Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23602 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/10/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 27/10/2020), n.23602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso iscritto al n. 24131-2019 proposto da:

C.E., CI.CI., elettivamente domiciliati in

ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dagli avvocati LUCA SANTINI, GIGLIOLA

CHIARIERI;

– ricorrenti –

contro

TEAM IMMOBILIARE SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato IVO GRONCHI;

– resistente –

e contro

FALLIMENTO n. (OMISSIS) DELLA “(OMISSIS) SRL”, in persona del

Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ELENA CASCIANI;

– resistente –

e contro

STAR BUSINESS LAB. SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza n. R.G. 326/2018

del TRIBUNALE di PISA, depositata l’11/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del

SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT. ALBERTO CELESTE che visto

l’art. 380 ter c.p.c., chiede che la Corte di Cassazione in camera

di consiglio rigetti il 1 e 2 motivo, accolga il 3 e dichiari

inammissibile il 4, con le conseguenze di legge.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con separati ricorsi ai sensi dell’art. 414 c.p.c., C.E. e Ci.Ci. hanno convenuto in giudizio le società Star Net srl, (OMISSIS) srl, Star Business Lab srl e Team Immobiliare srl, chiedendo di accertare la nullità dei contratti rispettivamente di collaborazione a progetto e di lavoro occasionale, la natura subordinata dei rapporti di lavoro svolti nei periodi indicati in atti; inoltre, l’imputabilità di ciascun rapporto di lavoro al gruppo di imprese costituito dalle citate società; l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 2112 c.c., al passaggio dei rapporti di lavoro dalla Star Net srl alla (OMISSIS) srl avvenuto nel 2008; con condanna delle società, in solido o nei limiti delle rispettive responsabilità, o in subordine della sola (OMISSIS) srl, al pagamento delle differenze retributive;

2. con ordinanza dell’11.7.2019 il giudice del lavoro di Pisa (riuniti i procedimenti) ha dato atto che, a seguito del fallimento della (OMISSIS) srl (dichiarato dal medesimo Tribunale con sentenza n. (OMISSIS)), il procedimento era stato riassunto nei confronti del curatore fallimentare e che quindi tra le parti convenute risultava il Fallimento (OMISSIS) srl; ha ritenuto le domande di accertamento proposte come aventi natura strumentale rispetto alla domanda di condanna al pagamento di somme ed ha dichiarato improseguibili le domande stesse perchè rientranti nella cognizione del giudice fallimentare;

3. avverso tale ordinanza la difesa dei signori C. e Ci. ha proposto regolamento necessario di competenza formulando quattro motivi di censura;

4. si sono costituiti il Fallimento della (OMISSIS) srl e la Team Immobiliare srl ed entrambi hanno concluso per il rigetto del ricorso; le società Star Net srl e Star Business Lab srl non hanno svolto difese;

5. il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c., chiedendo l’accoglimento del terzo motivo di ricorso, con rigetto dei primi due motivi e declaratoria di inammissibilità del quarto motivo.

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. col primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 52 e 92; premesso che costituisce questione di rito la definizione della cognizione tra giudice fallimentare e giudice del lavoro, come da univoca giurisprudenza richiamata, si rileva come tuttavia il Tribunale, adottando la forma dell’ordinanza prevista dall’art. 42 c.p.c., avesse erroneamente qualificato detta questione come questione di competenza e si argomenta, in ragione del principio dell’apparenza affermato tra l’altro da Cass. n. 6179 del 2019, la ammissibilità del regolamento necessario di competenza;

7. col secondo motivo è censurata l’ordinanza per violazione e falsa applicazione dell’art. 409 c.p.c., e del R.D. n. 267 del 1942, art. 24, e dell’art. 2112 c.c.; difetto assoluto di motivazione nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

8. si sostiene che le domande proposte abbiano ad oggetto azioni di accertamento e costitutive relative allo status dei lavoratori (in particolare volte ad accertare: l’esistenza di un gruppo di imprese e la titolarità del rapporto in capo al gruppo medesimo; il carattere subordinato del rapporto di lavoro erroneamente qualificato come lavoro occasionale o collaborazione a progetto oppure svolto in mancanza di qualsiasi titolo contrattuale; lo svolgimento di mansioni superiori; la responsabilità solidale delle imprese del gruppo per i crediti anteriori al trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c.; la retrodatazione del primo licenziamento), domande tutte rientranti nella cognizione del giudice del lavoro;

