Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23644 del 21/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 21/11/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 21/11/2016), n.23644

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17260-2015 proposto da:

P.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PIETRO BORSIERI 3, presso lo studio dell’avvocato TIZIANA

DONNINI, rappresentato e difeso dall’avvocato CARMINE PERRONE

CAPANO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CBH CITTA’ DI BARI HOSPITAL S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CAPO PELORO, 3, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

COSTANTINO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1393/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 29/04/2015 r.g.n. 2827/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito l’Avvocato PERRONE CAPANO CARMINE;

udito l’Avvocato COSTANTINO GIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza pubblicata il 29 aprile 2015 la Corte d’appello di Bari, decidendo a seguito di reclamo L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 58 confermò la decisione del giudice di primo grado che aveva respinto la domanda proposta da P.S. nei confronti di C.B.H. Città Hospital s.p.a., volta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato al ricorrente per motivi disciplinari.

2. La Corte territoriale, premessa la non applicabilità nella fattispecie della tutela reintegratoria, in ragione della natura dirigenziale delle funzioni espletate dal dott. P., responsabile di tutto il dipartimento di (OMISSIS), nonchè dei reparti e centri afferenti al dipartimento, rilevò la sussistenza della giusta causa del licenziamento, intimato al predetto per avere “intrattenuto dal 1/1/2010 al 30/11/2011 senza segnalare alcunchè alla società e quindi senza alcuna autorizzazione con altre strutture sanitarie accreditate nel comune di Bisceglie rapporti di natura professionale”, e specificamente per avere espletato consulenze specialistiche in nefrologia in maniera continuativa e assidua in favore della Congregazione Ancelle della Divina provvidenza (per l’Ospedale e per il Centro Riabilitazione). Tanto in violazione dell’art. 14 b) e c) del CCNL, in forza del quale l’attività libero professionale del medico deve essere oggetto di valutazione da parte del datore di lavoro, nonchè del divieto di stabilire rapporti professionali con altre strutture ad eccezione di attività occasionali di consulenze e consulti.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il P. sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso C.B.H. Città Hospital s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La censura si appunta sulla mancata considerazione di un documento (nota 22/11/2007) che si assume essere stato trascurato dalla Corte ai fini della valutazione in ordine al ruolo dirigenziale attribuito al ricorrente.

2. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e ss. e degli artt. 2095 e 2103 anche in relazione agli artt. 7, 8, 9, 20 e 53 del CCNL per il personale dipendente da case di cura del 19/1/2005. Vizio di motivazione e violazione delle regole di ermeneutica contrattuale. Mancata ed insufficiente motivazione. Il ricorrente rileva che dalla prova documentale in atti si evince che non risponde al vero che egli fosse responsabile del reparto (OMISSIS), nè che fosse al vertice di struttura complessa. Censura, altresì, l’interpretazione della disciplina contrattuale offerta dalla Corte territoriale.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e ss. e degli artt. 2095 e 2013 anche in relazione agli artt. 7, 8, 9, 20 e 53 del CCNL per il personale dipendente da case di cura del 19/1/2005. Vizio di motivazione e violazione delle regole di ermeneutica contrattuale. Mancata ed insufficiente motivazione. Censura l’interpretazione della Corte territoriale riguardo all’art. 7 CCNL per i medici dipendenti da case di cura, in ragione della quale era stata riconosciuta in capo al P. la qualifica di dirigente.

4. Il ricorrente, infine, deduce omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto controverso. Illegittimità del licenziamento per violazione del principio dell’immediatezza della contestazione e per inesistenza della giusta causa, violazione e falsa applicazione dell’art. 18 SL. Rileva che la CBH era a conoscenza dell’espletamento da parte del dott. P., sin dal 2006, dell’attività di consulenza; che, inoltre, non rispondeva al vero che le consulenze mediche specialistiche in nefrologia fossero effettuate in maniera continuativa e assidua, trattandosi al contrario di attività occasionale. Pone in rilievo la tardività del licenziamento (già oggetto di preliminare eccezione), rilevando che, proprio perchè noto che il P. era stato autorizzato ad espletare consulenze nefrologiche a pazienti della CBH sin dal 2006, doveva ritenersi che il provvedimento disciplinare fosse stato adottato tardivamente e in palese violazione del principio di immediatezza della contestazione di cui all’art. 7 Statuto dei Lavoratori.

4.1. Va rilevato preliminarmente quanto alla quarta censura, si rileva nell’ordine logico che la Corte territoriale ha risposto esaurientemente sul punto relativo alla tardività del licenziamento, mediante riferimento al contenuto della convenzione intrattenuta nel 2006 con la Congregazione (della quale egli aveva dato notizia alla CBH con nota dell’agosto 2006), posto in correlazione con il ben diverso contenuto della convenzione intrattenuta dallo stesso a partire dal 2010, della quale la società era venuta a conoscenza nel 2013 a seguito dell’effettuazione di un controllo. In proposito la Corte ha evidenziato che “la convenzione prevede un’attività di contenuto ontologico e quantitativo ben diverso da quella di cui alla comunicazione del 2006: quest’ultima prevedeva un’assistenza occasionale, la nuova convenzione prevede un’attività di consulenza – anche per esterni in difetto di diversa specificazione – svolta per due volte al mese, quindi non saltuariamente ma continuativamente, sebbene con un certo intervallo, per tre ore ad accesso e con possibilità di incremento degli accessi. E’ stato, quindi, prestato un servizio tale che la Congregazione poteva vantare di assicurare una certa assistenza per le patologie nefrologiche in concorrenza con quella offerta nel medesimo territorio dalla CBH”. Quanto poi agli altri rilievi, il ricorrente si è limitato a proporre una valutazione delle risultanze istruttorie alternativa rispetto a quella offerta in sentenza, in tal modo sottoponendo alla Corte di legittimità questioni di mero fatto atte a indurre a un preteso nuovo giudizio di merito precluso in questa sede (v. Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014, Rv. 633335,: Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti), peraltro in regime di vizio di motivazione censurabile nei ristretti termini prescritti dalla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

5. In conclusione va rigettato il quarto motivo, mentre gli altri restano assorbiti, riguardando questioni concernenti le conseguenze di un’ipotetica ritenuta illegittimità del licenziamento. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il quarto motivo del ricorso, assorbiti gli altri. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della società resistente, liquidate in complessivi Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori si legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2016

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