Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23623 del 21/11/2016
Cassazione civile sez. VI, 21/11/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 21/11/2016), n.23623
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20283/2015 proposto da:
C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROSARIO
CALI’ giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1862/29/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della SICILIA, depositata il 03/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
29/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Nella controversia avente origine dall’impugnazione da parte di C.S., commercialista, del silenzio rifiuto opposto ad istanza di rimborso relativa ad IRAP, versata negli anni 1998, 1999 e 2000, la C.T.R. della Sicilia, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, riformava integralmente la decisione di primo grado favorevole al contribuente.
In particolare, il Giudice di appello rilevava che il contribuente, pur non impiegando dipendenti, aveva utilizzato beni strumentali in misura superiore al minimo indispensabile ed aveva dedotto spese per importi cospicui.
Avverso la sentenza il contribuente ha proposto ricorso con unico articolato motivo.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituali comunicazioni.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le censure mosse con l’unico articolato motivo non sono meritevoli di accoglimento.
Va, invero, da prima, rilevata l’inammissibilità della censura con la quale si deduce la contraddittorietà ed insufficienza della motivazione laddove, a parte gli erronei riferimenti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ai nn. 3 e 4, al ricorso (essendo stata la sentenza impugnata depositata il 3.6.2014) è applicabile il nuovo disposto del n. 5, stessa disposizione, come interpretata da questa Corte a Sezioni Unite (sentenza n. 8053/2014).
Anche le ulteriori censure sono inammissibili laddove, da un canto, neppure viene dedotto quale sarebbe l’errore in diritto commesso dal Giudice di appello nella valutazione degli elementi probatori acquisiti e dall’altro, sotto l’egida della violazione di legge, si tende inammissibilmente a contrastare l’accertamento in fatto compiuto dal Giudice del merito (il quale, peraltro, ha posto a fondamento della sua decisione anche l’entità delle spese sostenute non fatte oggetto di censura alcuna).
Ne consegue il rigetto del ricorso con compensazione delle spese, data la novità della soluzione del contrasto giurisprudenziale.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese processuali.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2016