9. col terzo motivo di ricorso è denunciata violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 24,52 e 92, sul rilievo che le domande sono rivolte anche nei confronti di società in bonis solidalmente obbligate e che per esse l’azione deve proseguire in via ordinaria dinanzi al giudice del lavoro;

10. col quarto motivo è dedotta violazione del canone di ragionevolezza (art. 3 Cost.), coniugato alla tutela del lavoro e della dignità del lavoratore (artt. 4 e 35 Cost.); esposizione dei lavoratori al rischio di decadenza dall’esercizio dell’azione di accertamento del diverso datore; periculum in mora;

11. si sottolinea come, data l’impossibilità del giudice fallimentare di compiere accertamenti nei confronti delle società in bonis, sarebbe precluso agli attuali ricorrenti di agire nuovamente nei confronti di società prive della qualifica formale di datori di lavoro perchè sarebbe intanto maturata la decadenza introdotta dalla L. n. 183 del 2010;

12. i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata e la declaratoria di competenza del Tribunale di Pisa in funzione di giudice del lavoro a giudicare sulle domande proposte;

13. il primo motivo di ricorso pone una questione relativa alla qualificazione del provvedimento emanato dal Tribunale e alla individuazione del mezzo di impugnazione esperibile;

14. il secondo e il terzo motivo di ricorso pongono una questione attinente alla definizione della cognizione rispettivamente del giudice del lavoro e del giudice fallimentare in relazione al contenuto delle domande proposte;

15. occorre affrontare, secondo un criterio di priorità logica, la prima questione che investe la ammissibilità del ricorso per regolamento di competenza;

16. a tal fine è necessario svolgere alcune considerazioni;

17. costituisce orientamento univoco di questa Corte quello secondo cui “Deve considerarsi questione di rito quella sulla possibilità o meno, dopo la dichiarazione di fallimento o dello stato di insolvenza ed il successivo provvedimento di amministrazione controllata della impresa, della tutela dei diritti nei confronti di tale impresa nelle forme ordinarie, piuttosto che in quelle dello speciale procedimento di accertamento del passivo di cui alla cosiddetta L. Fall., artt. 52 e 92, (R.D. n. 267 del 1942), essendo evidente che siffatta questione non implica una pronuncia sulla competenza del tribunale ordinario piuttosto che di quello fallimentare (o viceversa) con gli effetti della “translatio iudicii” propri della eventuale pronuncia di incompetenza, bensì un accertamento dell’ammissibilità o meno della domanda proposta nell’una invece che nell’altra forma, la quale costituisce, appunto, questione di rito, pregiudiziale anche a quella sulla competenza”, (Cass. 20131/2005; 7129/2011);

18. anche più recentemente si è ribadito, a proposito della delimitazione della cognizione del giudice del lavoro e del giudice fallimentare, che “la questione…deve…essere correttamente impostata in termini, non già di competenza in funzione della vis attractiva del foro fallimentare, ai sensi della L. Fall., art. 24, (non derivando l’azione dal fallimento), ma piuttosto di rito, a norma della L. Fall., artt. 52,92 e ss.”, (Cass. n. 7990/18; n. 7129/11; n. 20131/05);

19. in base a tali principi, ove sia proposta nelle forme ordinarie una domanda volta a far valere una pretesa creditoria nei confronti del fallimento dell’obbligato, il giudice dovrà decidere in via pregiudiziale la “questione di rito” pronunciando sentenza e contro tale decisione potrà essere proposto appello, risultando invece inammissibile, proprio perchè la questione attiene al rito e non alla competenza, il regolamento di competenza (cfr. Cass. n. 7129/11; n. 10485/11; n. 16867/11; n. 21669/13; n. 9030/14);

20. può tuttavia accadere che il giudice qualifichi e tratti come questione di competenza quella che è pacificamente una questione di rito e si pronunci dichiarando la propria incompetenza o competenza;

21. si pone allora il problema di individuare il mezzo di impugnazione esperibile rispetto ad una pronuncia espressa in termini di competenza/incompetenza ma adottata (erroneamente) per decidere una questione che non attiene alla competenza bensì al rito da seguire e alla distribuzione degli affari all’interno del medesimo ufficio giudiziario;

