Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23603 del 09/10/2017
Cassazione civile, sez. VI, 09/10/2017, (ud. 07/07/2017, dep.09/10/2017), n. 23603
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14746/2016 proposto da:
M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TORQUATO
TARAMELLI, 5, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO PAOLINO,
rappresentato e difeso dagli avvocati CINZIA OPPEDISANO, MARCO
LEPORI;
– ricorrente –
contro
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3027/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 18/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO
LAMORGESE.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma, con sentenza 18 maggio 2015, ha rigettato il gravame di M.S. avverso la sentenza impugnata che lo aveva condannato a restituire alla Regione Lazio il contributo concessogli in conto capitale, in base alla L.R. 29 dicembre 1978, n. 82, poi revocato. La Corte ha ritenuto provato il versamento del contributo da parte della Regione ed infondata l’eccezione di prescrizione; il relativo termine decorreva dalla data della revoca del contributo (11 dicembre 1992) ed era stato interrotto da varie diffide con le quali la Regione ne aveva chiesto la restituzione (l’ultima pervenuta al M. il 10 luglio 2002, cui era seguita la notifica di un decreto ingiuntivo nel 2004).
Avverso questa sentenza il M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi e a una memoria, cui la Regione Lazio si è opposta con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso consiste in tre motivi, da esaminare congiuntamente, con i quali complessivamente è denunciata l’erroneità della sentenza impugnata, per avere ritenuto provata la percezione del contributo regionale e l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione.
Con riguardo al primo profilo, nel ricorso sono contenute generiche doglianze alla valutazione che il giudice di merito ha fatto di atti e documenti di causa, senza la formulazione di specifici motivi di censura ex art. 360 c.p.c. e senza osservare le prescrizioni dell’art. 366 c.p.c., n. 6. Di tali atti e documenti è offerta nel ricorso solo una parziale trascrizione del contenuto, risolvendosi le doglianze nella invocazione di una rivalutazione delle risultanze di causa, mentre il controllo di legittimità non equivale alla revisione del ragionamento decisorio nè costituisce occasione per accedere ad un terzo grado ove fare valere la ritenuta ingiustizia della decisione impugnata (Cass., sez. un., n. 8053/2014, n. 7931/2013).
Con riguardo al profilo della decorrenza del termine decennale di prescrizione della pretesa restitutoria della Ragione, il ricorrente vorrebbe farla risalire al momento della percezione del contributo, nel 1980, sulla base di un orientamento – quello secondo cui l’azione di ripetizione del corrispettivo contrattuale deve essere esercitata entro dieci anni dalla data del pagamento (ad es., Cass. n. 7749/2016) non pertinente. La fattispecie in esame, infatti, riguarda un contributo pubblico erogato (per l’incremento e il miglioramento degli esercizi ricettivi nonchè degli impianti ed attrezzature complementari per il turismo) e successivamente revocato dall’Amministrazione (in data 11 dicembre 1992) che ne ha chiesto la restituzione, avendo scoperto e accertato la falsità delle attestazioni rese dal privato per ottenerlo e, quindi, l’insussistenza delle condizioni per l’erogazione. In questa situazione il diritto alla restituzione non poteva sorgere nel momento della percezione del contributo da parte del privato, ma solo nel momento della revoca in cui, a seguito della scoperta e dell’accertamento dell’illegittimità dell’erogazione, l’indebito si è concretizzato.
Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 4100,00, oltre SPAD.
Doppio contributo a carico del ricorrente, come per legge.
Così deciso in Roma, il 7 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017