Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2363 del 02/02/2010
Cassazione civile sez. III, 02/02/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 02/02/2010), n.2363
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –
Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –
Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –
Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 27106/2005 proposto da:
NUOVE CARTIERE TIVOLI SRL (OMISSIS) in persona del suo legale
rappresentante pro-tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
FEDERICO CESI 21, presso lo studio dell’avvocato GRECO VINCENZO, che
la rappresenta e difende giusta procura speciale del Dott. Notaio
LAURA MATTIELLI in TIVOLI 22/12/2009, rep. n. 24704;
– ricorrente –
contro
ENEL DISTRIBUZIONE SPA (OMISSIS) che agisce in proprio e quale
procuratrice di ENEL S.P.A. in persona del Dott. MICHELE ABBATE,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo
studio dell’avvocato PICA MARCELLO, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati COLETTI PIERFILIPPO, PETRIZZI VINCENZO
giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2336/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, 3^
SEZIONE CIVILE, emessa il 21/4/2005, depositata il 24/05/2005, R.G.N.
7078/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/01/2010 dal Consigliere Dott. FINOCCHIARO Mario;
udito l’Avvocato VINCENZO GRECO;
udito l’Avvocato MARIO ANTONINI per delega dell’Avvocato MARCELLO
PIGA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 22 ottobre 1992 la Nuove Cartiere Tivoli s.r.l. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Roma, l’Enel s.p.a. chiedendone la condanna al pagamento della somma di 150 milioni di lire, pretesa a titolo di danni subiti per responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale della convenuta.
Ha lamentato, in particolare la società attrice, da una parte, alcune interruzioni nella somministrazione di energia elettrica, derivanti da disservizi sulla rese per la alimentazione elettrica degli impianti di essa attrice presso gli stabilimenti in (OMISSIS), dall’altro, errori da parte della società convenuta nella fatturazione dei canoni.
Costituitasi in giudizio l’Enel ha resistito alle avverse pretese, deducendone la infondatezza e chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna della attrice al pagamento della somma di L. 43.285.819, oltre interessi anatocistici al tasso convenzionale previsto, per fatture inevase.
Svoltasi la istruttoria del caso l’adito tribunale con sentenza 24 ottobre 2001 ha accolto la domanda attrice con condanna dell’Enel s.p.a. al pagamento della somma di lire 198 milioni, ivi compresa la rivalutazione di legge, per risarcimento danni contrattuali.
Gravata tale pronunzia dalla soccombente Enel Distribuzione s.p.a.
sia in proprio che quale procuratrice dell’Enel s.p.a., nel contraddittorio della Nuove Cartiere di Tivoli s.r.l., la Corte di appello di Roma con sentenza 21 aprile – 24 maggio 2005 in parziale riforma della sentenza impugnata ha rigettato la domanda di risarcimento del danno spiegata dalla Nuove Cartiere di Tivoli s.r.l.
nei confronti dell’Enel s.p.a. con condanna della società attrice in primo grado al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.
Per la cassazione di tale ultima pronunzia, ha proposto ricorso, con atto 31 ottobre 2005, la Nuove Cartiere di Tivoli s.r.l., affidato a 13 motivi e illustrato da memoria nonchè da note scritte successive all’udienza di discussione.
Resiste con controricorso, illustrato da memoria, l’Enel Distribuzioni s.p.a. in proprio nonchè quale procuratrice dell’Enel s.p.a..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il proposto ricorso è improcedibile.
Giusta quanto ripetutamente affermato nella prevalente giurisprudenza di questa Corte di legittimità e, al momento, diritto vivente a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, nell’ipotesi in cui il ricorrente per cassazione non alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, la Corte di cassazione deve ritenere che lo stesso ricorrente abbia esercitato il diritto di impugnazione entro il cd. termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., procedendo all’accertamento della sua osservanza.
Diversamente, qualora – o per dichiarazione proveniente dallo stesso ricorrente o su eccezione del controricorrente o per le emergenze del diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio – emerga che la sentenza impugnata era stata notificata ai fini del decorso del termine di impugnazione, la S.C., indipendentemente dal riscontro della tempestività o meno del rispetto del termine breve, deve accertare se la parte ricorrente abbia ottemperato all’onere del deposito della copia della sentenza impugnata entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 e, in mancanza, deve dichiarare improcedibile il ricorso, atteso che il riscontro della improcedibilità precede quello dell’eventuale inammissibilità (da ultimo, Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 9004; Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 9005).
Facendo applicazione dei riferiti principi si osserva che nella specie:
– la ricorrente assume, nella intestazione del ricorso, di voler proporre ricorso per la cassazione della sentenza n. 2336/2005 della Corte di appello di Roma, pronunciata in data 21 aprile 2005, depositata in cancelleria il 24 maggio 2005 e notificata il 20 luglio 2005;
– la ricorrente ha prodotto tale sentenza in copia autentica, rilasciata dalla Cancelleria il 4 novembre 2005 “per esclusivo ricorso in cassazione”.
Certo quanto sopra è palese – come anticipato – la improcedibilità del ricorso, atteso che la ricorrente, a norma della puntuale applicazione del precetto di cui all’art. 369 c.p.c., e della interpretazione che di tale disposizione da la giurisprudenza di questa Corte, “nel termine di giorni venti dall’ultima notificazione” del ricorso doveva depositare “a pena di improcedibilità” “copia autentica della sentenza … impugnata con la relazione di notifica”, essendo – come accertato sopra – questa avvenuta in data 20 luglio 2005.
In difetto di tale deposito il ricorso non può che essere dichiarato improcedibile (senza che rilevi, in senso contrario, nè la (eventuale) presenza, nel fascicolo di parte ricorrente, di altra copia autentica della sentenza impugnata, nè la tempestività, o meno – in concreto – del proposto ricorso).
Alla declaratoria di improcedibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara improcedibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00, oltre Euro 3.000,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2010