Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2361 del 03/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 03/02/2020, (ud. 30/10/2019, dep. 03/02/2020), n.2361

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18646/2014 proposto da:

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

L.C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GROTTE

CELONI 26, presso lo studio dell’avvocato PIETRO BARONE, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1233/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/03/2014 R.G.N. 4888/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con la sentenza n. 1233, resa in data 26 marzo 2014, la Corte d’appello di Roma, decidendo sull’impugnazione di L.C.M. nei confronti del Ministero degli Affari Esteri, in riforma della decisione primo grado, ritenuta l’esistenza di un inadempimento datoriale condannava il Ministero a pagare la somma di Euro 67.470,00 a titolo di indennità servizio estero per il periodo 22/4/2002 – 1/11/2004 (escluso il danno alla professionalità);

L.C.M., dipendente del MAE, in servizio presso l’Ambasciata d’Italia a Wellington (Nuova Zelanda), dove era stato assegnato su un posto di C1 (Vice commissario amministrativo contabile) fino al 1 novembre 2004, data in cui era stato collocato a riposo, avendo conseguito, nelle more del suo servizio a Wellington, la promozione al livello C2, all’esito del superamento di un corso-concorso ed avendo stipulato in data 22/4/2002 il relativo contratto individuale di lavoro, aveva lamentato che il Ministero, ad onta delle previsioni contrattuali, non gli aveva attribuito il nuovo livello acquisito nè gli aveva affidato le mansioni di cui al contratto;

aveva, perciò, chiesto che fosse accertato l’inadempimento del Ministero degli Affari Esteri con condanna di quest’ultimo al trattamento economico retributivo del superiore livello C2 nonchè al risarcimento del danno da demansionamento e dequalificazione in dipendenza del contegno datoriale;

2. la Corte territoriale, ritenuta preliminarmente la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, evidenziava che nel contratto individuale del 22/4/2002 fosse stato precisato che il dipendente veniva inquadrato nella posizione economica C2 – profilo professionale di funzionario economico finanziario e commerciale degli Uffici Centrali del Ministero degli Affari Esteri e delle Rappresentanze Diplomatiche e Consolari – a decorrere, quanto ai fini giuridici, dal 31/1/2002, e, quanto a quelli economici, dalla data di sottoscrizione del contratto;

aggiungeva che, successivamente alla stipula di detto contratto, al L.C. non fossero stati attribuiti nè il nuovo livello di inquadramento nè le corrispondenti mansioni, perchè l’appellato aveva continuato a ricoprire, presso la sede di (OMISSIS) il posto-funzione all’estero di livello inferiore, e ciò fino al novembre del 2004;

riteneva che l’Amministrazione fosse stata inadempiente all’obbligo, nascente dal contratto individuale, di assegnare il dipendente al posto funzione corrispondente alla qualifica rivestita ed evidenziava che tale inadempimento non potesse ritenersi giustificato dalle dedotte esigenze organizzative e dalla scarsità di risorse finanziarie disponibili, e nemmeno dalla mancata presentazione da parte del L.C. di domanda di trasferimento (tra l’altro, nel caso di specie, inoltrata il 21/1/2003), in quanto il Ministero non aveva dedotto e provato che il lavoratore si fosse rifiutato di accettare un posto funzione proprio della categoria C2;

affermava che l’inadempimento contrattuale non potesse ritenersi escluso dalla legislazione speciale invocata dal Ministero (e richiamata nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45), atteso che questa si limitava a prevedere (D.P.R. n. 18 del 1967, art. 93) che il personale in servizio all’estero, una volta promosso, può continuare ad occupare un posto non corrispondente a quello previsto per la nuova qualifica solo per il tempo richiesto dall’esigenze di servizio;

riteneva, poi, che la quantificazione delle differenze a titolo di indennità di servizio all’estero come effettuata dal ricorrente non fosse stata specificamente contestata dal Ministero;

disconosceva, infine, il danno alla professionalità per carenza di allegazioni;

2. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero degli Affari Esteri articolando quattro motivi, ai quali ha opposto difese L.C.M. con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo il Ministero denuncia difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo nonchè violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63;

rileva che la mancata attribuzione del posto funzione C2 è conseguenza diretta degli atti di macro organizzazione, con i quali sono stati riorganizzati i posti d’organico presso le sedi estere;

sostiene, in sintesi, che la riqualificazione personale e professionale non può comportare, quale effetto automatico, il diritto a ricoprire nella sede di assegnazione un posto corrispondente alla qualifica superiore, in quanto viene in gioco la potestà organizzativa spettante all’amministrazione, rispetto alla quale non si configura un diritto soggettivo del dipendente ma, semmai, un mero interesse legittimo;

