Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23627 del 24/09/2019

Cassazione civile sez. III, 24/09/2019, (ud. 19/03/2019, dep. 24/09/2019), n.23627

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3040/2015 R.G. proposto da:

C.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Alberto Gattuccio,

con domicilio eletto in Roma, via Claudio Monteverdi, n. 16, presso

lo studio dell’Avv. Cristina Mercogliano;

– ricorrente –

contro

Riscossione Sicilia s.p.a. (già Serit Sicilia s.p.a.), in persona

del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso

dall’Avv. Laura Firinu, domiciliata, ai sensi dell’art. 366 c.p.c.,

comma 2, presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato

e difeso dall’Avv. Giuseppe Natale, domiciliato, ai sensi dell’art.

366 c.p.c., comma 2, presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5427 del Tribunale di Palermo depositata l’11

novembre 2014.

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere

Cosimo D’Arrigo;

letta la sentenza impugnata;

letti il ricorso e i controricorsi.

Fatto

RITENUTO

C.G. proponeva opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., avverso un’intimazione di pagamento emessa Serit Sicilia s.p.a. (poi divenuta da Riscossione Sicilia s.p.a.), eccependo la nullità o l’inesistenza della notificazione delle cartelle esattoriali per assenza di qualsiasi legame con il consegnatario dell’atto, tale ” Ca.An. moglie”. Di conseguenza, eccepiva che il diritto fatto valere fosse ormai prescritto, ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 209 (C.d.S.) e della L. 24 settembre 1981, n. 689, art. 28.

Il Giudice di pace di Palermo, instaurato il contraddittorio nei confronti dell’agente di riscossione e del Comune di Palermo, accoglieva l’opposizione e annullava la cartella esattoriale per invalidità della notifica. In particolare, riteneva decisivo il certificato di stato civile, dal quale emergeva che il C. non era sposato.

La Serit Sicilia s.p.a. impugnava la decisione e il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice d’appello, accoglieva il gravame, ritenendo che la circostanza che il C. fosse celibe non era sufficiente a dimostrare l’occasionalità della presenza della Ca. presso l’abitazione del destinatario della notificazione e, quindi, che la stessa non fosse soggetto idoneo a ricevere l’atto.

Il C. ha proposto ricorso per la cassazione di tale decisione sulla base di due motivi. Il Comune di Palermo e Riscossione Sicilia s.p.a. (subentrata a Serit Sicilia s.p.a.) hanno resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata.

Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il C. intende riferirsi al certificato di stato libero, allo stato di famiglia e all’altra documentazione tramite la quale egli intese dimostrare che le cartelle di pagamento furono notificate ad un omonimo.

Il Tribunale ha escluso che la notificazione della cartella di pagamento fosse nulla argomentando sul fatto che, sebbene il C. avesse dimostrato di non essere civilmente sposato, ciò non era sufficiente ad escludere che la Ca. – il cui cognome, peraltro, coincide con uno dei familiari conviventi del ricorrente convivesse non occasionalmente con il destinatario ad altro titolo. In particolare, ha rilevato che il C. avrebbe potuto dimostrare tale circostanza per testi o producendo una certificazione anagrafica riferibile alla Ca.; cosa che egli invece non ha fatto.

Non sussiste, pertanto, il dedotto vizio di omesso esame di un fatto decisivo. Il Tribunale, al contrario, ha esaminato tutti gli elementi probatori in suo possesso, ma li ha ritenuti insufficienti per escludere che la Ca. fosse un soggetto qualificato, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 3, a ricevere l’atto in assenza del destinatario.

In conclusione, il C. con il primo motivo ha inteso semplicemente sollecitare una rilettura delle risultanze probatorie già valutate dal Tribunale, chiedendo a questa Corte di sostituirsi nell’apprezzamento riservato al giudice di merito.

Il motivo è quindi inammissibile.

Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., comma 2 e art. 160 c.p.c. e degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c.. La censura si rivolge contro la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che la Ca. fosse compresa nel novero dei soggetti abilitati a ricevere la notifica in caso di assenza del destinatario.

Di recente questa Corte si è pronunciata su un caso quasi perfettamente sovrapponibile, in cui la consegnataria si era qualificata come moglie e il destinatario aveva dimostrato di essere sposato con una donna diversa. In proposito è stato osservato: “il notificatario, che contesti la validità del procedimento di notificazione, ha l’onere di fornire la prova contraria, deve cioè dimostrare l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità indicate dall’art. 139 c.p.c., comma 2, (in particolare: “persona di famiglia” o “addetta alla casa”), ovvero l’occasionalità della presenza, in casa propria, dello stesso consegnatario. (…) Il contribuente ha provato per tabulas che la consegnataria dell’atto non era sua moglie, ma non ha dimostrato che essa si trovasse in casa dello stesso notificatario solo occasionalmente. In altre parole, egli non ha completamente assolto all’onere di provare che la persona consegnataria dell’atto (che certamente non era sua moglie) non fosse, comunque, una persona di famiglia o addetta alla casa e che essa si trovasse solo occasionalmente nell’abitazione dello stesso notificatario” (Sez. 5, Sentenza n. 27587 del 30/10/2018, in motivazione).

Il Tribunale, nel valutare il materiale probatorio posto a sua disposizione, si è conformato al principio espresso da questa Corte e quindi, anche sotto questo profilo, il ricorso è infondato.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, in favore di entrambe le parti costituite, vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ciascuno di essi in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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