Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23649 del 31/08/2021

Cassazione civile sez. II, 31/08/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 31/08/2021), n.23649

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26576-2019 proposto da:

O.V.C., rappresentato e difeso dall’avv. DAVIDE

VERLATO, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonché contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE VERONA, SEZIONE DI PADOVA;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

30/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/01/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con il decreto impugnato il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso proposto da O.V.C. avverso il provvedimento di diniego della sua domanda di protezione, internazionale e umanitaria, emesso dalla Commissione territoriale competente.

Propone ricorso per la cassazione di detta pronuncia O.V.C., affidandosi o tre motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19,D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente denegato il riconoscimento della protezione sussidiaria senza considerare il contesto di insicurezza generalizzato esistente nel Paese di origine del richiedente.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14,D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe omesso di considerare la vulnerabilità del richiedente, tanto ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria che di quella umanitaria, contravvenendo al dovere di collaborazione istruttoria declinato dalla legge.

Con il terzo motivo il ricorrente ripropone la contestazione di omesso esercizio del dovere di cooperazione istruttoria gravante sul giudice di merito, sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, peraltro senza indicare in modo specifico il fatto, o i fatti, che non sarebbero stati considerati.

Le tre censure, suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili.

Il ricorrente aveva riferito di essere fuggito dal proprio Paese per sottrarsi alle ritorsioni dei familiari della sua ragazza, che era rimasta incinta ed era morta nel tentativo di abortire. Aveva narrato che un gruppo di persone lo aveva cercato a casa ed egli, avendolo saputo, dapprima aveva tentato di rivolgersi alle autorità locali senza successo, e poi si era risolto a fuggire. La storia è stata ritenuta non credibile, sia dalla Commissione che dal Tribunale, il quale ultimo ha evidenziato, nel decreto oggi impugnato, una serie di contraddizioni e di incongruenze tra le diverse versioni fornite dal richiedente, rispettivamente, in Commissione e in sede giudiziaria. Il giudice di merito ha poi esaminato il contesto interno della Nigeria, non soltanto in termini generali, citando le C.O.I. consultate e dando atto delle notizie da esse tratte (cfr. pagg. 10, 12 e 13 del decreto), ma anche con specifico riferimento all’appartenenza alla casta “(OMISSIS)”, che il ricorrente aveva allegato, peraltro solo in sede giudiziaria (cfr. pag. 9 del decreto).

Ne discende che la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. a) e b), è stata legittimamente esclusa a fronte della ritenuta non credibilità del racconto fornito dal richiedente, mentre quella ex lett. c) in considerazione della ravvisata insussistenza, nel Paese di provenienza, di un contesto di violenza generalizzata.

Con riferimento poi alla protezione umanitaria, pure invocata dal ricorrente, il giudice di merito la ha esclusa valutando l’integrazione sociolavorativa in Italia, svolgendo il giudizio comparativo tra contesti italiano e nigeriano, e tra le attività lavorative svolte dal richiedente nei due rispettivi ambiti, ed esaminando la documentazione medica allegata (cfr. pag. 14 del decreto). La seconda censura proposta dal ricorrente appare del tutto generica e non idonea a confrontarsi con l’articolata motivazione fornita dal Tribunale a sostegno del rigetto della tutela umanitaria.

La terza doglianza, infine, è ulteriormente inammissibile in quanto in essa non si contesta tanto l’omesso esame di uno o più fatti determinati, ma si attinge piuttosto la ricostruzione in fatto contenuta nel provvedimento impugnato; la censura, quindi, si limita ad un’inammissibile critica del percorso argomentativo seguito dal giudice di merito ed a invocare, in definitiva, un mero riesame del giudizio di fatto, estraneo alla natura ed ai fini del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Il ricorso è pertanto inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2021

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