Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23639 del 21/11/2016


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Cassazione civile sez. I, 21/11/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 21/11/2016), n.23639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7860-2012 proposto da:

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI VIBO VALENTIA, in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

ANGELICO 78, presso l’avvocato LUCA GENTILE, rappresentata e difesa

dall’avvocato VINCENZO DE MASI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI CATANZARO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLA CAMILLUCCIA 145, presso l’avvocato EMANUELA PASTORE STOCCHI,

rappresentata e difesa dall’avvocato FEDERICA PALLONE, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

T.A.M., T.M.;

– intimate –

Nonchè da:

T.A.M. (c.f. (OMISSIS)), T.M. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI

6, presso l’avvocato ANDREA PIETROPAOLI, rappresentate e difese

dall’avvocato LEONARDO SGANGA, giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI VIBO VALENTIA, AMMINISTRAZIONE

PROVINCIALE DI CATANZARO;

– intimate –

avverso la sentenza n. 149/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 09/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2016 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato DE MASI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, rigetto dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Vibo Valentia condannava la Provincia di Catanzaro a pagare ad A.M. e T.M. la somma di Euro 99.913,73, oltre rivalutazione ed interessi, per l’occupazione illegittima di un fondo destinato a strada, e disponeva l’estromissione della Provincia di Vibo Valentia.

La decisione veniva i in parte, riformata dalla Corte d’Appello di Catanzaro, che, con la sentenza indicata in epigrafe e per quanto d’interesse, dopo aver qualificato l’illecito come un caso di occupazione usurpativa: a) riteneva la Provincia di Catanzaro, priva di legittimazione passiva, assolvendola dalla domanda, per essere i beni ricompresi nell’ambito della Provincia di Vibo Valentia, istituita con D.Lgs. n. 253 del 1992 e succeduta, a titolo universale, a quella di Catanzaro nel rapporto sostanziale e processuale; b) liquidava il danno, tenuto conto della destinazione urbanistica del suolo in complessivi Euro 53.599,34, oltre rivalutazione ed interessi, basandosi, per le aree agricole, sui dati catastali; c) compensava le spese di lite.

Per la cassazione di tale sentenza, hanno proposto ricorso, in via principale la Provincia di Vibo Valentia, con un motivo ed, in via incidentale, le danneggiate con tre motivi. La Provincia di Catanzaro ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col proposto ricorso, deducendo la violazione dell’art. 111 c.p.c., in relazione al D.Lgs. n. 253 del 1992, art. 3 la ricorrente censura la statuizione sub a) di parte narrativa, affermando che l’istituzione di esso ente, mediante scorporo di alcuni comuni, non fa venir meno la legittimazione passiva della Provincia di Catanzaro, quale ente espropriante, sicchè “il debito indennitario contratto dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro mediante l’occupazione usurpativa prima della istituzione del nuovo ente non può essere trasferito nel patrimonio della Provincia di Vibo Valentia”.

2. Col primo motivo del ricorso incidentale, A.M. e T.M. si dolgono, anch’esse, della ritenuta successione in universum jus, evidenziando che la perdurante esistenza dell’ente va considerata non in riferimento ad alcuni soltanto dei beni, bensì in assoluto.

3. Procedendo alla valutazione congiunta dei motivi, che attengono alla medesima questione, va osservato che secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 8377 del 2016; n. 21209 del 2014; n. 535 del 2002) la successione tra enti pubblici va considerata a titolo particolare quando la legge o l’atto amministrativo che hanno disposto la soppressione di un ente pubblico abbiano previsto una fase di liquidazione e la cessazione degli scopi dell’ente soppresso, mentre ricorre una successione in universum ius quando le finalità dell’ente soppresso siano state trasferite ad altro ente, unitamente al passaggio sia pure parziale di strutture e beni, ed al subingresso immediato nei rapporti giuridici inerenti alle funzioni trasferite faccia riscontro anche l’estinzione dell’ente preesistente, con l’attribuzione al successore di tutti i rapporti che ad esso facevano capo: ove, infatti, alla costituzione del nuovo ente non corrisponda l’estinzione di quello preesistente, il quale rimanga in vita con scopi più ristretti, conservando la titolarità di alcune delle funzioni ad esso originariamente spettanti e quella dei rapporti giuridici alle stesse inerenti, la vicenda deve necessariamente essere qualificata come successione a titolo particolare, avendo ad oggetto soltanto una parte dei rapporti già facenti capo al dante causa (cfr. Cass. n. 21209 del 2014 cit. e giurisprudenza ivi citata).

5. Se, a tale stregua, il passaggio di competenze avvenuto con la costituzione della nuova Provincia attua una successione a titolo particolare (cfr. Cass. n. 11045 del 2002; n. 3398 del 2004, in tema di istituzione della Provincia di Prato) sicchè la contraria affermazione dei giudici del merito ed il rigetto della domanda nei confronti della Provincia di Catanzaro è erronea, come postulato dalle ricorrenti incidentali, tanto non giova alla ricorrente principale, che chiede, in sostanza, di essere assolta dalla domanda.

