Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23643 del 09/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/10/2017, (ud. 16/05/2017, dep.09/10/2017),  n. 23643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16585/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

INTESA SANPAOLO SPA, in persona del Procuratore Speciale e legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VENTIQUATTRO

MAGGIO 43, presso lo studio dell’avvocato CORRADO GRANDE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO GUIDO

ANTONINI;

– controricorrente –

e contro

BANCA FIDEURAM SPA, STATE STREET BANK SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2522/29/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA di

MILANO, depositata il 27/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso in Cassazione affidato a un unico motivo, nei cui confronti la parte contribuente ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR della Lombardia, relativa ad un avviso di liquidazione emesso per imposta complementare di registro, per riqualificazione dell’atto tassato da conferimento d’azienda e successiva cessione di quote sociali in cessione d’azienda, lamentando la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20,in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente i giudici d’appello non avrebbero ravvisato nella fattispecie un’operazione elusiva, comportante un risparmio “secco” d’imposta, tenuto conto della unicità dello sviluppo economico alla base dell’operazione che, diversamente, non troverebbe logica spiegazione e ciò, in quanto, l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati a registrazione – conferimento di ramo d’azienda seguito a distanza di pochi giorni da una cessione di quote da parte della stessa società conferente alla capogruppo della società conferitaria – aveva come “ragione pratica” quella di una cessione d’azienda, che avrebbe scontato l’imposta di registro in misura proporzionale e non in misura fissa, in quanto, si doveva attribuire nella specie, preminenza alla causa reale sull’assetto cartolare; nella sostanza, l’ufficio ha evidenziato come la scelta del conferimento presuppone la volontà da parte del soggetto cedente di mantenere il controllo dell’azienda, attraverso lo strumento della partecipazione azionaria, laddove, nella presente vicenda la partecipazione conseguita da Banca Fideuram a seguito del conferimento d’azienda in banca Intesa San Paolo Servizi SpA è stata immediatamente ceduta alla capogruppo Intesa San Paolo SpA, sicchè sarebbe evidente la volontà di cedere l’azienda e non di conferirla e che il comportamento non economico della società contribuente sarebbe stato dettato dall’unica finalità del risparmio fiscale, evitando, in tal modo, il giudizio di congruità sull’azienda ceduta.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.

Il ricorso è inammissibile, perchè non censura le rationes decidendi della sentenza impugnata; infatti, essendo pacifici i principi regolatori della materia, sull’imposta di registro, in tema di riqualificazione degli atti presentati a registrazione, sulla base della loro intrinseca natura e degli effetti giuridici – del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 – i giudici d’appello hanno ritenuto che l’operazione societaria realizzata avesse proprio il senso e la finalità prospettata dalle società coinvolte nell’operazione, mentre, l’ufficio non ha confutato gli argomenti in fatto proposti dalla CTR, secondo i quali, gli elementi offerti dall’Agenzia delle Entrate, in appello, non provavano la cessione d’azienda (in luogo del conferimento della stessa, con successiva cessione delle quote), nè tali argomentazioni sono state censurate nella presente sede di legittimità sub n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1; inoltre, la medesima Agenzia delle Entrate non ha censurato in maniera concreta, specifica e convincente la ratio decidendi della sentenza impugnata, sull’assenza, nell’operazione di qualsiasi volontà elusiva.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Poichè la parte ricorrente è un’amministrazione dello Stato, non è tenuta al versamento del doppio del contributo unificato (Sez. 6-L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714; Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna l’Agenzia delle Entrate a pagare alla parte contribuente le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017

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