spaziani

sopraelevazione) avrebbe comportato la proposizione di una domanda
nuova che la Corte di Appello avrebbe dovuto dichiarare
inammissibile.
1.1. Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello, sollecitata sul punto dall’eccezione con cui
l’appellata aveva dedotto la violazione del divieto di ius novorum, ha
petendi,

causa

sul rilievo che l’originaria domanda, pur essendo

formalmente fondata sull’allegata proprietà comune del lastrico
solare, comprendeva tuttavia anche l’allegazione della lesione del
diritto di sopraelevazione.
In particolare la Corte di merito, nell’interpretare la domanda
formulata dalla De Rosa, ha reputato che nella citazione introduttiva
del primo grado di giudizio l’attrice

«pur facendo riferimento in

maniera impropria al “lastrico solare di proprietà comune”, ha
espressamente posto a base della domanda di eliminazione del
manufatto … la circostanza che lo stesso risulta “illegittimamente
realizzato su area di sua pertinenza” … invocando, a tal fine, le
risultanze dei rispettivi titoli negoziali di provenienza … dai quali si
evince chiaramente – secondo la condivisibile interpretazione del
primo giudice – che il lastrico solare/terrazzo a livello investito dalla
edificazione è di proprietà esclusiva della convenuta (odierna
appellata) … mentre “l’area di copertura dell’intero fabbricato si
appartiene, nella misura del 50% ciascuno, ai proprietari degli
appartamenti ….”, vale a dire alla De Rosa e alla Rossi».
Alla stregua dell’interpretazione della Corte territoriale, dunque,
non vi sarebbe stata alcuna inammissibile mutati° libelli in appello, in
quanto sin dall’inizio l’attrice avrebbe allegato, quale causa petendi
della domanda di condanna alla demolizione del manufatto, «la sua
qualità di contitolare, in ragione del 50% pro indiviso, dell’area di
copertura del fabbricato, che si sostanzia … nel diritto di occupazione
e di utilizzazione, mediante sopraelevazione, della colonna d’aria
4

i

Paolo Sp z ani est.

t

ritenuto che non vi fosse stata alcuna modificazione della

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Est. Spaziani

soprastante il terrazzo a livello, attribuito pariteticamente, in
comunione, ad entrambi le parti in causa, in base agli invocati titoli di
provenienza».
La motivata interpretazione della domanda fornita dalla Corte
territoriale non consente che sulla questione possa tornarsi in sede di
legittimità.
infatti trovare

applicazione

il

principio

di

diritto,

reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui
l’interpretazione della domanda giudiziale è operazione riservata al
giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di
fatto, non è censurabile in cassazione quando sia motivato in maniera
congrua e adeguata, avendo pertanto riguardo all’intero contesto
dell’atto, senza che ne risulti alterato il senso letterale e tenendo
conto della sua formulazione testuale nonché del contenuto
sostanziale, in relazione alle finalità che la parte intende perseguire
(Cass. 16/02/2004 n. 2916; Cass. 20/10/2005 n. 20322; Cass.
2/11/2005, n. 21208; Cass. 24/07/2012, n. 12944).
Ne discende l’inammissibilità del primo motivo di ricorso per
cassazione.
2. Con il secondo motivo

[“(violazione e/o falsa applicazione

dell’art. 116 c.p.c.. Mancata valutazione del patrimonio probatorio
secondo prudente apprezzamento (art. 360 n. 3 c.p.c.)1,

la

ricorrente contesta la valutazione delle prove documentali
precostituite operata dal giudice del merito. Deduce che sulla base di
un’erronea interpretazione degli atti di vendita e delle planimetrie, la
Corte territoriale avrebbe indebitamente confuso la totalità del
lastrico solare (sulla cui area di copertura insisteva la proprietà
indivisa e il paritetico diritto di sopraelevazione delle parti) con il
terrazzo di sua esclusiva proprietà (che ne costituiva meno del 50%),
commettendo in tal modo l’errore di ritenere che il manufatto da lei
edificato occupasse l’intera colonna d’aria sovrastante il fabbricato,
anziché la superficie del solo terrazzo.
5
Paolo Spa ni est.

Deve

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Pres. Spirito
Est. Spaziani

2.2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
In primo luogo, nel denunciare la violazione dell’art. 116 c.p.c., il
motivo in esame non tiene conto che il principio del libero
convincimento, posto a fondamento della norma in parola, opera sul
piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di
legittimità, sicché la denuncia della sua violazione da parte del giudice
legge, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c., ma
prefigura un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il
corretto paradigma normativo del difetto di motivazione di cui
all’art.360 n. 5 c.p.c., sia pure negli angusti limiti consentiti a seguito
della riformulazione di quest’ultima disposizione ad opera dell’art. 54
del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134,
per effetto della quale il sindacato di legittimità sulla motivazione
resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo
costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (Cass.
12/10/2017, n. 23940; Cass. 30/11/2016, n. 24434).
In secondo luogo – e principalmente – il motivo, come appare
evidente già dalla sua intestazione, non evidenzia errori in diritto ma
censura inammissibilmente la valutazione del materiale probatorio (in
particolare delle prove documentali) compiuta dalla Corte di appello,
al fine di suscitare una rivalutazione dello stesso da parte della Corte
di legittimità, a cui viene chiesto un nuovo giudizio di merito in
contrapposizione a quello motivatamente formulato dalla Corte
territoriale.
In tal modo, la ricorrente omette peraltro di considerare che la
valutazione delle prove è attività insin j dacabilmente riservata al
giudice del merito cui compete anche la scelta, tra le prove stesse, di
quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse
sottesi (Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass.15/07/2009, n. 16499).
La predetta valutazione non può dunque essere rimessa in
discussione in sede di legittimità, con conseguente inammissibilità
6
Paolo Spaz

i est.

del merito non prefigura un vizio di violazione o falsa applicazione di

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N. R.G. 11382/2015
Pres. Spirito
Est. Spaziani

delle inerenti censure formulate con il motivo di ricorso per
cassazione in esame.
3.

In definitiva, il ricorso per cassazione proposto da Maria

Giovanna Rossi deve essere dichiarato inammissibile.
4. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e
vengono liquidate come da dispositivo.
1-quater del d.P.R. n. 115 del

2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del
comma 1-bis del citato art. 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della
controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura
del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori
di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art.
13.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il
4 dicembre 2017.
IL PR DENTE
A

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DEPOSITAVO IN CANCELLERIA
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iibraról o

Spa

5. Ai sensi dell’art. 13 comma

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