Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23630 del 24/09/2019

Cassazione civile sez. III, 24/09/2019, (ud. 19/03/2019, dep. 24/09/2019), n.23630

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel.Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9148/2017 R.G. proposto da:

T.G., rappresentata e difesa dall’Avv. Saverio Cosi, con

domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Caio Mario, n.

13;

– ricorrente –

contro

Intesa Sanpaolo s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Benedetto Gargani, con

domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale di Villa

Grazioli, n. 15;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 104 del Tribunale di Roma depositata il 5

gennaio 2017;

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere

Dott. Cosimo D’Arrigo;

letta l’ordinanza impugnata;

letti il ricorso e il controricorso.

Fatto

RITENUTO

T.G., creditrice di Intesa Sanpaolo s.p.a., procedeva esecutivamente nei confronti dell’istituto di credito, notificando un atto di pignoramento presso terzi.

La banca proponeva opposizione all’esecuzione, deducendo l’illegittimità della notifica dell’ordinanza di assegnazione unitamente al precetto, e, comunque, di aver pagato l’intera sorte assegnata.

Disposta la sospensione dell’esecuzione, la causa era riassunta nel merito dalla creditrice.

Il giudice di pace, davanti al quale si costituiva la banca, accoglieva l’opposizione.

La T. appellava la decisione innanzi al Tribunale di Roma, che rigettava il gravame.

Avverso questa decisione la T.G. ha proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi, chiedendo che fosse assegnato alle Sezioni unite. Intesa Sanpaolo s.p.a. ha resistito con controricorso.

La T. ha depositato memorie difensive ai sensi dell’art. 380-bis-1 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata.

Il ricorso è inammissibile in quanto è privo dell’esposizione, ancorchè sommaria, dei fatti di causa, sostituita dalla mera riproduzione fotostatica degli atti processuali. Esso quindi non soddisfa i requisiti di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

In particolare, il ricorso in esame va ascritto al genere dei c.d. ricorsi assemblati, ossia nei quali l’esposizione dei fatti di causa è sostituita dall’interpolazione grafica o dalla testuale riproduzione degli atti dei gradi di merito. Il ricorso per cassazione redatto mediante assemblaggio – cioè attraverso la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali – è carente del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che non può, a fronte dell’utilizzo di tale tecnica, neppure essere desunto, per estrapolazione, dall’illustrazione del o dei motivi (Sez. 6 – 3, Sentenza n. 3385 del 22/02/2016, Rv. 638771). Ciò in quanto la tecnica di redazione mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un’esposizione dei fatti non sommaria, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, e comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza (Sez. 5, Sentenza n. 18363 del 18/09/2015, Rv. 636551).

Tale elaborazione giurisprudenziale è peraltro conforme a quanto già ritenuto dalle Sezioni unite, secondo cui, ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (Sez. U, Sentenza n. 5698 del 11/04/2012, Rv. 621813).

Il ricorso è quindi inammissibile, anche perchè alla carenza espositiva non è possibile rimediare accedendo ad altre fonti ed atti del processo, ivi compreso lo stesso provvedimento impugnato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1926 del 03/02/2015, Rv. 634266; Sez. 1, Sentenza n. 19018 del 31/07/2017, Rv. 645086).

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lei proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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