Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2365 del 04/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 6 Num. 2365 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: ACIERNO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 26923-2012 proposto da:
UFFICIO TERRITORIALE del GOVERNO di MILANO,
QUESTURA di MILANO, MINISTERO DELL’INTERNO
80185690585, in persona dei rispettivi legali rappresentanti,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li
p.

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti contro
MAKEL DJABI;

– intimato avverso il decreto n. 27420/2012 del GIUDICE DI PACE di
MILANO del 9/05/2012, depositato il 10/05/2012;

Data pubblicazione: 04/02/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO;

è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO.

Ric. 2012 n. 26923 sez. M1 – ud. 19-11-2013
-2-

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex artt. 377, 380 bis cod. proc. civ.,

“Il giudice di pace di Milano annullava il decreto di espulsione emesso dal prefetto di di Milano in
data 8 marzo 2012 nei confronti di Djabi Makel, sul rilievo che non era stato concesso, nonostante
ne sussistessero i presupposti, il termine per la partenza volontaria, in violazione della direttiva
2008/115/CE. Si precisava che il cittadino straniero era stato colpito dal provvedimento
amministrativo, perché asseritamente entrato nel territorio dello Stato nel 2009 attraverso la
frontiera di Sicilia, sottraendosi ai controlli di frontiera, e non respinto ai sensi dell’art. 10 del d.lgs.
286 del 1998 e successive modifiche (art. 13, comma 2, lett. a) del d.lgs. 286 del 1998). Si
osservava che non era stato sufficientemente provato che lo straniero non aveva fornito né era in
grado di fornire garanzie finanziarie provenienti da fonti lecite utili allo scopo, che non aveva la
disponibilità di un alloggio stabile non precario, ove potesse essere rintracciato senza difficoltà, e
che non aveva un’attività regolare né che non aveva dimostrato alcuna integrazione sociale. Si
riteneva pertanto che nel caso di specie si fosse preso in considerazione solo il fatto del soggiorno
senza un’adeguata istruttoria e che non risultasse in alcun modo dimostrato il pericolo di una
sottrazione all’eventuale ordine di lasciare il teiritorio italiano entro un congruo periodo di tempo.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’Interno, il quale,
affidandosi ad un unico motivo, ha denunciato la violazione dell’art. 13 del d.lgs. 286 del 1998 e
della direttiva 2008/115/CE, in quanto erroneamente il giudice di pace ha dichiarato illegittimo il
decreto di espulsione, avendo proceduto l’amministrazione ad un’attenta valutazione della situazione
dell’interessato e avendo provato lo svolgimento di tutte le attività idonee al rispetto delle norme e
della direttiva dell’Unione Europea. Ha sostenuto il ricorrente che il cittadino straniero all’atto del
rintraccio era privo di passaporto e che quindi l’autorità procedente non era stata in grado di
verificare l’eventuale presenza di regolari visti d’ingresso apposti sul predetto documento
identificativo. E’ stato evidenziato che l’immigrato in sede di identificazione oltre a non avere
prodotto agli operatori di polizia documenti in corso di validità, ovvero passaporto o altro
documento equipollente utile all’espatrio, non aveva consegnato agli agenti alcun carteggio, atto a
dimostrare l’effettiva disponibilità di un alloggio regolarmente dichiarato nel quale potere essere
rintracciato senza alcuna difficoltà. E’ stato inoltre precisato che Djabi Makel non aveva un’attività
lavorativa regolare, garanzie finanziarie provenienti da fonti lecite, interesse a fare rientro nel
proprio paese d’origine, come risultava dal foglio notizie sottoscritto dallo stesso cittadino della
Guinea spontaneamente davanti all’autorità di polizia.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto si cerca di indurre questa Corte, sotto
l’apparente denuncia di una violazione di legge dedotta in modo estremamente generico, ad un
sostanziale riesame del materiale probatorio (in particolare della condizione economica e delle
capacità lavorative del cittadino straniero nonché dell’operato dell’amministrazione procedente), non
consentito al giudice di legittimità, il quale ha la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della
correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di
merito (ex multis Cass. nn. 23726 del 2009; 15693 del 2004; 2357 del 2004; 12467 del 2003; 16063
del 2003). Il giudice di pace ha ampiamente apprezzato le circostanze di fatto dedotte dal ricorrente,
ritenendo che non fosse stata fornita la prova della loro esistenza, e tale accertamento non può
essere sindacato in questa sede per il principio sopra enunciato, trasformandosi altrimenti il giudizio
di cassazione in un ulteriore grado di merito.
In conclusione, ove si condividano i predetti rilievi, il ricorso deve essere respinto”.
Il Collegio aderisce senza rilievi alla relazione e dichiara inammissibile il ricorso.

in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 26923 del 2012

P.Q.M.
La Corte,
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso nella camera di consiglio del 19 novembre 2013

Il Presidente

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA