Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23609 del 23/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 23/09/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 23/09/2019), n.23609

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 6213-2018 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, V. OSLAVIA 30,

presso lo studio dell’avvocato GIORDANO VINCENZO, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato MAFFEI ALBERTO;

– ricorrente –

contro

S.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati SCALISI RINO, MACIUCCHI MASSIMO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2549/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 30/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA

ALDO ANGELO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – S.C. ha convenuto avanti al Tribunale di Torino C.M., chiedendo l’accertamento che, “con la scrittura privata di cessione delle quote e di modifica dei patti sociali della società semplice Arnica 12.12.03, il 98% delle quote stesse fu intestato solo fiduciariamente” alla convenuta e la conseguente dichiarazione dell’obbligo di trasferimento delle dette quote, nonchè, in via subordinata, l’accertamento dell’ingiustificato arricchimento dalla convenuta conseguito a danni dell’attore.

Nel costituirsi, C.M. ha tra l’altro chiesto, in via riconvenzionale, la condanna di S.C. a rendere il conto della gestione, quale amministratore della società semplice, e a corrisponderle il 98% del prezzo dell’immobile sociale, nel frattempo intervenuta.

2. – Con sentenza depositata in data 30 novembre 2015, il Tribunale di Torino ha rigettato tanto le domande di parte attrice, quanto la riconvenzionale formulata dalla convenuta.

Ha rilevato, in particolare, tale pronuncia che “sarebbe stato necessario dimostrare l’esistenza del pactum fiduciae con una scrittura privata”, secondo quanto per contro non avvenuto; che la necessità ad substantiam della forma scritta deriva dal fatto che “il patto riguarda beni immobili”; che nella specie il patto realizza, più precisamente, un negozio indiretto di trasferimento immobiliare, tenuto anche conto che la società semplice “Amica esauriva la sua ragion d’essere nell’essere proprietaria dell’immobile di cui si discute”; che comunque, “ove si volesse affermare che il pactum fiduciae si possa provare per testi o presunzioni, la prova della sua esistenza nel caso di specie non sarebbe comunque raggiunta”; che la “domanda di ingiustificato arricchimento è infondata per il fondamentale motivo che essa non è, nella specie, residuale” (così, nel resoconto della la sentenza di appello, p. 3 s.).

3. – S.C. ha impugnato questo provvedimento avanti alla Corte di Appello di Torino. Che lo ha accolto con sentenza depositata il 30 novembre 2017.

4. – Ha ritenuto la Corte territoriale che il negozio di fiducia, nel concreto intercorso tra le parti, non comportava una necessaria stipulazione in forma scritta, come invece ritenuto dal giudice del primo grado.

“La valutazione del Tribunale” – ha osservato la sentenza – “si fonda su una pronuncia della Corte di cassazione, n. 11757/2014”, per cui il negozio di fiducia ha ad oggetto beni immobili anche nel caso in cui riguardi un trasferimento indiretto degli stessi, a mezzo del trasferimento della partecipazione relativa alla società intestataria degli immobili, a condizione che il negozio stesso “sia volto a creare obblighi connessi e collaterali rispetto al regolamento contrattuale” (di trasferimento della partecipazione), “al fine di realizzare uno scopo ulteriore rispetto a quello inerente al tipo di contratto stipulato, ma senza contraddire il contenuto espresso di tale regolamento”; anche per il verificarsi di tale evenienza – ha assunto la richiamata decisione di questa Corte – il pactum fiduciae “richiede la forma scritta ad substantiam, atteso che esso è essenzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l’art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma del contratto definitivo”.

Secondo la Corte torinese, tuttavia, parte sostanziale di tale argomentazione “non è convincente”.

In realtà, si ha “necessità della forma scritta del pactum fiduciae quando il trasferimento immobiliare ne sia l’effetto diretto – per esempio, compravendita immobiliare o f-avnr-m a favore del soggetto fiduciario con obbligo di trasferimento al fiduciante: in tal caso proprio attraverso il richiamo al disposto dell’art. 1351 c.c. la forma scritta del patto è certamente necessaria -, non anche quando detto effetto consegua solo indirettamente, come nell’ipotesi di trasferimento di partecipazioni societarie”.

5. – Ciò posto, la Corte torinese ha ritenuto nel concreto provata, per mezzo di un “ragionamento presuntivo”, la sussistenza di un negozio di fiducia stipulato tra le parti (come avente ad oggetto, in termini di rilevanza giuridica, solo la partecipazione nella società semplice Arnica). Con conseguente accoglimento della domanda formulata dall’appellante attore in primo grado e connessa rilevazione di assorbimento della domanda subordinata di ingiustificato arricchimento.

6. – Avverso questo provvedimento C.M. ha proposto

ricorso, articolando cinque motivi di cassazione.

Resiste, con controricorso, Segio Cantino.

7. – Il resistente ha anche depositato memoria.

8. I motivi di ricorso denunziano i vizi che qui di seguito vengono richiamati.

Primo motivo: “necessità della forma scritta ad substantiam, con efficacia erga omnes, per il pactum fiduciae avente ad oggetto la cessione di quote societarie – violazione o falsa applicazione degli artt. 2300,1350,1351 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.”. Il motivo si sostanzia nell’affermare che “la cessione di quote societarie, se effettuata senza forma scritta non è nulla e, però, non opponibile ai terzi”: nel caso di specie, il negozio di fiducia ha “ad oggetto l’intestazione presso il registro delle Imprese delle quote societarie e non già la semplice cessione con effetti limitati alle parti”.