2. con la seconda censura il Ministero addebita alla sentenza impugnata violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 5 e art. 52, D.P.R. n. 18 del 1967, artt. 34 e 171, con riferimento alla specialità dell’ordinamento dell’Amministrazione degli Affari Esteri;

sostiene che la Corte territoriale avrebbe dovuto esaminare e valorizzare la disciplina speciale dettata per i dipendenti del Ministero degli Affari Esteri dal D.P.R. n. 18 del 1967, ed in particolare dall’art. 171, dal cui tenore si desume che il posto funzione è diverso e distinto dalla posizione economica ed è legato alle specifiche esigenze tecniche, operative e funzionali della sede;

assume che il rapporto di lavoro dei dipendenti del Ministero degli Affari Esteri si svolge di regola presso l’amministrazione centrale, in quanto l’assegnazione all’estero è solo eventuale ed è subordinata alla presentazione di una specifica domanda in relazione ai posti funzione disponibili, con la conseguenza che il lavoratore è tenuto ad adattare la sua aspettativa di ricoprire un determinato posto funzione alle esigenze dell’ente e, quindi, è tenuto a scegliere sedi estere dove la posizione è disponibile e ad assoggettarsi alle procedure di trasferimento sulla base delle regole dettate dall’art. 34 del citato D.P.R. e dall’Accordo siglato con le organizzazioni sindacali;

fa leva sulla distinzione fra posizione economica e posto funzione per sostenere che le procedure di riqualificazione non obbligavano a modificare l’organizzazione della sede di servizio del lavoratore riqualificato, ma comportavano solo l’obbligo di assicurare nella pianta organica complessiva un numero di posti di livello superiore pari a quello messo a concorso, con la conseguenza che, operata la riqualificazione, ove nella sede il posto funzione non fosse stato disponibile, spettava al dipendente optare fra la richiesta di trasferimento in altra sede, partecipando alle relative procedure concorsuali, il ritorno presso l’amministrazione centrale o la permanenza nella sede di assegnazione nel posto funzione originariamente assegnato;

nessuna responsabilità poteva, pertanto, essere ascritta al Ministero, perchè il L.C., al quale era stato corrisposto il trattamento economico metropolitano corrispondente alla posizione economica C2, aveva preferito conservare l’incarico originario e rimanere fino alla scadenza presso l’ambasciata di Wellington, ove non era disponibile un posto funzione corrispondente alla professionalità acquisita a seguito della procedura di riqualificazione;

3. con il terzo motivo, con il quale si richiamano le considerazioni tutte esposte nella seconda censura, il Ministero ravvisa una omessa applicazione del principio di allegazione e dell’onere della prova, violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 18 del 1967, artt. 170 e 171, error in iudicando, travisamento dei fatti ed atti di causa, contraddittorietà della decisione, omessa considerazione delle contestazioni in via subordinata svolte dal Ministero sin dal primo grado e reiterate in appello;

censura la sentenza impugnata per non aver considerato che il ricorrente nulla avesse argomentato ed allegato in ordine al preteso demansionamento illegittimo e sostiene che dall’inadempimento datoriale un danno non deriva in via automatica e per non aver tenuto in debita considerazione la condotta tenuta nella specie dal L.C. il quale, dapprima aveva inteso beneficiare della possibilità concessagli di proseguire il servizio sul posto funzione originariamente assegnatogli sino alla scadenza naturale dell’incarico, e, poi, aveva rivendicato il trattamento economico relativo ad una posizione che in quella sede non era disponibile;

4. con il quarto motivo il Ministero deduce l’erronea pronuncia sulle spese – error in iudicando – omessa considerazione della precedente sentenza di primo grado favorevole al Ministero e di molteplice ulteriore giurisprudenza sempre favorevole a Ministero nonchè della complessità della questione di diritto;

censura la sentenza impugnata per aver condannato il Ministero al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio laddove sussistevano i presupposti per una compensazione;