22. un indirizzo fino a poco tempo fa assolutamente prevalente riteneva che anche in tal caso fosse inammissibile il regolamento di competenza, dovendo aversi riguardo alla sostanza del provvedimento del giudice;

23. in tal senso si è espressa più volte questa S.C. statuendo che “Qualora sia proposta una domanda volta a far valere, nelle forme ordinarie, una pretesa creditoria nei confronti del fallimento dell’obbligato e il giudice adito dichiari l’improcedibilità della domanda, perchè non introdotta in sede concorsuale nelle forme dell’accertamento del passivo, la relativa pronuncia non è assoggettabile a regolamento di competenza ma è impugnabile con l’appello, in quanto, ancorchè formalmente espressa in termini di declinatoria di competenza del giudice adito in favore di quello fallimentare, non è sostanzialmente una statuizione sulla competenza ma soltanto una statuizione sul rito che la parte deve seguire” (cfr. Cass. n. 7129 del 2011; n. 10485 del 2011; n. 16867 del 2011; n. 21669 del 2013; n. 9030 del 2014);

24. in senso contrario rispetto a tale indirizzo si è posta recentemente l’ordinanza di questa Corte, Sez. 6 – Lavoro n. 6179/19 che, invocando il principio cd. dell’apparenza, ha ritenuto ammissibile il regolamento di competenza avverso una pronuncia del giudice che abbia erroneamente qualificato la questione di rito come questione di competenza (“Quando sia stata decisa una questione di distribuzione degli affari civili all’interno dello stesso ufficio giudiziario (come, nella specie, il medesimo tribunale in funzione di giudice fallimentare e quale giudice del lavoro), qualificandola erroneamente come questione di competenza, il mezzo di impugnazione esperibile contro il provvedimento che abbia riguardato solo questo punto è, in applicazione del principio dell’apparenza, il regolamento necessario di competenza”);

25. nella fattispecie esaminata dalla citata ordinanza, il giudice del lavoro aveva dichiarato la competenza del tribunale fallimentare in merito ad una domanda di pagamento di somme proposta dal lavoratore nei confronti di una società in bonis e della Curatela fallimentare; il lavoratore aveva proposto ricorso per regolamento di competenza invocando la competenza del giudice del lavoro. La S.C. ha dato atto che la questione posta non attiene alla competenza; tuttavia, ha ritenuto ammissibile il regolamento in base al principio dell’apparenza e, seguendo la qualificazione, sia pure errata, data dal giudice di merito alla questione dibattuta, ha accolto il ricorso per regolamento quanto alla domanda proposta verso la società in bonis, dichiarando sulla stessa competente il giudice del lavoro;

26. un contrasto giurisprudenziale analogo a quello appena descritto, quanto alla ammissibilità o meno del regolamento di competenza, si è creato sulla questione affine a quella in esame, della distribuzione degli affari civili tra diversi giudici del medesimo tribunale, come ad esempio tra giudice ordinario e giudice del lavoro oppure tra giudice ordinario o del lavoro e giudice della sezione specializzata per le imprese;

27. è pacifico che la questione della distribuzione degli affari tra giudici del medesimo ufficio giudiziario non costituisce questione di competenza; si è tuttavia posto il problema della ammissibilità del regolamento di competenza ove il giudice erroneamente qualifichi la questione come di competenza e si pronunci in tal senso;

28. le soluzioni adottate da questa S.C. sono differenti e si basano su un diverso ruolo assegnato al principio dell’apparenza;

29. con l’ordinanza Sez. VI n. 8905 del 2015 questa Corte ha ritenuto “inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso l’ordinanza con cui il tribunale, adito in funzione di giudice del lavoro, abbia dichiarato la propria incompetenza per materia in favore di una sezione ordinaria del medesimo ufficio giudiziario, atteso che, a seguito dell’istituzione del giudice unico di primo grado, la ripartizione di funzioni fra la suddette sezioni non implica l’insorgenza di una questione di competenza ma, esclusivamente, di rito, riguardando la distribuzione degli affari all’interno dello stesso ufficio; nè, in contrario, può invocarsi il principio dell’apparenza, idoneo a regolare la scelta del mezzo di impugnazione, atteso che il regime da applicarsi ad un atto processuale, anche ai fini della relativa impugnabilità, è definito dalla sua sostanza, non dalla sua forma”;

30. in senso contrario si è pronunciata con l’ordinanza Sez. 6 n. 5313/14 sostenendo: “Quando una sentenza abbia deciso una questione di distribuzione degli affari civili all’interno dello stesso ufficio giudiziario (come quella fra la sede principale dell’ufficio ed una sede distaccata ovvero tra diverse sedi distaccate), qualificandola erroneamente come questione di competenza e non, invece, di ripartizione degli affari interna ad uno stesso ufficio, il mezzo di impugnazione esperibile contro la decisione che abbia riguardato solo questo punto è, in applicazione del principio dell’apparenza, il regolamento necessario di competenza”;

31. nella ordinanza n. 7882 del 2018 questa S.C. ha esaminato una fattispecie in cui il Tribunale ordinario si era dichiarato incompetente in favore della Sezione specializzata per le imprese; la relativa ordinanza era stata impugnata con regolamento di competenza. La Corte ha dichiarato ammissibile il regolamento così motivando: “Preliminarmente occorre rilevare che il mezzo esperito dal ricorrente è ammissibile. Indipendentemente infatti dall’esito della pronuncia di questa Corte sulla questione di competenza, è appena il caso di evidenziare che il Giudice, dichiarandosi incompetente ratione materiae, ha definito la causa proposta avanti a lui, sicchè -diversamente dai casi in cui non vi è luogo ad alcuna decisione sulla competenza, in quanto il giudice di merito nega espressamente o implicitamente l’esistenza di una questione di competenza, trattenendo presso di sè la causa ovvero disponendone la rimessione al Capo dell’Ufficio qualora ritenga trattarsi di materia assegnata tabellarmente ad altra sezione del medesimo Ufficio giudiziario – il provvedimento, avuto riguardo al “principio dell’apparenza” ossia del tipo e della forma provvedimentale scelta dal Giudice per definire la causa avanti a sè, non può che essere impugnabile con il regolamento di competenza, in quanto è riconducibile all’art. 42 c.p.c., quando anche risulti un’erronea applicazione delle regole sulla competenza, invece di quelle sulla ripartizione delle attribuzioni riferibili ad uno stesso ufficio”;

32. nel merito, la pronuncia in esame ha statuito: “Consegue che il ricorso per regolamento necessario di competenza deve essere rigettato e l’ordinanza di declaratoria della incompetenza impugnata dev’essere caducata, dovendo proseguire il giudizio, ex art. 49 c.p.c., comma 2, avanti il Giudice della sezione 3 del Tribunale Ordinario di Firenze il quale ove ritenga sussistere i presupposti di assegnazione della causa alla sezione specializzata in materia di imprese istituita presso il medesimo Tribunale, rimetterà gli atti al Presidente del Tribunale, affinchè ai sensi dell’art. 168 bis c.p.c., decida in ordine alla assegnazione dell’affare”;

33. diversamente dall’ordinanza n. 6179 del 2019 che, pur escludendo che la questione affrontata fosse relativa alla competenza, ha giudicato il ricorso per regolamento non solo ammissibile in base al principio di apparenza ma anche fondato ed ha dichiarato “la competenza” del giudice del lavoro, l’ordinanza n. 7882 del 2018 ha giudicato ammissibile il regolamento di competenza in base al principio dell’apparenza ma ha poi annullato l’ordinanza dichiarativa dell’incompetenza sul rilievo che, non trattandosi di questione di competenza bensì di distribuzione degli affari nel medesimo ufficio giudiziario, il Tribunale dovesse rimettere gli atti al Presidente per la decisione sulla assegnazione del procedimento;

34. recentemente, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 19882 del 2019, sono intervenute a dirimere il contrasto esistente sulla questione così posta “se l’ordinanza con cui il giudice assegnato ad una sezione ordinarla abbia declinato la propria potestà giurisdizionale in favore della sezione specializzata dello stesso tribunale sia configurabile come una decisione sulla competenza, ai fini dell’ammissibilità del conflitto negativo di competenza, ai sensi dell’art. 45 c.p.c.”;

35. le S.U. hanno enunciato il seguente principio di diritto: “Il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di impresa, nello specifico caso in cui entrambe le sezioni facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni dell’ufficio giudiziario, da cui l’inammissibilità del regolamento di competenza, richiesto d’ufficio ex art. 45 c.p.c.; deve di contro ritenersi che rientri nell’ambito della competenza in senso proprio la relazione tra la sezione specializzata in materia di impresa e l’ufficio giudiziario, diverso da quello ove la prima sia istituita”.

