Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23647 del 24/09/2019

Cassazione civile sez. III, 24/09/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 24/09/2019), n.23647

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2952-2018 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.GENTILE 8,

presso lo studio dell’avvocato SALVATORE BERNARDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato SIMONA CATALDI;

– ricorrente –

contro

C. SRL, in persona del rappresentante legale p.t.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 23, presso lo studio

dell’avvocato EFISIO FIGUS DIAZ, rappresentata e difesa

dall’avvocato DANIELE NOCERA;

– controricorrente –

e contro

SANTANDER CONSUMER BANK SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1079/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 14/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.A. convenne con citazione del 15/3/2011, davanti al Tribunale di Avezzano la società C. s.r.l. e la Santander Consumer Bank S.p.A. (di seguito Santander) per sentirle condannare in solido tra loro al risarcimento dei danni, nella misura di Euro 25.000,00 provocati dall’illegittima iscrizione del proprio nome nel registro S.I.C. (Sistemi di Informazione Creditizia), in relazione ad un debito asseritamente mai contratto, derivante dal mancato pagamento di una fornitura di climatizzatorihe i danni lamentati consistevano nella lesione della reputazione economica dell’attore, discredito ed impossibilità per il medesimo di accedere al credito. Dedusse che le società si erano rese responsabili, ciascuna per proprio conto, dell’evento dannoso: la prima per il mancato controllo della documentazione per la concessione del finanziamento, la seconda per non aver preavvertito l’istante della pregiudizievole iscrizione. Si costituirono in giudizio entrambe le società, la causa venne istruita con prova per interpello e testi e decisa dal Tribunale di Avezzano con sentenza di rigetto della domanda. Il Giudice ritenne il difetto di legittimazione passiva della C. s.r.l. per essere la medesima estranea alle questioni relative al finanziamento, e quanto alla responsabilità della società Santander, ritenne che l’attore avesse tardivamente contestato l’illegittimità del contratto di finanziamento erogato dalla convenuta.

La Corte d’Appello de L’Aquila, adita dall’ A., con sentenza n. 1079 del 2017, ha rigettato l’appello, ritenendo che la statuizione relativa al difetto di legittimazione passiva della C. non poteva essere riformato perchè la società si era limitata ad inoltrare la fornitura richiesta con un documento di identità di cui non era tenuta ad accertare la veridicità; quanto alla responsabiità della Santander, in ipotesi competente alla segnalazione al S.I.C., la stessa pure doveva essere esclusa in ragione delle continue sollecitazioni effettuate dalla Santander nei confronti dell’ A., volte a segnalare la morosità nel pagamento dei ratei del contratto di finanziamento, del possibile preavviso al SIC e comunque per la violazione dell’art. 1227 c.c., comma 2 in ragione del fatto che, qualora l’ A. avesse provveduto tempestivamente alle relative contestazioni e trasmissioni della documentazione richiesta a riscontro di quanto comunicato dalla società di finanziamento, il danno non si sarebbe verificato.

Il Giudice ha ritenuto che, fin dal 5/5/2009, la Santander avesse richiesto informazioni all’attore mentre la denuncia sarebbe stata presentata solo in data 18/5/2009. In sostanza,sia l’iscrizione al Sic sia il prolungato tempo di permanente iscrizione dell’ A. allo stesso Sic sarebbero dipesi da fatto e colpa dell’ A. che, qualora avesse tempestivamente risposto alle sollecitazioni della convenuta, avrebbe posto la medesima in condizioni di richiedere tempestivamente la cancellazione del suo nominativo. Conseguentemente ha rigettato l’appello, condannando l’ A. alle spese del grado.

Avverso la sentenza F.A. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Resiste la C. srl con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo – Error in iudicandoi violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. – censura la sentenza nella parte in cui non avrebbe stigmatizzato il comportamento gravemente colposo della Santander la quale, pur essendo consapevole dell’estraneità dell’ A. al finanziamento, non avrebbe dedotto le necessarie conseguenze da tale acquisita consapevolezza. Il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. censurando la sentenza per non aver argomentato circa l’avvenuta dimostrazione, da parte della banca che ne era onerata, di aver avvisato il cliente del rischio della sua iscrizione al Sic., non potendo ritenersi tale la missiva menzionata dal giudice del merito.

1.1 Il motivo è inammissibile, sotto più concorrenti e distinti profili. Innanzitutto il ricorso non soddisfa il requisito di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 in quanto il ricorrente, nell’indicare i mezzi di prova che a suo avviso avrebbero dimostrato di aver ottemperato quanto a suo carico, non indica come e dove abbia indicato già nel precedente grado di merito le testimonianze ingiustificatamente pretermesse dal giudice, nè il contenuto della corrispondenza prodotta. In secondo luogo il motivo è inammissibile perchè di merito volto a suggerire a questa Corte una nuova valutazione delle prove, preclusa al giudice di legittimità.

2. Con il secondo motivo – error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2050 c.c. e art. 1227 c.c., comma 2 in relazione alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 15 – censura la sentenza nella parte in cui ha rilevato che l’ A. non abbia tenuto un comportamento orientato alla ordinaria diligenza, avendo dato riscontro alla nota della Santander del 5/5/2009 solo in data 9/8/2010, mentre non vi era un obbligo giuridico a suo carico. Il Giudice d’Appello avrebbe errato nel ritenere la violazione dell’art. 1227 c.c., comma 2 invece di valutare se la Santander e la C. avessero, dal canto loro, adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, secondo quanto imposto dall’art. 2050 c.c. La sentenza andrebbe cassata per non aver rilevato, a carico delle società convenute, la mancata dimostrazione di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

2.1 Il motivo è inammissibile perchè è del tutto eccentrico rispetto alla ratio decidendi che non ha in alcun modo invocato l’art. 2050 c.c. ma ha rilevato, in punto di fatto – con ciò precludendo ulteriori accertamenti di merito in sede di legittimità – che le due società convenute non fossero passibili di alcuna responsabilità, essendo l’una (La C. srl) estranea al rapporto con la Sic, l’altra (la Santander) avendo ottemperato all’onere di sollecitazione su di essa incombente nei confronti del debitore per evitare il rischio che il medesimo fosse iscritto nel Sic.

3. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese del giudizi di cassazione, liquidate in Euro 2.700 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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