Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23643 del 21/11/2016


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Cassazione civile sez. I, 21/11/2016, (ud. 19/10/2016, dep. 21/11/2016), n.23643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – rel. Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5482/2011 proposto da

FALLIMENTO DI P.G., (C.F. (OMISSIS)), in persona del

curatore pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore

Rijli, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Paolo

Maldari in Roma, via Filippo Corridoni 4;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege

dall’Avvocatura dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA E.TR. S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso il decreto del Tribunale di Reggio Calabria, depositato il 3

gennaio 2011 nel procedimento iscritto al n.r.g. 4693/2011;

Sentita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 19 ottobre 2016 dal Presidente relatore dott. Aniello Nappi;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il curatore del fallimento di P.G. ricorre per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Reggio Calabria depositato il 3 gennaio 2011, che accolse l’opposizione proposta da Equitalia E.TR. s.p.a. avverso lo stato passivo del detto fallimento, in relazione a taluni crediti di natura tributaria.

Secondo il tribunale, per quanto qui ancora rileva, infondata si palesava l’eccezione del fallimento opposto concernente la determinazione degli interessi di mora maturati sui tributi, mentre tutte le spese di insinuazione dovevano essere ammesse al concorso, essendo irrilevante la circostanza che la domanda fosse stata depositata tra quelle tardive.

Il ricorso è affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate; Equitalia E.TR. s.p.a. non ha spiegato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità del decreto impugnato, per violazione dell’art. 132 c.p.c., avendo il tribunale del tutto omesso di motivare sull’eccezione sollevata dal fallimento relativa alla determinazione degli interessi di mora sui tributi ammessi al passivo.

Con il secondo motivo lamenta la violazione della L. Fall., artt. 93 e 101, non avendo il creditore istante diritto ad insinuarsi per le spese sostenute successivamente alla dichiarazione di fallimento.

2.- Il primo motivo è inammissibile.

Il giudice del merito ha disatteso l’eccezione del ricorrente in quanto generica. Sicchè, per un’adeguata censura di questa decisione, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che la sua censura era in realtà specifica, se non riportandola integralmente, quantomeno riassumendone il testo. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice del merito fossero state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili e, dall’altro, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, sia indicato l’atto difensivo o il verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività e, in se-

condo luogo, la decisività (Cass. 4 marzo 2013, n. 5344). E in questa prospettiva il principio di autosufficienza del ricorso ha una sua plausibilità, perchè si ricollega alla prescrizione di specificità dei motivi d’impugnazione, tanto da ricevere un esplicito riconoscimento normativo nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

Nella vicenda all’esame di questa Corte il ricorrente non solo ha trascurato di trascrivere l’esatto contenuto dell’eccezione che avrebbe formulato nel corso del giudizio di opposizione allo stato passivo, ma ha altresì omesso di indicare in quale atto difensivo tale eccezione sarebbe stata formulata per la prima volta, restando così il motivo inammissibile.

3.- Il secondo motivo è privo di fondamento.

Invero, questa Corte ha già stabilito che le spese d’insinuazione al passivo sostenute dall’Agente della riscossione (i cd. diritti di insinuazione), rappresentano i costi normativamente forfetizzati di una funzione pubblicistica e, in quanto previste da una disposizione speciale equiordinata rispetto al principio legislativo di eguaglianza sostanziale e di pari accesso al concorso di tutti i creditori di cui alla L. Fall., artt. 51 e 52, hanno natura concorsuale e vanno ammesse al passivo fallimentare in ragione di un’applicazione estensiva del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, che prevede la rimborsabilità delle spese relative alle procedure esecutive individuali, atteso che un trattamento differenziato delle due voci di spesa risulterebbe ingiustificato, potendo la procedura concorsuale fondatamente ritenersi un’esecuzione di carattere generale sull’intero patrimonio del debitore (Cass. 22 dicembre 2015, n. 25802).

4. – Le spese seguono la soccombenza tra le parti costitute.

PQM

La Corte respinge il ricorso; condanna il fallimento ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla controricorrente, liquidate in Euro 2,500,00, di cui Euro 2.300,00 per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2016

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