Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2364 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/01/2017, (ud. 06/12/2016, dep.31/01/2017),  n. 2364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20876-2013 proposto da:

T.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

G.B. MORGAGNI 2-A, presso lo studio dell’avvocato UMBERTO SEGARELLI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERFELICE

GUALFUCCI giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE GENAZZANO in persona del Sindaco e legale rappresentante pro

tempore A.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C.

MONTEVERDI, 20, presso lo studio dell’avvocato NICOLA LAIS, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIULIO LAIS giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 146/2013 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 26/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2016 dal Consigliere Dott. RUBINO LINA;

udito l’Avvocato UMBERTO SEGARELLI;

udito l’Avvocato NICOLA LAIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto.

Fatto

I FATTI DI CAUSA

Il collezionista T.G. evocava in giudizio il Comune di Genazzano, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti dalla sua collezione di quadri, concessa in prestito al Comune di Genazzano per essere esposta per alcuni mesi all’interno del Castello Colonna.

Il Tribunale condannava il Comune al risarcimento dei danni nella misura di oltre 2.900.000,00 Euro.

In appello, il Comune impugnava di falso la lettera, apparentemente sottoscritta dal Sindaco del Comune, con la quale si chiedevano in prestito le opere. Non avendo il T. dichiarato di volersi avvalere della lettera, la Corte d’Appello di Perugia sovvertiva l’esito del giudizio di primo grado ritenendo che, espunto dal giudizio tale documento, non vi fosse prova della legittimazione passiva del Comune, che avrebbe dovuto fondarsi su un contratto di comodato tra il collezionista e il Comune, atteso che l’organizzazione della mostra era stata curata dalla società Zetema, che aveva curato ogni contatto con il collezionista ed aveva anche stipulato la polizza di assicurazione dei quadri “da chiodo a chiodo” sostenendone i costi.

T.G. propone ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi ed illustrato da memoria, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Perugia, n. 146/2013, depositata il 26.4.2013, nei confronti del Comune di Genazzano.

Resiste il Comune di Genazzano con controricorso.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio ritiene che la causa consenta una definizione con motivazione semplificata. Con il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, il T. denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Contesta che la corte, dopo aver sgombrato il campo dalla richiesta di prestito proveniente dal Comune, pur avendo affermato che per verificare la fondatezza o meno della eccezione di difetto di legittimazione passiva in capo al Comune si rendesse necessario esaminare le altre risultanze probatorie, le abbia poi ritenute non concludenti in favore del danneggiato.

Attraverso i tre motivi, il ricorrente tende in realtà ad ottenere un riesame dei fatti che sono stati accertati nel corso del giudizio di merito (la richiesta di prestito da parte del Comune, risultante non dalla sottoscrizione di una formale richiesta, ma da una serie di prove orali atte a documentare i numerosi incontri in tal senso, le dichiarazioni del Comune di Genazzano nei suoi atti difensivi, alle quali il ricorrente attribuisce il significato di riconoscimento dell’essere il reale destinatario del prestito dei quadri, la constatazione dei danni da parte dell’assessore alla cultura, la diffida del Comune al T. di riprendere in consegna le opere, dopo il termine della mostra), inammissibile in questa sede.

Infine, con il quarto motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per difetto di motivazione e l’esistenza di una motivazione solo apparente, inidonea a dare realmente conto delle ragioni della decisione.

Il motivo è infondato. Esso denuncia la radicale mancanza di argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione. Al contrario, La corte d’appello esamina approfonditamente tutte le risultanze probatorie residue, una volta che dal giudizio è stata eliminata la richiesta di prestito proveniente dal Comune di Genazzano, avverso la quale come si è detto il Comune proponeva querela di falso, e dà conto coerentemente del perchè non le ritiene idonee a far emergere la prova di un rapporto di comodato tra il Comune e il T. (in mancanza anche di un interrogatorio formale nei confronti del Comune, in presenza di una polizza assicurativa a tutela dei danni eventualmente patiti dal T. predisposta e pagata da Z.), possibile fonte di una sua responsabilità per omessa custodia.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Pone a carico del ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 20.200,00, di cui 200,00 per spese, oltre contributo spese generali ed accessori.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di cassazione, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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