6. Posto, infatti, che nella specie, non si è in presenza di un credito indennitario sorto in precedenza, come erroneamente deduce la ricorrente, proprio perchè ricorre il caso di un’occupazione usurpativa, va rilevato che i giudici di merito hanno accertato che l’irreversibile trasformazione del terreno è avvenuta nel 1987 (cfr. pag. 15 sentenza) laddove il trasferimento da Catanzaro a Vibo Valentia dei cinquanta Comuni (tra i quali Spilinga nel cui territorio sono compresi i beni occupati) è stato disposto con D.Lgs. 6 marzo 1992, n. 253, entrato in vigore il 16.4.1992. Ne consegue che alla data del 16.11.1992, di notifica della citazione introduttiva del giudizio, quando le proprietarie, chiedendo il risarcimento del danno, hanno scelto di disinteressarsi della titolarità del terreno, la detenzione del bene era già transitata in capo alla ricorrente, risultando, così, applicabile la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la titolarità passiva del rapporto obbligatorio aquiliano va riconosciuta non solo in capo a colui che ha proceduto alla materiale apprensione del bene, al compimento delle attività anche giuridiche necessarie a tal fine, nonchè all’esecuzione dell’opera pubblica (nella specie la Provincia di Catanzaro) ma anche in capo a colui il quale conserva l’occupazione dell’immobile senza titolo (la Provincia di Vibo Valentia), in quanto in tale comportamento possono individuarsi tutti gli elementi della responsabilità aquiliana: la condotta attiva od omissiva, l’elemento psicologico della colpa, il danno, il nesso di causalità tra condotta e pregiudizio.

7. Col secondo motivo del ricorso incidentale, le Tripodi invocano la sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011, evidenziando che il risarcimento relativo ai terreni non aventi destinazione edificatoria è stato determinato dal CTU e dalla sentenza che lo ha recepito, in ragione della destinazione catastale, senza alcuna valutazione delle caratteristiche effettive dei beni, che, invece, ne denotavano la natura edificabile.

8. Il motivo è fondato nei seguenti termini. Trattandosi di occupazione usurpativa, il risarcimento, secondo la costruzione dell’istituto data dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. SSUU 30.5.05 n. 11335; Cass. 28.3.01 n. 4451; 30.1.01 n. 1266; 18.2.00 n. 1814; 10.7.99. n. 7268; 10.1.98 n. 148; 26.8.97 n. 7998; SS.UU. 4.3.97 n. 1907), deve esser commisurato all’integrale valore di mercato del suolo occupato. Tale regola, per effetto dell’invocata sentenza n. 181 del 2011 – emessa a seguito di quelle n. 348 e 349 del 2007 per i suoli edificatori – vale oggi, anche, per il sistema indennitario (l’occupazione acquisitiva risulta parificata in toto a quella usurpativa, cfr. Cass. SU n. 735 del 2015), sistema che risulta, appunto, agganciato al valore venale del bene.

9. La natura usurpativa dell’occupazione non annulla tuttavia la connotazione dei suoli ablati data dallo strumento urbanistico generale, e non consente alcun ricorso integrativo o sostitutivo alla edificabilità di fatto, tenuto conto che la distinzione tra suoli edificabili e non edificabili è imposta dalla disciplina urbanistica in funzione della razionale programmazione del territorio – anche ai fini della conservazione di spazi a beneficio della collettività e della realizzazione di servizi pubblici – e che l’inclusione dei suoli nell’uno o nell’altro ambito va effettuata in ragione di un unico criterio discretivo: quello dell’edificabilità legale, posto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 tuttora vigente, e recepito nel T.U. espropriazioni di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37, sicchè un’area va ritenuta edificabile solo quando la stessa risulti in tal senso classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici (Cass. n. 7987/2011; n. 9891/2007; n. 3838/2004; n. 10570/2003; SU. n. 172 e n. 173/2001), con la precisazione, tuttavia che, all’interno della categoria suoli inedificabili, rivestono valore (anche a fini indennitari) le possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.), sempre che siano assentite dalla normativa vigente, sia pur con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative.

10. L’impugnata sentenza, che ha determinato il dovuto senza considerare le peculiarità del bene (ed in concreto, secondo quanto desumibile dall’enunciazione delle colture “seminativo, seminativo arborato, uliveto, incolto produttivo”, sulla scorta dei VAM, dichiarati incostituzionali) va cassata, con rinvio per un nuovo esame, alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione, che provvederà a determinare il dovuto al lume degli esposti criteri.

11. Il terzo motivo del ricorso incidentale, relativo alla regolamentazione delle spese del giudizio resta assorbito, dovendo il giudice del rinvio provvederà, anche; alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale accoglie il primo ed il secondo motivo di quello incidentale, assorbito il terzo, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Catanzaro, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2016

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