Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2364 del 03/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 03/02/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 03/02/2020), n.2364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8228/2018 proposto da:

A.M., domiciliata in ROMA, VIA AURELIA 190-A, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMO FELICI, rappresentata e difesa dagli

avvocati MARIA ANTONIETTA TORTORA, GAETANO FRISCIONE, MADDALENA

SESTINI;

– ricorrente –

contro

VORWERK ITALIA S.A.S. DI VORWERK MANAGEMENT S.R.L., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA NOMENTANA 217, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

CIANNAVEI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MICHELANGELO MONTEFUSCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 07/02/2018 r.g.n. 850/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/11/2019 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MARIA ANTONIETTA TORTORA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Salerno, con sentenza pubblicata il 7 febbraio 2018, ha dichiarato “inammissibile il reclamo” proposto da A.M. nei confronti della Vorwerk Contempora Srl avverso la “ordinanza” pronunciata in data 3 ottobre 2017 dal Tribunale di Salerno con cui era stata rigettata l’impugnativa di licenziamento proposta con ricorso ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 48.

2. I giudici d’appello in sintesi hanno ritenuto che, secondo il rito applicabile alla fattispecie, non sarebbe stato possibile fare reclamo per saltum senza aver prima proposto “avverso l’ordinanza oggetto del presente giudizio, l’opposizione prevista dal cd. rito Fornero”.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso A.M. con unico articolato motivo, cui ha resistito la società con controricorso.

All’udienza del 6 giugno 2019 la causa è stata rinviata per impedimento dell’originario difensore della ricorrente, cui si è aggiunto, in prossimità della nuova udienza, altro procuratore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il mezzo di ricorso si denuncia “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 132,133 e 134 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3)” assumendo che “il provvedimento del primo Giudice è una ordinanza con valore di sentenza” soggetta quindi a reclamo, contenendo “una ampia esposizione dello svolgimento del processo, una altrettanto ampia disamina del compendio testimoniale e delle ragioni di diritto e di fatto trattate ed un chiaro dispositivo con una trattazione che ha richiesto ben diciassette pagine”; si deduce che “la decisione relativa alla fase sommaria si articola con una motivazione piena, esaustiva all’esito di una trattazione durata dal 21.4.2015 al 3.10.2017” e che “la denominazione di ordinanza che titola il provvedimento è da ritenersi un errore materiale che non rende nullo l’atto”.

2. In disparte l’profili di inammissibilità – derivanti sia dalla formulazione del motivo che denuncia nelle forme dell’error in iudicando ciò che invece costituirebbe un eventuale error in procedendo, senza che venga adeguatamente specificato come tale vizio determinerebbe la nullità della sentenza o del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sia dal non aver riportato il contenuto della “ordinanza” di primo grado di cui si discute, così da consentire al Collegio di delibare in limine litis la natura del provvedimento di prime cure di cui si controverte – la censura non merita accoglimento.

Invero nel rito cd. “Fornero”, il giudizio di primo grado è unico a composizione bifasica, con una prima fase ad istruttoria sommaria, diretta ad assicurare una più rapida tutela al lavoratore, ed una seconda fase a cognizione piena che della precedente costituisce una prosecuzione, sicchè l’unico rimedio esperibile avverso il provvedimento conclusivo della fase sommaria, anche quando in mero rito, è il ricorso in opposizione previsto dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 51 e non il reclamo che, ove proposto, va dichiarato inammissibile (in termini, Cass. n. 19552 del 2016).

Non giova a parte ricorrente il richiamo a Cass. n. 8467 del 2017 dettata in fattispecie peculiare in cui il giudice, adito L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 48, aveva pronunciato “sentenza” all’esito di una “unificazione delle due fasi del giudizio di primo grado del cd. rito Fornero” ed aveva adottato una pronuncia finale “avente veste formale di sentenza, oltre che sostanziale”.

Il precedente pertanto non si attaglia al caso all’esame del Collegio laddove il primo giudice non ha proceduto a tale unificazione delle due fasi; anzi, all’esito della prima ha pronunciato “ordinanza”, con un provvedimento la cui forma adottata non diverge da quella prevista dal legislatore (cfr. appunto Cass. n. 8467/2017 cit.), sicchè alcuna apparenza diversa dalla sostanza o affidamento poteva ingenerare nel destinatario; provvedimento che non può trasmutare la sua natura di ordinanza, opponibile e non reclamabile, per il numero delle pagine in cui è redatto o per la durata del procedimento.

3. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con spese liquidate secondo soccombenza.

Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2020

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