Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23615 del 09/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/10/2017, (ud. 12/07/2017, dep.09/10/2017),  n. 23615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26658/2014 proposto da:

C.L., B.G., B.S.,

B.M.R., B.A., B.F., B.L.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA S. TOMMASO D’AQUINO 80,

presso lo studio dell’avvocato LUDOVICO GRASSI, rappresentati e

difesi dall’avvocato ANIELLO CERRATO;

– ricorrenti –

contro

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE DEI

MELLINI, 17, presso lo studio dell’avvocato ORESTE CANTILLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO PARISI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 521/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 09/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 12/07/2017 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. – Con sentenza n. 521 del 9.9.2013 la Corte d’appello di Salerno dichiarava inammissibile l’appelli) proposto dal difensore di C.G., contro la sentenza emessa il 4.10.2005 dal Tribunale del medesimo capoluogo, in quanto detta parte era già deceduta (il (OMISSIS)) al momento della notifica del gravame (20.11.2006).

La cassazione di detta sentenza è chiesta da C.L. e B.G., S., M.R., A., F. e L.A., già costituitisi nel corso del giudizio d’appello quali eredi di B.G., a sua volta unico erede di C.G., con ricorso affidato ad un unico motivo.

Resiste con controricorso C.M..

Su proposta d’inammissibilità formulata dal consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

2. – L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 300 e 328 c.p.c., in relazione all’art. 1722 c.c., art. 1723 c.c., comma 2 e art. 1728 c.c., comma 1, invocando a sostegno, Cass. S.U. n. 15295/14, applicabile alla fattispecie in quanto la procura conferita da C.G. all’appellante suo difensore includeva anche la facoltà di proporre impugnazione.

3. – Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto decorso il termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, nel testo, applicabile ratione temporis (il giudizio è stato instaurato nel 1993), anteriore alla novella di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69.

La sentenza impugnata, infatti, è stata depositata il 9.9.2013, con la conseguenza che, al netto della sospensione feriale ex lege n. 742 del 1969, che nella fattispecie opera due volte, ossia dal 9 al 15 settembre 2013 e dal 1 agosto al 15 settembre 2014, detto termine è andato a scadere venerdì 31.10.2014, mentre la notifica del ricorso si è perfezionata per il ricorrente il 3.11.2014, data della spedizione con raccomandata a.r. del plico postale da parte del medesimo difensore della parte ricorrente, abilitato ai sensi della L. n. 53 del 1994.

Al contrario di quanto si legge nella memoria, ove si sostiene che “… tutti gli atti emessi c/o depositati durante il periodo di sospensione – che deve considerarsi tamquant non esset -, devono essere considerati come depositati il primo giorno di ripresa dei termini legali, ovvero, nel caso di specie il 16 settembre 2013”, la giurisprudenza di questa S.C., anche a S.U., si è ormai ampiamente e da tempo consolidata nel senso esattamente opposto.

E cioè che in tema di sospensione dei termini durante il periodo feriale dall’1 agosto al 15 settembre, la L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, il quale stabilisce che, se il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo, va inteso nel senso che il giorno 16 settembre deve essere compreso nel novero dei giorni concessi dal termine, atteso che tale giorno segna non l’inizio del termine, ma l’inizio del suo decorso, il quale non include il dies a quo del termine stesso, in applicazione del principio fissato dall’art. 155 c.p.c., comma 1 (Cass. S.U. n. 3668/95; conformi, Cass. S.U. n. 4814/83 e Cass. nn. 2480/85, 2689/88, 7720/90, 1909/97, 3579/99, 5739/99, 6635/00, 14784/00, 688/06, 1406/06, 7757/07, 13973/11 e 19874/12; difformi soltanto Cass. nn. 6566/91 e 5508/94).

4. – S’impone, pertanto, la relativa declaratoria d’inammissibilità, con condanna della parte ricorrente alle spese.

5. – Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, a carico dei ricorrenti, in solido fra loro.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido fra loro, alle spese, che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, in solido fra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 12 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017

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