5. il primo motivo di ricorso è infondato;

correttamente la Corte territoriale ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario richiamando l’orientamento, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “in tutti i casi nei quali vengono in considerazione atti amministrativi presupposti, ove si agisca a tutela delle posizioni di diritto soggettivo in materia di lavoro pubblico, è consentita esclusivamente l’instaurazione del giudizio ordinario, nel quale la tutela è pienamente assicurata dalla disapplicazione dell’atto e dagli ampi poteri riconosciuti al giudice ordinario del menzionato art. 63, comma 2” (v. Cass., Sez. Un., n. 13169/2006 e negli stessi termini Cass., Sez. Un., n. 26799/2008, Cass., Sez. Un., n. 28806/2011, Cass., Sez. Un. 15276/2017, Cass., Sez. Un., n. 32625/2018);

le Sezioni Unite hanno evidenziato che ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo si deve fare riferimento al petitum sostanziale, che va identificato in relazione alla causa petendi, ossia all’intrinseca natura della posizione dedotte, in giudizio sicchè qualora, come nella fattispecie, il lavoratore denunci il subito demansionamento e rivendichi il diritto al risarcimento dei danni patiti, la controversia non ha ad oggetto gli atti discrezionali inerenti l’organizzazione dell’ufficio, bensì le modalità di gestione del rapporto di lavoro ed il diritto soggettivo del dipendente a non essere assegnato a mansioni inferiori a quelle corrispondenti alla qualifica posseduta (v. Cass., Sez. Un., n. 23305/2016);

6. sono, invece, fondati il secondo e il terzo motivo;

le questioni che vengono in rilievo sono già state oggetto di esame da parte di questa Corte che, nel decidere fattispecie analoghe, ha ritenuto fondate le prospettazioni difensive del Ministero degli Affari Esteri (cfr. Cass. n. 3811/2014, Cass. n. 2379/2017, Cass. n. 2634/2017, Cass. n. 22081/2018);

con le richiamate pronunce si è affermato che il D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, art. 93, comma 4, nel testo applicabile ratione temporis, consente che il personale non diplomatico del MAE in servizio all’estero, pur promosso ad una qualifica superiore, possa essere mantenuto temporaneamente, in presenza di necessità di servizio, nella sede già occupata e nelle mansioni pregresse;

si è evidenziato, inoltre, che “nel bilanciamento degli interessi reciproci, ed in coincidenza di eventi straordinari, quali debbono essere classificati i procedimenti di riqualificazione del personale, idonei a determinare profondi cambiamenti nell’organizzazione degli uffici, risponde a principi di corretta amministrazione graduare le nuove assegnazioni tenendo conto delle preferenze espresse dai singoli aspiranti ed avvalendosi, in relazione ad accertate esigenze di servizio (e per un tempo che è ragionevolmente da individuare nella durata della pur sempre temporanea assegnazione all’estero) della facoltà riconosciuta dalla legge di conservare il dipendente anche in un posto non corrispondente a quello previsto per la nuova qualifica”;

si è ritenuto, infine, che il dipendente che abbia partecipato ad una procedura per il conseguimento di una qualifica superiore non è titolare di un diritto a continuare a prestare la sua attività nella nuova qualifica conseguita nella sede di servizio in precedenza assegnata, potendo solo chiedere all’Amministrazione di essere destinato ad una sede, estera o dell’Amministrazione centrale, dove sia disponibile un posto funzione di livello corrispondente alla qualifica conseguita, sicchè “ove lo stesso dipendente, ritualmente interpellato, non abbia espresso la volontà di essere assegnato ad altra sede con posto funzione vacante della qualifica conseguita non è configurabile alcun inadempimento in capo all’amministrazione datrice di lavoro”;

a detti principi di diritto il Collegio intende dare continuità, giacchè il controricorso non prospetta argomenti che possano indurre a rimeditare l’orientamento già espresso da questa Corte;

7. meritano, pertanto, accoglimento il secondo ed il terzo motivo di ricorso (assorbito il quarto che riguarda la regolamentazione delle spese processuali);

la sentenza impugnata va, in conseguenza, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (nella specie tutte le richieste anche retributive e risarcitorie – del L.C. ruotano intorno al preteso inadempimento del Ministero per non avere attribuito al predetto, nella sede di servizio in precedenza assegnata, le mansioni del neo acquisito livello C2 ed i corrispondenti maggiori emolumenti) la causa deve essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria domanda;

8. l’esito alterno della causa e la complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo;

9. non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2020

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