Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23635 del 21/11/2016

Cassazione civile sez. I, 21/11/2016, (ud. 22/09/2016, dep. 21/11/2016), n.23635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3297/2016 proposto da:

B.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TRIONFALE

81, presso l’avvocato MARIO DE CAPRIO, che lo rappresenta e difende,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.R., nella qualità di curatore speciale della minore

B.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO

61, presso l’avvocato GIUSEPPINA MENICUCCI, che la rappresenta e

difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

B.A.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7146/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato C. DE CONCILIIS, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato G. MENICUCCI che si

riporta per il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma, Sezione per i minorenni, con sentenza 28 dicembre 2015, ha rigettato il gravame di B.C. e di B.A.A. avverso la sentenza impugnata del Tribunale per i minorenni di Roma in data 20 febbraio 2004, che aveva dichiarato lo stato di adattabilità di I. (nata il (OMISSIS)), figlia degli appellanti, mentre aveva dichiarato non luogo a provvedere sullo stato di adattabilità dell’altro figlio S. (divenuto maggiorenne).

Per quanto ancora interessa, la Corte ha evidenziato quanto segue: dopo una tormentata convivenza, finita con un episodio di violenza nei confronti della compagna in data (OMISSIS), il B. si era allontanato per molti anni dal nucleo familiare, abbandonando la compagna che era incapace di prendersi cura dei figli, le cui condizioni di abbandono emersero in data (OMISSIS) quando, dopo una violenta lite del figlio più grande S. con la madre, intervennero gli agenti di pubblica sicurezza che, avendo riscontrato le precarie condizione in cui viveva il nucleo familiare, collocarono i figli in una casa famiglia; in data (OMISSIS), il figlio S. cercò il padre con il quale andò a vivere, avendo ripristinato un valido rapporto con lui; il B. si era mostrato disponibile a recuperare i contatti anche con l’altra figlia, I., ma la Corte ha ritenuto che questa disponibilità fosse tardiva e non idonea ad evitare la dichiarazione di adottabilità; le condizioni di I. erano buone, era una bambina vivace, intelligente, capace di adattarsi ad ogni situazione, con “buona volontà” a scuola ed era migliorata “nella socialità”; tuttavia il padre era in difficoltà nel comprendere le sue esigenze e non aveva capacità genitoriali che avrebbe potuto recuperare, secondo il parere del c.t.u., con un affiancamento e se coadiuvato dalla ex compagna con la quale, però, non v’era una condivisione di un progetto genitoriale comune; tale giudizio è stato tratto dal fatto che in passato egli aveva abbandonato i figli, adducendo una giustificazione inadeguata (cioè di essere stato estromesso nella cura dei figli dalla compagna), e aveva ripreso i contatti con loro in modo casuale; infine, la Corte ha giustificato la mancata audizione della minore in considerazione della sua tenera età e del fatto che la bambina non aveva alcun ricordo del padre.

Avverso questa sentenza il B. ha presentato ricorso, affidato a un motivo, cui si è opposta l’avv. G.R., nella qualità di curatrice speciale della minore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il B. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 6, 8 e 14, artt. 3, 5, 7, 18 e 29 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176, nonchè vizio di motivazione, per avere dichiarato lo stato di adottabilità della figlia I., recidendo ogni legame con il padre biologico, senza valutare la propria dimostrata determinazione di prendersi cura di lei, senza un accertamento in concreto della sua adeguatezza a svolgere la funzione genitoriale (contraddittoriamente valutata in modo positivo nei confronti dell’altro figlio, S.), senza verificare l’esistenza dello stato di abbandono e di pregiudizi gravi e non transitori allo sviluppo e all’equilibrio psicofisico della minore, con conseguente violazione del diritto della figlia a vivere nella famiglia di origine e del diritto del padre alla genitorialità; inoltre, è censurato il mancato e doveroso ascolto della figlia che, sebbene di età inferiore a dodici anni, era capace di discernimento e avrebbe dovuto essere interpellata per esprimere il proprio punto di vista su decisioni fondamentali che la riguardavano.

Il motivo è fondato in entrambi i profili.

L’argomentazione espressa dalla Corte di merito circa la mancata audizione della minore si risolve in una falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 15, comma 2, il quale esclude la necessità dell’audizione soltanto “in considerazione della capacità di discernimento” del minore che non abbia compiuto dodici anni. A tale riguardo nessuna valutazione è stata fatta dalla Corte di merito che si è limitata a evidenziare in modo tautologico la tenera età della bambina (di quasi undici anni all’epoca della sentenza impugnata) e il fatto che non aveva ricordi del padre, senza però esprimersi sulla sua capacità di discernimento e contraddicendo l’affermazione secondo la quale I. è una bambina “adultizzata”.

Con riguardo all’ulteriore profilo dell’accertamento dello stato di adottabilità della figlia minore I., la Corte non ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui tale stato sussiste solo in presenza di fatti gravi, indicativi, in modo certo, dello stato di abbandono, morale e materiale, che devono essere specificamente dimostrati in concreto, senza possibilità di dare ingresso a giudizi sommari di incapacità genitoriale, non basati su precisi elementi fattuali idonei a dimostrare un reale e attuale pregiudizio per il minore, del quale il giudice di merito deve dare adeguatamente conto in concreto (Cass. n. 7391/2016).

Nella specie, la Corte romana si è soffermata sugli aspetti positivi attinenti alla crescita e al carattere di I. nonchè al rapporto tra il padre e l’altro figlio maggiorenne ( S.), ma ha espresso un giudizio di incapacità genitoriale nei confronti del ricorrente stigmatizzando suoi comportamenti risalenti a molti anni prima e sue imprecisate difficoltà nel comprendere le esigenze della figlia, ma senza una valutazione specifica, concreta e attuale della sua idoneità genitoriale e senza tenere conto della sua positiva volontà (già concretamente dimostrata con l’altro figlio) di recuperare il rapporto con I..

In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, Sezione per i minorenni, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, Sezione per minorenni, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2016

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