Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23626 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/10/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 27/10/2020), n.23626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29834/2014 R.G. proposto da:

POLITEX S.A.S. DI FREUDENBERG POLITEX s.r.l. (già FREUDENBERG

POLITEX s.r.l.) in persona del suo legale rappresentante pro tempore

rappresentata e difesa giusta delega in atti dall’avv. Filippo Bruno

(PEC filippoalessandro.bruno.ordineavvgenova.it) e dall’avv. Anselmo

Carlevaro (PEC anselomocarlevaro.ordineavvocatiroma.org) con

domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via G.G. Porro n. 8;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (PEC

ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it) in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Liguria n. 94/13/13 depositata il 29/10/2013;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

31/01/2020 dal consigliere Succio Roberto.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha rigettato entrambe le impugnazioni, quella principale dell’Ufficio e quella incidentale del contribuente, confermando la pronuncia della CTP che aveva ritenuto provata l’origine cinese anzichè malese della merce importata, contestualmente ritenendo sussistente la buona fede dell’importatore applicando quindi alle operazioni di importazioni contestate il dazio nella diversa misura del 24,6%;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione la società contribuente con atto affidato a due motivi; l’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, per avere la CTR omesso di motivare le ragioni della decisione, anche senza avere esaminato il contenuto della bolletta doganale IM47079X;

– il motivo è inammissibile e comunque infondato;

– l’inammissibilità deriva dal difetto di autosufficienza, non avendo parte ricorrente trascritto in atto il contenuto della ridetta bolletta doganale dal quale dovrebbe evincersi il difetto di legittimazione passiva della società contribuente;

– altra ulteriore ragione di inammissibilità deriva dalla mancata trascrizione in ricorso, e dalla mancata indicazione del iocus processuale ove l’eccezione è stata posta in primo grado (risultando solo indicata a pag. 13 la sede di proposizione della stessa in grado di appello), di guisa che la Corte non è messa in grado di valutarne la tempestività;

– in ogni caso, poi, risulta dalla sentenza impugnata come la CTR abbia proceduto ad un accertamento di fatto secondo il quale, come correttamente si annota in controricorso, “quanto avvenuto tra l’Agenzia delle Dogane e la spedizione sia direttamente riferibile alla società in forza del rapporto di rappresentanza”, come scrive il secondo giudice al primo capoverso della parte motiva della propria decisione;

– di qui anche l’infondatezza del mezzo di gravame;

– il motivo contiene anche una ulteriore censura, relativa all’omessa motivazione su un fatto decisivo, consistente nell’eccezione relativa alla violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12;

– anche tale articolazione risulta sia inammissibile, non risultando trascritta in ricorso la sua proposizione in sede di impugnazione dell’atto impositivo di fronte alla CTP, sia infondata, dal momento che per costante giurisprudenza di questa Corte, il D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 4-bis, decreto che espressamente ha riguardato il “riordinamento degli istituti doganali e revisione delle procedure di accertamento (…)” allo scopo di dare adeguamento alla sentenza della Corte di giustizia del 17 giugno 2010 (causa C-423/08) in materia di riscossione a posteriori e accreditamento delle risorse proprie comunitarie, seppur ispirata ai principi dello Statuto dei diritti del contribuente, è diretta conseguenza dell’art. 16, paragrafo 4 del Reg. 450/2008, che ha stabilito il diritto d’ascolto in materia doganale (e, come tale, norma speciale e di settore);

– con ciò è quindi dimostrato che lo Statuto del contribuente, art. 12, non va applicato fuori dai limiti normativi e dai casi previsti;

– risulta quindi ora chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte che in tema di avvisi di accertamento e rettifica in materia doganale è inapplicabile la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, operando in tale ambito proprio lo jus speciale di cui al D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, nel testo utilizzabile ratione temporis, preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto all’impugnazione in giudizio del suddetto avviso, come confermato dalla normativa sopravvenuta (D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in L. 24 marzo 2012, n. 27), la quale, nel disporre che gli accertamenti in materia doganale sono disciplinati in via esclusiva dal D.Lgs. n. 374 cit., art. 11, ha introdotto un meccanismo di contraddittorio assimilabile a quello previsto dallo Statuto del contribuente (Cass. 2 luglio 2014, n. 15032);

