Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23619 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/11/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 11/11/2011), n.23619

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14089/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

ING ANGELO BORTOLAZZI & C SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 33/2005 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 12/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del 11 motivo,

assorbito il 1 motivo di ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 12 aprile 2005 la commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate nei confronti della s.r.l. Ing. Angelo Bortolazzi & C. ora G.E.I. s.r.l.

(e l’impugnazione incidentale della soc. contribuente), confermando l’annullamento dell’avviso di accertamento per IRPEG/ILOR relativo all’anno d’imposta 1993. Ha motivato la decisione affermando che dal 1988 al 1992 la società aveva sofferto di carenza di liquidità e che verosimilmente il socio B.A. – amministratore unico – aveva adoperato il proprio c/c personale come cassa della società, versandovi assegni nella disponibilità della s.r.l., effettuando pagamenti per conto di essa con assegni proprì e versando sul c/c sociale eventuali disponibilità e/o finanziamenti.

Perciò, atteso che in bilancio non erano esposti crediti verso l’amministratore unico e tenuto conto che la disponibilità di cassa era inferiore al presunto finanziamento assoggettabile a interessi legali, i suddetti movimenti tra i due conti correnti costituivano un uso improprio della cassa sociale, ma non operazioni di mutuo fruttifero con tassazione dei relativi interessi, come invece ritenuto dal Fisco.

TI 28/29 aprile 2006, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, l’avvocatura erariale, che ha poi, in data 20/21 aprile 2011, provveduto alla rinnovazione della notifica disposta da questa Corte (con ordinanza interlocutoria del 9 febbraio 2011, comunicata il 21 marzo 2011); la società contribuente non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-Preliminarmente, si rileva la carenza di legittimazione processuale dell’altro soggetto ricorrente, il Ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte nel giudizio di secondo grado ed è oramai estraneo al contenzioso tributario dopo la creazione delle agenzie fiscali. L’intervento ministeriale in cassazione è, dunque, inammissibile e il ricorso dell’avvocatura erariale va esaminato unicamente riguardo all’Agenzia delle entrate, che è la sola a essere legittimamente ricorrente.

2.1.-Con il primo motivo, l’Agenzia denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 56, comma 3, del T.U.I.R. del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

2.2. – Con il secondo motivo, denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 2710 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e/o omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

3.3. – In estrema sintesi, nei due mezzi correlati tra loro, l’Agenzia sostiene che:

a) le indagini bancarie della P.T. hanno consentito di riscontrare che sui c/c personali del socio/amministratore B.A. sono confluite e rimaste per molto tempo ingenti somme di denaro appartenenti alla società;

b) le movimentazioni di denaro societario attraverso i conti correnti personali del sig. B. hanno avuto nei suoi confronti ripercussioni finanziarie positive;

c) l’art. 32 cit. contempla una presunzione d’imputazione degli elementi risultanti da conti stessi a ricavi conseguiti dalla società contribuente nella propria attività d’impresa;

d) le scritture contabili della società hanno efficacia probatoria solo nei rapporti con gli altri imprenditori per rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa;

e) la P.T. ha evidenziato restituzioni e non finanziamenti;

f) la carenza di liquidità risultante dai bilanci è la conseguenza del passaggio d’ingenti somme dalla società al suo amministratore che ha beneficiato degli interessi attivi sui depositi in c/c bancario.

Il ricorso è fondato.

3.1.-Prendendo le mosse dalla ricostruzione della normativa in materia, si osserva che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 41, stabilisce che sono redditi di capitale gli interessi e gli altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti, compresa la differenza tra la somma percepita alla scadenza e quella data a mutuo o in deposito.

L’art. 42 prevede che (i) il reddito di capitale è costituito dall’ammontare degli interessi, utili o altri proventi percepiti nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione; (ii) per i capitali dati a mutuo gli interessi, salvo prova contraria, si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuite per iscritto; (iii) se le scadenze non sono stabilite per iscritto gli interessi si presumono percepiti nell’ammontare maturato nel periodo di imposta; (iv) se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale.

L’art. 56 chiarisce che gli interessi, anche se diversi da quelli indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell’art. 41, concorrono a formare il reddito per l’ammontare maturato nell’esercizio; mentre, se la misura non è determinata per iscritto, gli interessi si computano al saggio legale.

3.2. – Riguardo all’ipotesi contraria a quella in esame, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 43, prevede una presunzione legale di onerosità del prestito concesso dal socio alla società, che può essere vinta da prova contraria a carico del contribuente; tale prova, però, non può essere fornita con qualsiasi mezzo, ma soltanto nei modi e nelle forme tassativamente stabilite dalla legge, in particolare dimostrando che i bilanci allegati alle dichiarazioni dei redditi della società contemplavano un versamento fatto a titolo diverso dal mutuo (Sez. 5, Sentenza n. 16445 del 15/07/2009).

Dal sistema si può ricavare un analogo principio anche nell’ipotesi opposta di somme di assegni versati dalla società sul c/c personale del socio amministratore.

E’ vero che sul piano civilistico la semplice dazione di assegni non costituisce di per sè prova di un contratto di mutuo tra le parti (Sez. 3, Sentenza n. 27 del 05/01/2010), ma ciò non rileva sul piano fiscale.

Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, n. 2, stabilisce che i dati e gli elementi attinenti ai rapporti e alle operazioni acquisiti e rilevati presso banche sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti, come ricavi o compensi, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto a imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine.

Nella specie la P.T. ha rilevato “restituzioni” dal socio alla società e non “finanziamenti” e neppure la registrazione dell’entrata nel conto cassa della società.

Nè ricorre, nel caso in esame, l’ipotesi particolare della implicita e preventiva distribuzione di utili, soggetta a ritenuta D.P.R. n. 600, ex art. 27, atteso che non risulta che si tratti di titoli girati per l’incasso al socio, a fronte dell’impegno espresso di costui di riversarne il netto ricavo nelle casse sociali, a titolo di finanziamenti infruttiferi (Sez. 5, Sentenza n. 24321 del 18/11/2009).

3.3. – Dunque, tirando le fila sparse del discorso sin qui condotto, la soc. contribuente non ha, affatto, assolto l’onere della prova contraria rispetto alla presunzione fiscale di onerosità, in termini di ricavi e compensi (interessi legali D.P.R. n. 917, ex artt. 42 e 56), dei rapporti bancari intrattenuti dalla società con il socio amministratore, con passaggio di denaro tramite i rispettivi conti correnti. Nè vale il dettato dell’art. 2710 c.c., atteso che i libri fanno prova solo tra imprenditori e che le scritture contabili delle contribuente sono ovviamente reticenti sul punto, mentre erroneamente la CTR ritiene che esse “fino a prova di falso…fanno fede”.

4.-La sentenza d’appello, essendosi discostata dagli enunciati principi giuridici e regolativi, deve essere cassata con rinvio, per nuovo esame alla CTR competente, che, in diversa composizione, definirà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso ministeriale; accoglie il ricorso dell’Agenzia, cassa la sentenza impugnata nei limiti delle censure accolte e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA