Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2365 del 29/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/01/2019, (ud. 06/12/2018, dep. 29/01/2019), n.2365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16387-2017 proposto da:

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CATTARO 28,

presso lo studio dell’avvocato PAOLA ANGOTTI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AZIENDA OSPEDALIERA MATER DOMINI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 157/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

Che:

La Corte d’appello di Catanzaro confermava la sentenza di primo grado, con la quale era stata rigettata la domanda proposta da P.S. nei confronti dell’azienda ospedaliera (OMISSIS), diretta ad ottenere il risarcimento dei danni ex art. 2116 c.c., comma 2, derivante dall’omesso versamento dei contributi previdenziali per l’attività di componente del collegio dei revisori dei conti svolta dal predetto per la stessa azienda dal gennaio 1996 al febbraio 2002;

la Corte confermava la decisione sul rilevo che la circostanza che il ricorrente avesse prestato servizio come lavoratore subordinato alle dipendenze della Regione Calabria era sufficiente a giustificare il rigetto della domanda, posto il regime legale di incompatibilità del rapporto di pubblico impiego con altre attività lavorative subordinate, non avendo il ricorrente dedotto e provato che l’attività di revisore dei conti fosse stata svolta in regime di subordinazione;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il P. sulla base di tre motivi, illustrato con memoria;

l’Azienda Ospedaliera non ha svolto attività difensiva;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 5, motivazione meramente apparente, per essere gli elementi argomentativi contenuti in sentenza, che enumera, privi della necessitata minima disamina logico-giuridica;

con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2116 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, comma 1. Osserva che erroneamente non era stato applicato il principio dell’automatismo di cui alla citata norma, poichè nella fattispecie nessun obbligo di pagamento dei contributi previdenziali gravava sul P., nè tanto meno di iscrizione alla gestione separata, essendo all’epoca egli lavoratore alle dipendenze della Regione Calabria, titolare quest’ultima del potere di controllo sugli organi dell’Azienda Sanitaria evocata in giudizio;

con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 30 marzo 201, n. 165, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., art. 3, comma 1. Osserva che l’attività di revisore, nella specie non esercitata a titolo professionale, non poteva essere considerata extra-istituzionale e come tale rientrante nel regime legale di incompatibilità del rapporto lavorativo di pubblico impiego con altre attività lavorative subordinate, trattandosi di incarico remunerato dalla Asl, la quale, stante la sua natura strumentale e dipendente, utilizza le risorse finanziarie di provenienza regionale;

il primo motivo, formulato in termini di vizio di motivazione, non si conforma ai parametri indicati Cass. Sez. U. n. 8053 del 07/04/2014, secondo la quale “il controllo previsto dall’art. 360 c.p.c., nuovo n. 5), concerne… l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia)”. Va rilevato, in ogni caso, che dalla sentenza è evincibile l’iter logico che ha condotto alla decisione e non è espressamente dedotta con la censura, nè ravvisabile nella motivazione della sentenza, alcuna carenza o contraddizione irrimediabile atta a integrare violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. Sez. U. n. 22232 del 03/11/2016);

gli ultimi due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente perchè intimamente connessi, sono inammissibili poichè, limitandosi a criticare l’affermazione relativa all’incompatibilità del ruolo di revisore con il rapporto di pubblico impiego in essere, non censurano la fondamentale ratio decidendi sottesa alla decisione impugnata, consistente nella mancata dimostrazione della sussistenza degli estremi della subordinazione;

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, senza alcun provvedimento in ordine alle spese, in mancanza di svolgimento di attività difensiva ad opera della parte intimata.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2019

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