Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23627 del 21/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 21/11/2016, (ud. 12/10/2016, dep. 21/11/2016), n.23627

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15306/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la Corte di CASSAZIONI rappresentato e difeso dall’avvocato

BRUNO CERVONE, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 107/18/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della Campania del 22/01/2013, depositata il 20/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di D.A. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 107/18/2013, depositata in data il 20/03/2013, con la quale in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto Opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza del contribuente (medico convenzionato con il Sevizio Sanitario Nazionale) di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2004 al 2007 – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.

seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Diritto

IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con unico morivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e art. 2697 c.c., in quanto la C.T.R. non si sarebbe conformata ai principi stabiliti dall’evoluzione giurisprudenziale in materia di IRAP, avendo ritenuto insussistente il requisito dell’autonoma organizzazione, pur risultando, dalle dichiarazioni dei redditi presentate dal contribuente, che lo stesso si era avvalso di un dipendente.

2. La censura è infondata.

Questa Corte a Sezioni Unite Cass. n. 9451/2016) ha affermato il seguente principio di diritto: “Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto del D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 146, art. 2, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”. Secondo la Corte “lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali – “eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione” – non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minimale arresta all’impiego di un collaboratore”, il cui apporto, “mediato o generico”, all’attività svolta dal contribuente si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive.

Nella specie, l’Agenzia incentra il motivo proprio sulla non corretta valutazione da parte della C.T.R. dell’apporto dato al professionista dall’unico dipendente, cui sono stati corrisposti compensi (come riportato nella decisione impugnata) di circa Euro 7.400,00/7.700,00 annui, del tutto compatibili con quelle di un collaboratore con mansioni meramente esecutive (vedasi controricorso).

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

In considerazione delle questioni di diritto trattate (sulle quali vi è stata recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte), ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non si applica all’Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU 9938/2014).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2016

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