– in materia doganale, infatti, il rispetto del principio del contraddittorio nella fase amministrativa, pur non essendo esplicitamente previsto dal Reg. (CEE) n. 2913 del 1992 (codice doganale comunitario) – sostituito dal Reg. (UE) n. 952 del 2013 (codice doganale dell’Unione) – deriva dunque dal disposto del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, e costituisce, in ogni caso, un principio generale del diritto dell’Unione Europea, che trova applicazione tutte le volte che l’Amministrazione possa assumere nei confronti di un soggetto un atto lesivo (Cass. 23 maggio 2018, n. 12832);

– e ancora, il motivo contiene una ulteriore censura che si incentra sulla inesistenza e/o nullità assoluta della notifica dell’avviso di rettifica, che sarebbe stato consegnato a soggetto terzo (Intereximp s.r.l.) anzichè alla ricorrente;

– tal articolazione del motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non risultando trascritto in ricorso l’atto di notifica dall’avviso di rettifica; ciò impedisce alla Corte di verificare il contenuto della relata e di acclarare quindi la fondatezza dell’eccezione;

– ulteriore ragione di inammissibilità risiede nella mancata trascrizione in ricorso del locus processuale nel quale detta eccezione è stata sollevata nel giudizio di primo grado, di guisa che la Corte non è posta in condizione di verificarne la tempestività non risultando sul punto bastevole l’indicazione della sua proposizione nel grado di appello;

– infine, il motivo si declina anche in una quarta censura, in forza della quale la CTR avrebbe omesso di esaminare il motivo di appello incidentale relativo all’omesso esame dell’ammissione confessoria dell’Ufficio svolta in sede di costituzione di fronte alla CTP in ordine alla insussistenza dei presupposti per l’applicazione del dazio c.d. “antidumping”;

– il motivo è privo di fondamento;

– invero, al di là della dichiarazione resa nel processo di primo grado dall’Ufficio, la CTR ha ritenuto, con accertamento di fatto non più suscettibile di nuovo apprezzamento da parte di questa Corte, che l’origine cinese della merce potesse desumersi da altri elementi in possesso dell’Amministrazione, risultati idonei a sostenere la pretesa di maggiore dazio, quali le risultanze delle indagini OLAF e gli accertamenti eseguiti presso la società Compagnia China Shiffling;

– il secondo motivo censura la pronuncia della CTR ligure per violazione e falsa applicazione dell’art. 220 del Reg. to CEE n. 2913 del 1992, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR omesso di riconoscere sussistente la c.d. “buona fede” della ricorrente società;

– il motivo è sia inammissibile, sia infondato;

– l’inammissibilità deriva dalla mancata trascrizione e indicazione del locus processuale nel quale l’eccezione sarebbe stata posta di fronte alla CTP, risultando in ricorso (pag. 21) solo l’indicazione della sua riproposizione in sede di appello incidentale;

– l’infondatezza, in ogni caso, deriva dalla costante giurisprudenza di questa Corte secondo la quale lo sgravio del dazio ex art. 220 CDC (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 4059 del 12/02/2019) è consentito, proprio in tema di dazi “antidumping” ex art. 220, par. 2, lett. b), del cd. Codice doganale comunitario, in casi assai limitati;

– invero, l’errore delle autorità doganali non è integrato dalla mera ricezione di dichiarazioni inesatte, in quanto l’Amministrazione non è tenuta a verificarne o valutarne la veridicità, ma richiede un comportamento attivo delle autorità competenti, poichè la comunità non è tenuta a sopportare le conseguenze dei comportamenti scorretti dei fornitori ed il legittimo affidamento è protetto solo quando sono state tali autorità ad avere determinato i presupposti sui quali si basa la fiducia dell’importatore, che, per tutta la durata delle operazioni commerciali, ha agito con la diligenza professionale richiesta dall’art. 1176 c.c., comma 2, per verificare la ricorrenza delle condizioni del trattamento preferenziale, mediante un esigibile controllo sull’esattezza delle informazioni rese dall’esportatore;

– comunque, (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11631 del 03/05/2019) non può essere riconosciuto il legittimo affidamento del debitore, ai sensi dell’art. 220, par. 2, lett. b), del regolamento CEE del 12 ottobre 1992, n. 2913 (Codice doganale comunitario) e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, comma 1, ove la relazione dell’OLAF, suffragata dalle prove supplementari fornite dall’autorità doganale, accerti che il certificato prodotto allo scopo di fruire dell’aliquota daziaria ridotta è falso;

– conseguentemente, il ricorso va rigettato;

– le spese sono regolate dalla soccombenza; sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; liquida le spese in euro 3.000,00, oltre a spese prenotate a debito che pone a carico di parte soccombente.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

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