Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2362 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/01/2017, (ud. 05/12/2016, dep.31/01/2017),  n. 2362

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17226-2014 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MACHIAVELLI

25, presso lo studio dell’avvocato ANGELA MIGLIANO, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO CIRIACO giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CREDITO EMILIANO SPA, in persona del procuratore Dott. A.E.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 101, presso lo

studio dell’avvocato STEFANO PECONI, rappresentata e difesa

dall’avvocato ACLESIA ROSARITA PERRI giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 638/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 11/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2016 dal Consigliere Dott. PELLECCHIA ANTONELLA;

udito l’Avvocato FRANCESCO CIRIACO;

udito l’Avvocato STEFANO PECONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS PIERFELICE che ha concluso per l’estinzione per rinuncia e

pagamento delle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con decreto ingiuntivo del 1995, il Tribunale di Lamezia Terme, su ricorso della Cassa Rurale ed Artigiana di Curinga Soc. coop. a r.l. ingiunse a P.F., in qualità di debitore principale, e a P.E., in qualità di fideiussore, il pagamento della somma di Lire 348.128.365, oltre interessi convenzionali, quale capitale residuo, interessi su rate scadute ed impagate e interessi di mora in virtù di contratto di muto chirografario stipulato nel (OMISSIS).

Avverso il suddetto decreto propose opposizione P.E., eccependo: la nullità della fideiussione per indeterminatezza dell’oggetto, essendo stata prestata per obbligazioni future senza previsione dell’importo massimo garantito; la decadenza del creditore dalla possibilità di richiedere interessi convenzionali e moratori sorti successivamente all’inadempimento; la mancata informazione, da parte della Cassa, in ordine al cattivo andamento del rapporto; la non operatività della fideiussione relativamente agli interesso moratori; il decorso del termine di prescrizione quinquennale per gran parte degli interessi; l’errato calcolo degli stessi. Chiese quindi la revoca del decreto ingiuntivo e, in subordine, la dichiarazione della prescrizione degli interessi richiesti e la riduzione della somma ingiunta.

Si costituì la Cassa Rurale e in seguito il Credito Emiliano S.p.a., succeduto per incorporazione alla cessata Cassa Rurale, contestando le avverse difese.

Nel corso del giudizio vennero prodotti documenti relativi ad una procedura esecutiva presso terzi consistita nel pignoramento delle azioni societarie di Credito Emiliano di cui l’opponente era titolare, intrapresa davanti al Tribunale di Reggio Emilia dallo stesso Credito Emiliano in esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, del quale era stata concessa la provvisoria esecutorietà.

Il Tribunale di Lamezia Terme, con la sentenza n. 174/2003, accolse parzialmente l’opposizione e, per l’effetto, revocò il decreto ingiuntivo opposto. Condannò P.E., in qualità di fideiussore, al pagamento, in favore del Credito Emiliano, della somma di Euro 29.595,03 sulle rate rimaste insolute, esclusi gli interessi di mora, e compensò le spese di lite.

2. La sentenza è stata impugnata da P.E., il quale ha chiesto, tra l’altro, la restituzione delle somme introitate in esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, in applicazione dell’art. 653 c.p.c., comma 2.

Credito Emiliano, costituitosi nella qualità di mandatario e procuratore della Ariosto S.r.l., alla quale, nelle more, aveva ceduto il credito, ha proposto appello incidentale, domandando l’integrale conferma del decreto opposto.

La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza n. 638 dell’11 maggio 2013, ha confermato la sentenza di primo grado.

In particolare, relativamente alla domanda di restituzione delle somme introitate in esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, la Corte, rilevato che tale decreto era stato parzialmente estinto mediante l’escussione del debitore principale, ha escluso che il fideiussore abbia versato somme in eccesso, considerato che le somme ricavate da Credito Emiliano dall’esecuzione presso terzi su azioni del medesimo fideiussore erano state imputate dalla banca ad altra posizione debitoria relativa ad una società di cui P.E. era pure fideiussore, oggetto di un distinto provvedimento monitorio, non contestato dall’opponente.

Secondo la Corte, quindi, in assenza di contestazioni circa i criteri di imputazione del pagamento di cui all’art. 1193 c.c., le somme dovevano ritenersi legittimamente incamerate dall’istituto di credito, in quanto imputate a diversa ed incontestata linea debitoria facente capo ad P.E., assistita da un autonomo titolo esecutivo.

3. Avverso tale decisione, propone ricorso per Cassazione, sulla base di un unico motivi, P.E..

3.1. Resiste con controricorso Credito Emiliano S.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Prima dell’udienza pubblica parte ricorrente ha depositato atto di rinuncia agli atti del giudizio ritualmente notificato a controparte. La rinuncia non risulta accettata, ma tale circostanza, non applicandosi l’art. 306 c.p.c., al giudizio di cassazione, non rileva ai fini dell’estinzione del processo. La rinunzia al ricorso per cassazione infatti non ha carattere cosiddetto accettizio (che richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali) (Cass. n. 28675/2005) ed inoltre, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, comporta il conseguente venir meno dell’interesse a contrastare l’impugnazione (Cass., sez. un., n. 1923/1990). Rimane comunque salva la condanna del rinunciante alle spese del giudizio (Cass. n. 4446/1986; ord. n. 23840/2008). Per le ragioni che precedono deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara cessata la materia del contendere e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 3.600,00 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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