Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23626 del 09/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/10/2017, (ud. 08/06/2017, dep.09/10/2017),  n. 23626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3507-2016 proposto da:

D.A.A., in proprio in qualità di socio, nonchè quale

legale rappresentante della società cessata DARA DI D.A. E C.

SAS, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli

avvocati FABIO CRAMAROSSA, MARIA GRAZIA MASTINO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 634/26/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di TORINO, depositata il 12/06/2015;

letta la memoria depositata dal ricorrente ai sensi dell’art. 380-bis

c.p.c.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/06/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con la sentenza impugnata la C.T.R. del Piemonte, decidendo sull’appello proposto dalla società “DARA di D.A.A. & C. s.a.s.”, ha dichiarato la nullità della sentenza n. 140/12/13 con cui la C.T.P. di Torino ne aveva accolto parzialmente il ricorso contro l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) relativo ad Iva, Irap (ed altro) per l’anno d’imposta 2007, in quanto sentenza “pronunciata nell’ambito di processo instaurato da soggetto inesistente carente di legittimazione”;

2. l’odierno ricorrente D.A.A. – il quale agisce in questa sede sia “in proprio per gli accertamenti ricevuti in qualità di socio”, sia “quale ultimo legale rappresentante della società cessata DARA DI D.A. E C SAS” – deduce la “nullità della sentenza per violazione dell’art. 24 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, per essersi la C.T.R. “limitata a dichiarare la mancanza di legittimazione attiva senza valutare se possa dirsi legittimamente emanato un provvedimento destinato ad un soggetto giuridico non più in essere”, lamentando che “alla società DARA S.A.S. doveva essere riconosciuta la legittimazione processuale attiva al fine di consentirle di poter eccepire la nullità/inesistenza di un provvedimento notificato ad un soggetto privo di qualsivoglia soggettività passiva tributaria in quanto estinto”;

3. nella “memoria ex art. 378 c.p.c.” si dice inaccettabile il “principio che l’Agenzia delle Entrate può notificare un avviso di accertamento senza che sia legittimato ad agire in giudizio per opporre difese e contestazioni chi pur ne subisce gli effetti, ossia nè la società cessata perchè incapace di stare in giudizio, nè i soci illimitatamente responsabili stante la distinta soggettività tra società e socio”;

4. all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto l’adozione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. il ricorso è infondato, sulla base del duplice, preliminare e decisivo rilievo, per cui: A) il sig. D.A.A. solo nel procedimento di appello ha spiegato “intervento volontario ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 5, chiedendo la ricostituzione del litisconsorzio necessario tra società di persone e soci” (come si legge a pag. 2 del ricorso); B) in questa sede non è in discussione l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) riguardante il socio – in relazione al quale l’interveniente volontario, con “memoria illustrativa depositata il 24.2.2015”, aveva chiesto “dichiarare la nullità dell’accertamento sul socio in mancanza di valido accertamento societario”, poichè, “vista l’inesistenza della società DARA s. a. s., il reddito di partecipazione risulta evidentemente privo di qualsivoglia presupposto impositivo e, dunque, illegittimo” (v. pag. 4 del ricorso) – bensì solo ed esclusivamente l’avviso di accertamento societario n. (OMISSIS) (per il quale con la stessa memoria di cui sopra il D.A. aveva chiesto “dichiarare la nullità dell’accertamento societario per inesistenza della società”, come risulta da pag. 3 del ricorso);

6. invero, alla luce della riforma del diritto societario attuata dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la circostanza (pacifica) della cessazione della predetta società nel 2008, e della sua conseguente cancellazione dal registro delle imprese, ne ha comportato l’estinzione sin da epoca antecedente l’inizio del processo (e prima ancora della stessa emissione dell’avviso de quo), dovendosi qui dare atto che “il D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) nè efficacia retroattiva, sicchè il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c.c., comma 2 – operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi – si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente” (Cass. sez. 5, 6743/15, 7923/16, 8140/16; sez. 6-5, 15648/15, 11100/17);

7. ciò premesso, deve quindi darsi seguito al consolidato orientamento di questa Corte per cui, “in tema di contenzioso tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicchè eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito”, trattandosi di impugnazione “improponibile, poichè l’inesistenza del ricorrente è rilevabile anche d’ufficio (Cass. sez. 5, 5736/16, 20252/15, 21188/14), senza che residui spazio per ulteriori valutazioni sulla sorte dell’atto impugnato, proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di soggetto già estinto (Cass. sez. 6-5, 19142/16; v. anche Cass. sez. 5, 2444/17, per l’affermazione della inesistenza del ricorso proposto da una società estinta; conf., a contrario, Cass. sez. 5, 4786/17);

8. tale orientamento è stato di recente ribadito anche con specifico riguardo alle società di persone (nella specie una s.n.c.), sul rilievo che la partecipazione a tutti i gradi di giudizio era “sempre stata svolta in rappresentanza della società, oramai cessata e, quindi, priva di legittimazione processuale, e non dai soci, quali successori della società”, donde “l’accertamento del difetto di legitimatio ad causam”, tale da eliminare “in radice ogni possibilità di prosecuzione dell’azione”, ed il conseguente “annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per cassazione… ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, perchè la causa non poteva essere proposta su iniziativa del liquidatore della società estinta, trattandosi invero di un vizio insanabile originario del processo, che da subito avrebbe dovuto condurre a una pronuncia declinatoria del merito” (Cass. sez. 5, 4778/17; cfr. Cass. 4853/15, 21188/14, 22863/11, 14266/06, 2517/00; v. anche, implicitamente, Cass. Sez. U., 13452/17, p.to 1.1);

9. peraltro, tutto ciò non determina, come paventa il ricorrente, una lesione del diritto di difesa, restando fermo l’insegnamento di questa Corte per cui “l’estinzione della società non determina l’estinzione dei debiti insoddisfatti nei confronti dei terzi, verificandosi un fenomeno di tipo successorio sui generis, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono – il che sacrificherebbe ingiustamente i diritto dei creditori sociali ma si trasferiscono ai soci”, i quali possono come tali essere chiamati a risponderne – in un contraddittorio ritualmente instaurato sin dall’origine, e senza il litisconsorzio necessario con la società, se (come nel caso di specie) essa sia già estinta – “nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione, ovvero illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate” (v. Cass. Sez. U. n. 6070/13; cfr. Cass. nn. 5736/16, 23765/08, 20874/04, 9418/01);

10. la sentenza impugnata non merita quindi di essere cassata, in quanto conforme ai richiamati principi; al rigetto del ricorso non segue peraltro la condanna alle spese, in mancanza di difese della parte intimata; sussistono invece i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato.

PQM

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017

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