Secondo motivo: “necessità della forma scritta ad probationem per il pactum fiduciae avente ad oggetto la cessione di quote societarie – violazione o falsa applicazione degli artt. 2300 e 2556 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c. ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c.”. Ove mai non fosse necessaria la forma scritta per la validità del negozio fiduciario relativo a quote societarie, la stessa occorrerebbe comunque ai fini probatori.

Terzo motivo: “la cessione di quote della società semplice intestataria di un immobile in attuazione di un pactum fiduciae è in realtà cessione dell’immobile. Violazione di legge, o falsa applicazione, degli artt. 1325,1350,1351 e 2252 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 “. Richiamati alcuni tratti denotanti la fattispecie concreta, il motivo assume che “in nessun momento della procedura risulta contestata la volontà delle parti di acquistare l’immobile, da un lato, e la volontà del Cantino di ottenere, tramite il trasferimento delle quote, la proprietà dell’immobile stesso”. La compravendita ha riguardato l’immobile, dunque; il fatto che la stessa sia statcL formalizzata tramite la cessione delle quote della società semplice, appositamente costruita e con un unico bene immobile, è in realtà una sovrastruttura, peraltro di larga applicazione, specie in passato ai fini di ottenere un risparmio fiscale”. E’ “lampante l’equivoco” in cui è caduta la Corte di Appello: il caso è ben diverso da quello di una s.r.l. che sia proprietaria di immobile; nel caso in esame, si tratta della “creazione e cessione di una società semplice, che quindi non può esercitare attività commerciale, avente come unico bene un immobile in una località sciistica, destinato alle vacanze invernali dei soci, coniugi”.

Quarto motivo: “condanna alle spese. Violazione di legge, o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3”. Il motivo rileva che, “riformata la sentenza di appello, e confermata la sentenza di primo grado, le spese del giudizio di appello dovranno essere poste a carico dell’appellante”.

Quinto motivo: “inammissibilità della domanda subordinata di ingiustificato arricchimento in presenza di una domanda principale di adempimento del pactum fiduciae. Violazione di legge, o falsa applicazione, degli artt. 2041 e 2042 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3”.

9. – Con specifico riferimento al terzo motivo di ricorso, il Collegio osserva che nell’oggi – del tutto superate incertezze ormai lontane nel tempo (Cass., 18 aprile 1957, n. 1331) – è orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte quello per cui il negozio di fiducia deve essere stipulato in forma scritta sotto pena di nullità, ove riguardi dei beni immobili (cfr., tra le altre, Cass., 25 maggio 2017, n. 13216; Cass., 15 maggio 2014, n. 11757; Cass., 7 aprile 2011, n. 8001; Cass., 19 luglio 2000, n. 9589).

Nel caso presente, il problema concerne l’individuazione dei presupposti il ricorrere dei quali in concreto comporta ella sussistenza di un pactum fiduciae, che effettivamente “riguardi un bene immobile”, e di riflesso, dunque, l’applicazione della regola della necessità della forma scritta per la validità del patto. In altri termini, concerne la delineazione del reale perimetro dell’equazione tra il negozio di fiducia immobiliare e l’onere della forma scritta ad substantiam.

10. – Rimane sui bordi esterni del problema appena tracciato la motivazione svolta dalla sentenza della Corte di Appello di Torino, che è stata impugnata. In effetti, questa si limita a prendere in considerazione – per escluderne la riconducibilità alla nozione rilevante per l’applicazione della forma scritta – la mera ipotesi di patto di fiducia che riguardi il “trasferimento di partecipazioni societarie relative a soggetti giuridici titolari di immobili”.

Una simile ipotesi, peraltro, non è quella ricorrente nella specie concreta, secondo l’accertamento compiuto dal giudice del primo grado, che non è stato messo in discussione dalla stessa sentenza di appello, e che viene richiamato dal terzo motivo del ricorso. Nella specie si discorre, invero, del caso in cui la struttura societaria sia stata propriamente posta in essere solo come mezzo – ovvero puri schermo – per la realizzazione di un trasferimento immobiliare (cfr. specialmente nel secondo capoverso del precedente n. 2).

La fattispecie richiama, in definitiva, il tema del negozio indiretto (sotto il profilo oggettivo, dunque, oltre che sotto quello soggettivo, in ragione del patto di fiducia), con connesso profilo della c.d. causalità diretta (cfr. Cass., 11 giugno 2019, n. 15666): e questo in funzione della definizione della disciplina appunto da applicare – nella specie, in punto di forma ad substantiam – a tale peculiare figura.

11. – Ciò posto, va ancora osservato in proposito che la sentenza di Cass., n. 11757/2014 – a cui fa riferimento la motivazione della pronuncia del giudice di primo grado e che è rimasta, invece, sostanzialmente estranea all’esame posto in essere da quella della Corte territoriale – si è occupata di una fattispecie tipo che, se può essere ricondotta all’ampio genere del negozi di trasferimento indiretto, presenta tuttavia sensibili differenze rispetto a quella qui in considerazione (che può invece essere considerata un caso esemplare di pactum fiduciae che ha per oggetto il trasferimento in via indiretta di un immobile).

Il caso analizzato dalla detta pronuncia di questa Corte, infatti, fa riferimento al caso, del tutto peculiare, di “pactum fiduciae nell’intestazione di quote di società di capitale, costituita con parziale conferimento immobiliare volto a integrare il capitale sociale”.

12. Posti i detti termini del problema, il Collegio rileva, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 3, di non potere ravvisare evidenze decisorie tali da consentire la definizione del ricorso presso la c.d. sezione filtro. Lo stesso deve pertanto essere avviato alla discussione in pubblica udienza, presso la sezione che è tabellarmente competente.

P.Q.M.

La Corte dispone la rimessione del ricorso alla pubblica udienza della Sezione Prima.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2019

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