Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23641 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. I, 11/11/2011, (ud. 20/09/2011, dep. 11/11/2011), n.23641

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2259-2007 proposto da:

T.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA OSLAVIA 14, presso lo STUDIO DE ROSA, rappresentato e

difeso dall’avvocato RUTA CARMELO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATORE DEL FALLIMENTO DI C.N.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 675/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 28/07/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2011 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’inammissibilità o

manifesta infondatezza del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 18.11.92, T.A. propose opposizione allo stato passivo del fallimento di C.N., lamentando la mancata ammissione del credito da lavoro insinuato.

Con sentenza del 23.5.02, il Tribunale di Modica dichiarò inammissibile l’opposizione, rilevando che l’opponente, dopo aver notificato al curatore il ricorso ed il decreto di comparizione all’udienza fissata dal G.D., del 18.3.93, non aveva provveduto all’iscrizione della causa a ruolo ed aveva omesso di coltivare il giudizio fino al 18.11.2000, data nella quale aveva chiesto la fissazione di una nuova udienza per la sua prosecuzione.

La Corte d’Appello di Catania, con sentenza pubblicata il 28.7.2006, respinse il gravame proposto dal T. contro la decisione.

La sentenza è stata impugnata dal T. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Il Fallimento di C.N. non ha svolto difese;

Con il primo motivo, il ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione dell’art. 165 c.p.c., art. 98, L. Fall., e art. 71 disp. att. c.p.c. ed ha formulato, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito di diritto: “se gli adempimenti espletati dall’opponente possano essere sufficienti a perfezionare la costituzione in giudizio anche in mancanza di deposito della nota di iscrizione a ruolo”.

Con il secondo motivo, il T. ha denunciato violazione ed errata applicazione delle norme di cui agli artt. 2727 e ss. c.c., nonchè vizio di motivazione, ed ha chiesto a questa Corte di accertare: “se la motivazione della sentenza della Corte di merito sia da ritenere congrua dal punto di vista logico, immune da errori di diritto e rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

E’ principio costantemente affermato da questa Corte che, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve contenere: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie.

Il quesito deve, in sostanza, essere formulato in maniera da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata.

E pertanto inammissibile il ricorso, che, come quello proposto dal T., contenga quesiti di diritto che si limitino a chiedere alla S.C., puramente e semplicemente, di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge, senza chiarire quale sia l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata e senza enunciare il diverso principio ritenuto applicabile alla concreta fattispecie dedotta in giudizio (Cass. S.U. nn. 12339/010, 26020/08).

Parimenti inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. è il ricorso che, nell’ipotesi contemplata dal n. 5 del I comma dell’art. 360 c.p.c., sia privo di un momento di sintesi, volto a circoscriverne puntualmente i limiti, in modo da non ingenerare incertezze in ordine alla sua formulazione ed alla valutazione della sua immediata ammissibilità (Cass. S.U. nn. 20603/07, 12339/010 cit.). In conclusione, ancorchè le questioni giuridiche affrontate nel ricorso siano state già ritenute infondate da questa Corte con sentenza resa in fattispecie analoga (Cass. n. 14061/07), nel caso di specie l’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

Non v’è luogo alla liquidazione delle spese di lite, attesa la mancanza di attività difensiva dell’intimata curatela.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

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