36. tale pronuncia, intervenuta in una fattispecie di regolamento di competenza proposto d’ufficio, non contiene alcun riferimento al principio dell’apparenza nè dal tenore della decisione è agevole cogliere una statuizione implicita di irrilevanza di tale principio ai fini della ammissibilità del regolamento di competenza;

37. il principio dell’apparenza è richiamato in molte pronunce della S.C. e così declinato: “L’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va effettuata facendo esclusivo riferimento alla qualificazione data dal giudice all’azione proposta con il provvedimento impugnato, a prescindere dalla sua esattezza e dalla qualificazione dell’azione data dalla parte, in base al principio dell’apparenza, e tanto al fine di escludere che la parte possa conoscere “ex post”, ad impugnazione avvenuta, quale era il mezzo di impugnazione esperibile” (Cass. n. 3712/11 a proposito di opposizione della L. n. 689 del 1981, ex artt. 22 e 23; cfr. anche Cass. n. 26294 del 2007; n. 2261 del 2010 a proposito della qualificazione dell’opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., oppure art. 617 c.p.c.);

38. si è ulteriormente precisato che “L’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso un provvedimento giurisdizionale deve essere effettuata, in base al principio dell’apparenza, esclusivamente sulla base della qualificazione dell’azione compiuta dal giudice, indipendentemente dalla sua esattezza, sicchè soltanto ove il giudice dell’esecuzione non abbia fornito alcuna qualificazione giuridica all’opposizione proposta il giudice della impugnazione deve provvedere alla qualificazione, anche d’ufficio, non solo ai fini della decisione nel merito, ma anche ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione medesima” (Cass. n. 26919/09);

39. le sentenze appena riportate applicano il principio dell’apparenza in relazione alla “qualificazione dell’azione compiuta dal giudice, indipendentemente dalla sua esattezza” e fondano tale richiamo sull’esigenza di scongiurare che, a fronte di una erronea qualificazione da parte del giudice, la parte possa conoscere solo ex post, ad impugnazione avvenuta, quale era il mezzo di impugnazione esperibile;

40. la medesima esigenza si pone nel caso, come quello oggetto del ricorso in esame, in cui si assume una errata qualificazione della questione pregiudiziale come questione di competenza anzichè di rito e di connessa distribuzione degli affari all’interno del medesimo ufficio e si rende necessario decidere della ammissibilità o meno del regolamento di competenza proposto sulla base della qualificazione data dal tribunale;

41. la fattispecie in esame presenta una ulteriore peculiarità in quanto il Tribunale ha dichiarato “improseguibili le domande” sul rilievo che la causa, avente ad oggetto “domande di accertamento…proposte strumentalmente rispetto alla domanda di condanna al pagamento di somme”, “rientra nella cognizione del giudice fallimentare”; ed ha adottato per tale decisione la forma dell’ordinanza, prevista per le pronunce in materia di competenza ai sensi dell’art. 42 c.p.c.;

42. vi è quindi una ulteriore forma di incertezza che non può essere pacificamente risolta dando prevalenza al contenuto sostanziale della decisione in rito desumibile dalla statuizione di “improseguibilità”, atteso che precedenti pronunce di questa Corte hanno interpretato la statuizione di “improcedibilità” e “improseguibilità” come sostanzialmente coincidenti con quelle dichiarative della incompetenza (cfr. Cass. n. 10485 del 2011; n. 21669 del 2013);

43. di fronte ai precedenti di legittimità finora esaminati, si pone il problema di stabilire se e come operi il principio dell’apparenza nella individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso pronunce che qualifichino come questione di competenza/incompetenza quella che è invece, secondo giurisprudenza pacifica, una questione di scelta del rito (e tabellare) all’interno del medesimo Tribunale;

45. va pertanto disposta la rimessione degli atti al Presidente Titolare della Sezione Sesta per l’eventuale assegnazione al Collegio previsto dal punto 46.2 delle tabelle 2016/2019 della Corte di Cassazione, vale a dire al Collegio composto dal Presidente titolare e dai coordinatori delle sottosezioni.

P.Q.M.

La Corte dispone il rinvio del procedimento a nuovo ruolo e rimette gli atti al Presidente Titolare della Sesta Sezione civile.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

 

 

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